Trattato moscovitico con gli accidenti
Ms. 7149. Edizione parziale
[p.1] [f.Ir] TRATATO MOSCOVITICO CON GLI ACCIDENTI COME IN QUELLO
Viaggio di 2000 miglia e mesi 3 di tempo
[p.1] [f.1r] Al Clarissimo Marcoantonio Veniero, Patricio Veneto, Senator precipuo S.P.
Non se mi ascrivi colpa di arrogante, Clarissimo Senator et lettor benigno, se obedendo scrivo quel ch’è dessono dal’uso e profession mia et a persona de più alto ingegno et praticha converebbe. Et siami sempre scusa quella obedientia alla qual son intento et che da me si abbraccia come cosa che potissime mi conviene. Cossì ommissi li vani exordii e preambuli impertinenti, sia ditto, che ressonando e in ogni parte spargendosi l’ardir de Sultam Selim, imperador, ut suo utatur modo, de l’un e l’altro continente per le largissime sue vittorie, et fatto il nome suo sì formidabile per il novo acquisto del’universal Siria, che abbrazza Celes, Phenice, Libanicha, over Damascena, con la Messopotamia, adiuntto l’Egitto, con morte delli doi valorosi Soldani del Cayro, trucidation delli Signori d’Haman, Anthabo, Malathia, et altri grandi de quelle regioni, anichilation de intrepidi mamaluchi, robore d’ogni Cavalaria et militar presidio, penetrando la Penthapolea et Cyrennica, Regione, sino al Cathabathmon, ciecti diversi re affricani, et altri sotto annuo trebuto redutti, non senza murmure imò suspetto gravissimo e periculo al nome christiano.
[p.1] [f.1v] Resultò animo et pensieri al Divo Maximiliano, de christiani imperator christianissimo, de più non differir ad provedere et per dar forma di assecuratione et salute al Stato Universale, per mezo de fidi oratori, communicò tal pensieri et animo suo con Leone Decimo Pontifice e del christiano nome Pastor Universale, quale per le digladiatione de particular principi, temendo le difficultà, potrian resultar nel ordine di provesione. Dopo alcuna participatione con oratori de diverse potentie, usando la pastoral et suprema sua autorità, terminò indutie quinquenale per tutto el christianesmo, con forma et dissegno, che cessate sotto tal nome tra christiani, le digladiatione per tal spacio, con paccato animo ogn’uno per le forze sue havesse a concorrer alla commune difesa, et dove’l tempo et occasion comportasse a l’insulto de si valido e commun inimico et universal expeditione, et perché potissime gli dui Principi Serenissimi, Sigismondo Re de Polonia, gran Duca de Lithuania, Signor et herede della Rossa Russia, et il gran Signor Basilio Imperador (ut suo utatur verbo) et Dominator de tutta la Russia et gran Duca, sanguinosamente se digladiavano, et con intenso odio proseguivano intanto che per anni sedeci et ultra, continuando la guerra, non
[p.2] [f.2r] si era trovata maniera d’accordo per molti, che si fussen hinc inde, per sua Maiestà Cesarea mandati oratori e mediatori, anzi, in diversi tempi haveano insieme sostenuti tali e sì sanguinosi conflitti, che alcuna fiata dall’una parte solamente, et in uno conflitto eran caschati e profligati ex Moschis cavali ottanta milia et oltra. Adeo, che procedendo tal inimicitia si haveva ad vedere esterminio del l’una e l’altra parte, non senza preiudicio, imò danno gravissimo del christiano nome.
Parse a Sua Cesarea Maiestà, dopo il retorno del ultimo orator suo, Sigismundo Herbestaim, con gli dui del proprio moschovitico Principe, Volodimere Plemethicho, et Iethoma interpetre, infruttuosamente et senza terminatione, poner il peso di tal pratica sopra le spalle mia et gravarmi de sì longo et sinistro viagio, chiamandomi darovze di Trento, dove con mia fameglia dimorava, et sotto le seguente instruttione et credential litere, mi comandò el camino, quale per esser grave e sinistro, oltra molte promesse di grazia et recognitione per aplaudermi, mi lassò arbitrio di elegger collega a voto mio, perché il viagio mi fosse men noioso et con più piacer si comportasse, et io seguendo l’ordine di Sua Maiestà in complacentia
[p.2] [f.2v] de amici chiamai per collega misser Antonio Conte Paduano, et tolto l’assonto partitomi da Rovredo per condurmi in Ispruch a Sua Cesarea Maiestà, hebbi prima camino de liga vintinuove a miglia cinque italiani per lega videlicet 29
Masimiliano per Divin favore e
imperator de Romani sempre
Augusto et cetera.
Instruttione data alli honorabili et fideli da noi diletti Francesco de Collo e Antonio de Conti, consigliarii e oratori nostri de quelle cose che per nome nostro deveno trattare appresso el serenissimo Principe Domino Basilio de Valodimeria e Duca de Moschoviti et gran Principe e Signor de tutti i Ruteni Rossi, fratel nostro carissimo.
Primo adonque dirano per nostre litere de credenza, che s’allegriamo di cadauna sua felicità con accrescimento del continuo e fraterno amor nostro.
Di poi essponerano noi, con ogni studio e grave affetto di animo, haver cercato indur pace e accordo tra el Serenissimo Re de Pollonia et la Sua Serenità, mandando a l’uno e l’altro nostri oratori, non prettermettendo cosa alcuna che sii proficua
[p.3] [f.3r] et buona per far essa pace, considerando sempre il commodo et utilità dell’una e l’altra parte, et anchora de tutta la Republica Christiana, la qual più presto dalli principi christiani deve esser augumentata, ch’a guerregiando tra loro con spargimento d’il sangue christiano in alcuna parte anihilata, et meglio sarebbe e più utile, uniti rissolversi di andar contra infidili. Havendo massime inteso dalli spettabili a noi diletti Volodimerio Plemethicho e Iethoma interpetre, oratori de la Sua Serenità, et da Sigismondo Herbestaim, el qual puoco fa, per nostro nome, fu da lei, che tutti gli nostri sforzi e fatiche spese siino state vane et ogni nostra speranza che havevamo di componer essa pace, ne habbi fallito.
Et si ben non ne è successo quello disideravamo, non per questo habbiam voluto restare di mandar gli predetti oratori nostri alla Sua Serenità per questa causa, acciò, che essa pace conseguisca e ad essa particularmente, e d’ il tutto utile et a commune utilità et necessaria a tutta la christianità.
In materia veramente di trattar essa pace procureranno gli oratori nostri di havere in scriptis la voluntà et openione di esso Re di Polonia e le condition, le qual dar e recever intende, receverano per viaggio, perché
[p.3] [f.3v] per le poste havemo mandate nostre ad esso Re, che voglia metter in scriptis la sua voluntà con le conditioni, qual pretende di fare, et mandi ad incontrare esse poste, significando anchora ad esso Re d’il nostro mandar detti oratori al prefatto Domino Basilio, esse nostre adonque per viaggio receverano, et se per caso accascasse, che quelle non recevessero in detto viaggio, quando sarano non molto lontani da Corchovia, cioè dalla persona di esso Re di Polonia, esspedirano il fidel nuntio et a noi diletto, Giovani dalla Torre, familiar nostro el qual havemo mandato con nostre litere ad esso Re di Polonia de quel istesso tenor, che sono quelle mandate in posta et nelli luochi non molto remoti dalla persona d’il Re, esspetterano tanto, che ad essi ritorni il nontio con la mente di esso Re et quelle condition dilla pace con le qual esso Re intende di fare, si veramente harano prima la ressolution delle cose preditte dal detto Re di Polonia, non sarà bisogno mandar altrimente il predetto Giovani, ne le dette nostre del tenor soprascritto.
Et a questo modo haute le condition e voluntà de esso Re de Polonia tratterano sopra di esse co’l
[p.4] [f.4r] Gran principe de Rutheni, a quel miglior modo et via che ad essi parerà.
Et perché è necessario che l’una e l’altra parte sappia la discrepattione et difficultà che sogliono accascare nelle condition et capitoli si hano a fare tra essi principi, et acciò, che trattate e cognosciute tal differentie, si possi commodamente esse moderar e componer, perhò gli detti oratori nostri procurerano, con la serenità di esso Re di Pollonia, de diligenti portatori de litere, gli quali per le poste possino sicuramente portar litere fin agli confini del Serenissimo Fratel nostro Domino Basilico, et simelmente si farà provisione appresso esso Serenissimo Domino Basilio, di simili diligenti e duplici portatori di litere, fino a quel luoco dove serano gli altri oratori nostri appresso esso Re di Pollonia, mandando simele poste duplice al meno nelli confini, acciò, che quando accascerà gli ditti portatori andar, l’uno al Re di Pollonia, l’altro a Moschovia, lo possino far senza perdita di tempo, et a questo modo gli nostri oratori appresso l’una e l’altra parte serano, per nostro nome, buoni mediatori tra gli prenominati re e gran Duca. Tratterano anchora la pace, come è ditto di sopra diligentissimamente, havendo tra loro mutua inteligentia con quelle note, over ziffere, che gli habbiam dato, rissolvendo tutti li contrarii
[p.4][f.4v] che potessero impedir la composition predetta, dandone aviso per ditti portatori di litere di quello havano operato di tempo in tempo.
Il qual accordo veramente e buona pace al tutto è da sperar che conseguisca, ma perché il nostro desiderio seria che esse parte per urgentissime cause quanto più presto potessero, convenissero insieme, havemo pregato per nostre litere quel istesso, che al presente facemo appresso la Serenità di esso Re di Pollonia, che si essa pace non potesse tanto presto seguire quanto ricerca la brevità d’il tempo, almeno accetasse l’indutie quinquenale, dandone per gli oratori nostri sopra de questo chiarezza dilla sua mente. Perhò gli prefatti oratori nostri si saperano che esso Re di Pollonia vogli conscentir alle dette indutie quinquennale, ponerano ogni lor studio e diligentia, acciò, che conseguiscino esse indutie. Manifesterano anchora largamente per qual cause le dette indutie siino addimandate, et quel che nel tempo di esse gli christiani principi e re intendono di fare, zoè il summo Pontifice con gli oratori de alcuni re e principi christiani, gli quali con sua santità già eran in Roma le dette indutie quinquennal haver publicato tra tutti gli re e principi christiani per
[p.5] [f.5r] questa singular causa, acciò, che con tutte le forze christiane si facci general expedittione contra Turchi, eterni inemici del christian nome. Vedendo che egli hanno hauto vittoria et domato, molti principi affricani, e minacciar la dissolutione de tutta la Republica Christiana, et sopra di questo, gli detti oratori nostri, commodamente si disiderano, amorevolmente essortando le Sue Serenità alla detta universal esspedittione contra Turchi, et quanto la sii necessaria alli christiani, alla diffesa de quali le dette Sue Serenità, come membri importanti della christianità, deveno concorrere, non restando per sue private et particular discensioni di far un’opra tanto buona e christiana. Ita, che oltra gli commodi e utilità che particularmente riceverano per la composition preditta e per ben di tutta la Christianità, noi, la Sua Serenità, grandemente pregamo e essortamo, e si almeno la ditta pace e accordo con esso Re di Pollonia al presente far non intende, over tanto presto, non possi convenire, almeno accettar e haver ratte vogli le dette indutie quinquenal com’è stato instituito e ordinato dal ditto summo Pontifice, acciò, che la predetta esspeditione contra Turchi, tolto via ogni impedimento, da tutti li re e principi del christiano nome, sia abbracciata,
[p.5] [f.5v] alla quale e la Sua Serenità quanto più presto potrà, si possi apparecchiare, acciò s’habbia a ottener vittoria, da la qual ressulterà grandezza delle provincie e molte altre utilità.
Della pace primieramente, come habbiam detto da esser trattata tra le dette parte, tratterano gli detti oratori nostri, sì brevemente si potrà fare, si non delle indutie, dummodo habbino prima hauto il conscenso del Re di Pollonia, la qual cosa, si avanti che ad Ruthenum pervenghino el ditto Re negasse voler accettar le dette indutie, over per cadauna altra causa, la qual potesse accaschare, de esse indutie non havessero ressolutione alcuna, agitino sopra la pace, come è detto di sopra, et si trovassero maggior difficultà in ottenir essa pace, all’hora per le poste mandino le preditte difficultà alli oratori existenti appresso el ditto Re di Pollonia, da novo dimandando ad esso Re la sua Sententia, et quel, ch’a principio non haverà curato, lassata la difficultà della pace, alle dette indutie descenderà, duranti le qual indutie niun danno rissulterà alla Republica Christiana, et poi commodamente dilla pace perpetua trattar si potrà.
[p.6] [f.6r] Et questo è la suma di tutto quello che volemo che sii trattrato appresso il prefatto Principe de Rutheni per gli oratori nostri, el muodo veramente d’agitar, trattar, persuader e dir tutte esse cose, e cadauna di esse con quell’accomodate e ornate parole, alla lor desterità e prudentia habbiam commesso, et siamo certi che satisferano con la sua diligente opera alla nostra voluntà. Dati nel Castel nostro Halla alli XX del mese di aprile. Anno Domini MDXVIII.
Regni vero nostri Romani XXXIIII.
Per Regem propria [mano]
Commissio Cesareae Maiestatis propria
Paulus Oberstaim Secretarius
Massimiliano, per voler della Divina Clementia, Imperator de Romani, sempre Augusto.
Al Serenissimo Principe Domino Basilio, de Volodimeria Duca e di Moschovia, et gran Principe de Ruthenori Domino, e fratel nostro carissimo, salute e accrescimento del fraterno amore.
[p.6] [f.6v] Serenissimo Prencipe fratel nostro carissimo. L’officio de tutti i re et principi far in modo, che gli populi et nationi a loro subietti, pacifica e tranquillamente menino e fruiscano la loro vita alla persona veramente, che noi siamo, fa mestiero haver cura de tutta la Christiana Republica, e quella indure con tutte le forcie nostre a buona pace e concordia et dove è nata qualche discensione, permete che non introvenghi morte di alcuno, et al christiano sangue si perdoni per la qual cosa, anchora che fra la Vostra Serenità, et il Re di Pollonia non si habbi potuto, da noi di questo oltre modo cupidi, porre accordo, non perciò, il primo sforcio non procedendo, s’habbiamo tolto di speranza, ma confidati della Vostra Serenità (come ricercha la nostra mutua et fraterna amicitia) a quella con gli oratori suoi, che a lei fano ritorno, mandiamo gli honorabili, fideli et a noi diletti Francesco de Collo et Antonio de Conti, conseglieri e oratori nostri, quali appresso Vostra Serenità tratterano intorno alla predetta pace e reconciliatione tra lei e ditto Re di Pollonia, a quali Vostra Serenità prestando del tutto pienissima et indubbitata fede (come a
[p.7] [f.7r] noi stessi s’habbiamo promesso) mostrarà si alle addimandate cose facile, benigna e piegevole serà questa conciliatione grata e accetta a Iddio ottimo Massimiliano et utile particularmente alli populi dilla Serenità nostra. Gioverà universalmente alla Christiana Republica et serà a noi molto gioconda vedendo ch’appresso nostra Serenità la ragione harà hauto il suo luoco, et a lei e sua merce, gli renderemo gratie promettendo, ch’ogni fiata, che ci sera data l’occasione di esser apparecchiati a rendirli il cambievol merto. Resti adonque felice Vostra Serenità, la qual il Signor Iddio si degni conservar sana et lieta.
Dati nel nostro Castello d’Halla alli XX aprile 1518.
Tra il spatio della deliberatione per l’andata nostra in Pollonia e Moschovia, et la effettual esspedittione, doi singular accidenti di memoria degni, emersseno. L’uno, ch’a Sua Cesarea Maiestà comparse in Yspruch, uno, all’hora frate Nicolo dell’ordine Dominichino, poi Archiepiscopo Capuano, et in fine morto Proximo Cardinale esspeditto da Roma in diligentia con un solo corriere appresso, quale sotto credenza de letere di Leone Decimo et Santa Sede, a sua Maiestà espose quella santità
[p.7] [f.7v] con ogni suo conato, e pensieri esser disposta per la espedittione contra infedeli, alla qual senza l’avisare potissime de sua Maiestà li pareva ogni dissegno vano, perhò la interpellava in virtute spirictus Sancti, et universalis Reipublice Christiane refrigerio ad conformarsi in dispositione, et acciò, con più ardente animo e maggior fondamento vi potesse intervenire, offeriva la terza parte dell’intrate del clero, nel stato germanico, e de Sua Cesarea Maiestà, et il medesimo invitto fatto a sua Maiestà, hanca in mandatis fare alli Serenissimi Ludovico Re de Ungaria et Boemia, Sigismondo Re de Pollonia, Gran Basilio Principe de Rossia e Moschovia, et altri principi e signori settentrionali, et sapendo, che sua Maiestà teniva protettione et cura potissima d’il Nepote Re d’Ungaria, la supplicava ad armarlo di sue litere o altro modo li paresse più conveniente per favore, grazia et exauditione.
L’altro accidente, che a Sua Cesarea Maiestà fu appresentato un trattato de duobus Sarmathiis, europea scilicet e asiatica, composto da un celebre dottor medico et philosopho cracoviense, per il qual pareva concludersi Ptholomeo principe et interpetre della cosmogrhaphia et altre alte scientie damnarsi con colpa
[f.8r] de imperitia, et error grande, et la descrittion di essa settentrional plaga, in quella parte potissime, dove per dar lume al mondo descrive el fiume Tanay, che divide l’Asia dall’Europa, menar origine dal monte Ripheo, negandolo omnino, et subsequenter negando estarvi alcun monte in essa settentrional plaga, ne Ripheo, ne Hyperboreo, ne d’alcun altro nome, over natura, sopra d’il che sua Maiestà participe di tal scientia de cosmographia, et d’ogni altra, et di Ptholomeo omnino devota, con dispiacer sentendo tal nota al suo, imò universal precettore, et del vero bramosa ad mano consignatomi tal trattato, mi dete precipuo carico de investigar, et con ogni diligentia inq(ui)rer per il vero, et se poteva stare, che in tante età e seculi costui solo a questo tempo conosciuto havesse il vero, descritta tal fallacia, massime subiungendo tal fiume menar origine da certa colunia di aque et paludi nelle parte moschovite et region Rezense. Onde prima ch’io divengi alla narration d’il trattato moschoviticho et polono, caminando tutta fiata et discorrendo gli paesi con sui accidenti, discuterò anche gli dui preposti principal per recreation de chi harà a leger, così proseguendo l’accidente del Frate,
[f.8v] Sua Cesarea Maiestà inanimata nel partito propostoli per la espedition contra indifeli, come cosa, che sopra ogni altra gli era a core, non fu tarda in accetar con lieto animo il partito, e exhibirsi pronta per l’effetto meno scarsa di provesione per el favore, et correspondentia del Nepote Re d’Ungaria, perhò, che oltra apropriate letere di efficacia, accompagnò el frate de proprio oratore, destinando messer Sigismondo Herbestaim, perché con viva voce meglio satisfacesse al recquisito favore, accompagnandoli ambi con noi.
Il Frate veramente pervenuto alla regia presentia in Buda città capitale del regno, et exposta publice per modum concionis sua ambasciata, acceta, e grata, come cosa, che sopra ogni altra importava a Sua Maiestà, et alla preposta exhibitasi pronta, in processo, e visita de particular principi et baroni regnicoli, scoperse tal non esser stata la causa de sua venuta, qual publice concionando l’havea exposto, ma per advertir cautamente Sua Maiestà et baroni, che Maximiliano Imperatore, qual già havea inditta dieta nella città d’Agusta per congregar
[f.9r] suoi, et del sacro imperio principi et elettori, pretendeva per far eletione de novo Re de Romani, con dissegno farla cader in Carlo, suo nepote, et con tal modo perpetuar a la casa sua A
austriaca l’imperio, et haverlo hereditario, il che seguir non poteva senza inzuria et preiudicio de sua regia Maiestà, alla qual tenendo la Corana di Boemia, che li dava la voce primiera nell’elettione con le altre dote e dignità, più conveniva tal grado il che da esso Re et con amaritudine abhorendo tal modo di prociedere, e a pena potendosi persuader, che dalla Santa Sede et universal Pastore procedesse tal exorbitantia e perturbatione nella Germania, massime ad instantia d’un tanto principe et imperator, suo zio et osservandissimo patruele, no volse lassar Sua Cesarea Maiestà senza immediata noticia da che causò oltra ogni perturbatione nuovo pensiero et ordine di accelerar la convocatione de principi per essa Augustense dietta, alla qual persentendo dovervi assister per conto dil Pontifice il Proximo Cardinal Gaietano, legato temendo le incoatte
[f.9v] insidie, et per ogni altro buon effetto, rissonando il nome di frate Martino Lutherio e sua dottrina, della qual desiderava in luochi sublimi dar argumento, benignamente lo admesse, et habile a […] disputa, nella qual condutosi con esso Proximo legato et restando superiore non senza sua confusione, qual per defendersi, non trovando fundamenti theologali ad arma spiritualia, e censuras confugit, non senza mormore, e moto del populo, Adeo, che lo constrinse a partire e uscir della città per posticos sotto la tutella di Cesare. Et più pensando Sua Cesarea Maiestà all’insidie, et procieder d’il frate scrisse a noi, suoi oratori in Moschovia, in tal materia litere del seguente tenore.
Massimigliano, per favor della Divina Clementia, Imperator de Romani Sempre Augusto.
Nobili et fideli a noi diletti in signiffichamo nelli passati giorni esser stato a noi
[f.10r] un certo monaco, dicendo esserli sta commesso di trattar et con noi et con gli principi nostri, e del sacro imperio a qual modo si habbi a fare la general espedittione contra Turchi, aggiongendo che subbito espeditta questa sua legatione appresso di noi, per questo istesso negotio vole conferrirsi al Re di Pollonia, nostro Carissimo Fratello, et altri principi christiani, el qual monaco come habbiam inteso di certezza, et da persona degni di fede non è sta mandato dalla Sede Apostolica, come falsamente asscriva, ma da certi cardinali, malitiosamente, quali hano sovente portato invidia al nostro nome et al successo, e felice accrescimento dilla nostra austriaca casa, et vedendo, che fin hora con la loro pestifera fattione non ci hanno (come sarebbe stato, il suo volere e desiderio) potuto nocere, et massime a questo tempo, nel qual si sforciamo di giovare e fidelmente consigliare per la conservation dilla religion christiana, si sforciano di rimover da noi gl’animi delli re et principi, appresso quali habbiamo acquistato nome grandissimo di benevoli e fideli, temendo
[f.10v] che noi con l’aiuto et potentia di essi principi et massime di Carlo figliol nostro, Re catholico delle Spagne, castighiamo la dissoluta vita de cardinali et altri clerici, reducendoli in pristino e la beata forma del viver. Altro donque esso monaco con detta sua fraude e delli suoi non machinando di fare, cha de ritrar da noi gli buoni animi de predetti re e principi del imperio, et a cotal modo interdire la già conceta et tanto salutifera espedittione contra Turchi. In grave danno del christiano nome et perdita di tutti la christiana religione. Noi adonque desiderosi di maturamente provedere alle insidie d’un tanto pestifero monaco, vi commandiamo, che dobbiate far sì con il nostro carissimo fratello Duca di Moschovia, et talmente la sua dilettione admonire, che se questa peste a lei serà pervenuta, non gli vogli dar fede alcuna, anzi gli farete creder, come noi v’habbiamo detto, che se non per altro, almen per questi inditii si può
[f.11r] cognoscer che quando el predetto monaco fu gionto a noi, propose esser cosa giusta, conveniente e necessaria il far della espedittione predetta contra Turchi, et che il clero ne harebbe prestato aiuto contra infideli, acciò, che più facilmente con le nostre facultà et delli detti re e principi, si potesse resister egregiamente. Agionto di poi dal nostro diletto figliolo e fratello, Re di Ungaria, ordinatamente espose quelle cose, che dicea esserli stà commandate, mescolando in esse, e nel fin della sua conclusione alcune parole piene di fraude con nuova machinatione referte, quali appresso noi medesmamente haveva usato, comprendendosi per esse facilissimamente il pestifero animo di esso monaco, et perché non dubbitemo ponto, che et appresso la sua dilettione egli non sia stato, serà di vostro officio il cerchare et diligentissimamente inquerire appresso esso Duca, et dir a sua dilettione, che per el presente nuntio et stippator nostro ci dii per letere ben chiuse, e diligentemente
[f.11v] serrate sicuro aviso, qualvita sii stata quella di esso monaco, mentre ha dimorato appresso di lei, qual dimanda sii stata la sua, et qual fraude habbi machinato contra di noi, acciò, presto sappiamo a che fine tendano gli maladetti consigli, et perversa machination sua per poter meglio soccorrere e provedere alle cose nostre e a quelle di sua dilettione e di tutta la Christiana Republica. Nel qual negotio procurarete di sodisfar alli nostri Mandati.
De Augusta nostra città imperiale alli XXII luglio dell’anni del signore 1518
Per regem propria
Ad mandatum Cesareae Maiestatis
Pransuer pransuer scripsit.
Alli nobili fideli e da noi diletti Francesco de Collo e Antonio de Conti, conseglieri e oratori nostri appresso il fratel nostro e carissimo parente, il gran Duca di Moschovia
Praeterito die XXI settimo M.D.I.8
[f.12r] Et perché nella già detta Augustense dieta oltra la vittoria luterana nella theologal disputa et uscir del Cardinale per posticos per li sinistri modi e censure dal germanico furor tanto abhorrite, fu anche ripportata la elettione del Re de Romani alla subsequente futura dieta franchfordiense, dove poi sede imperiali vacante segui essa elettione, par anche piacevole inserir la seguente litera a me scritta sopra gli impedimenti emersi in tal elettione.
Litere del Signor Corado Paithiner, dottor Augustense e consiglier di Cesare, scritte a me, Francesco da Collo del istesso ordine.
Non mi è nascosto che da molti hai inteso più presto cha hora la felice e fausta elettione del Re de Romani, il che e da me sarebbe stà fatto, come se m’acconvenia per la singular benevolentia, ch’io ti porto, se non havessi voluto schiffare quella calumnia con la quale gli buoni dalle aule de principi alcune fiate sono calumniati
[f.12v] perciò, che havendo io scritte molte cose et in molte consigliato, ho voluto esser ascrito fra quelli a quali è posta nota di taciturnità, quello ho al presente in animo de scriver che da pochi è stà considerato che è questo che tu intenda con quanta felice et fortunata accesion di tutte le cose, sii stà contrastato in essa elettione per l’Imperio. Passato donque a miglior vita Massimigliano Cesare, è suscitata la guerra Victimbergense, alla quale non solamente dalli Elvetii nel principio fu prestato favore ma anchora dal’Ambasciator di Francia, il quale dopoi la morte di esso Cesare andò a ritrovare il Duca per questa causa penso, acciò più facilmente il pensieri ch’havea di far riuscir il suo Re nella detta elettione, gli andasse ad effetto attacando la detta guerra fra Germani. Ma le vicine e insieme alligate città de Svevi commodamente fuori dell’espettation di cadauno
[f.13r] messo all’ordine un esercito di XXIIII milia fanti et quatro milia cavalli per astrenzer el sfrenato animo di esso Duca, oltre modo per le large promesse di essi Francesi ammolito, al loco, dove s’haveva a fare detta elettione detto esercito mandorno et per questa cosa impauriti gli Elvetii fuori di muodo, quali mai se harebbero persuaso gli detti populi confederati haver possuto redur tanto facilmente un esercito del numero sopradetto, et il Duca lassato li presidii nelle Rocche si è fuggito oltra il Reno in Asia. Ita che quel istesso esercito, el qual gli Francesi pensavano dovergli zovare gli fu contrario, et massime pagato, che fu da noi, non solamente aparse formidabile a essi Francesi, ma anchora alli principi di Germania, et questo fu il primo felice segno di fortuna.
Nel secondo veramente si vide il Duca Bronsbiense, il qual nel principio seguitava la parte di Carlo, guerregiando con li duchi di Geldria e Lucemburgh, assai felicemente esser restato vincitore et così la fama andò avanti
[f.13v] et la fortuna comenciò ad inalzare Carlo, ne vi fu desiderata cosa alcuna, che fusse fausta e felice alla casa d’Austria, che felicemente non succedesse con sodisfation de tutti.
Nel terzo successe che gli detti ambasciatori di Francia, quali poco avanti ben adobbati, s’haveano nel senato sforciati di provar con ragioni che per alcun modo Carlo Re non si dovea elegere imperatore, ma il suo Re non solamente a gli homeni simile ma a Iddio similissimo, facendo sopra questo longa oratione. Reducendo a memoria ad essi principi la grande e felice origine delli gran Re di Francia, per il che gli detti principi non possendo udir cosa più odiosa, che la iattanza francese, grandemente si sdegnorno, e essi ambasciatori si partirno con mal’animo e sdegnati.
L’ultimo di fortuna fu la controversia, la qual alla summità de tutte le cose successe tra il Sanctissimo Signor Nostro et il Re Carlo per causa del Regno de Napoli et questo avenne,
[f.14r] penso per voler d’Iddio, acciò ch’essa elettione fosse causa di pace fra loro. Et però li principi della Germania, quali prima non molto erano afficionati alla Sede Apostolica, fatti certi della recuperation della gratia di esso Pontifice, presto si rissolserò alla elettione di Carlo, non interponendo molto tempo, acciò dalli detti oratori francesi non fosse disturbata et impedita, ma per dir il vero tanto fu contrastato sopra l’elettion di esso imperadore, che alcuna volta fu dubbio, qual dovesse esser eletto, et massime essendo stà gli oratori del Re de Boemia talmente da quelli di Francia con presenti corrotti, che publicamente dicevano voler elegger il Re di Francia, ma la prudentia delli nostri fu tanta, che fu deliberato mandar ad esso Re de Boemi, acciò desse nuova commissione et ordine al Marchese Georgio, et alli nostri oratori, che se non elegevano Carlo tutte le cose da lor trattate fussero nulle. Gran cosa a dire, che non solamente gl’animi
[f.14v] delli oratori, ma doi amplissimi regni con dinari et promesse da Francesi siino sta espugnate perché detti ambasciatori francesi haveano in detto luoco la summa de ottocento mille ducati per dar alli ditti Re de Ungari et Boemi.
Delli Germani veramente posso affirmar che in alcun tempo, per mio giudicio, ne in alcun altro maneggio, si habbino portato più prudentemente cha in questo e datto che gli oratori de Francia con ogni solicitudine e diligenza procurassero la elettion del detto loro Re, tamen, mai gli volsero assentire, ne permetter, che l’Imperio Romano, qual valorosamente guerregiando haveano ottenuto di dare a colui, ch’a loro piacesse, fosse transferito in gente straniera.
Gli soldati nostri ex castris mandorno lor litere alli detti principi e elettori, nelle qual si lassavano intendere che si non elezessero Carlo loro in castris, come più fiate è stà fatto appresso Romani, lo chiameriano imperatore, et al loro dispreggio dariano al fuoco e ferro le loro provincie et perché in questo luoco dal populo non si sentiva
[f.15r] altrimente, però alli 28 di zugno trattato da essi principi nel tempio secondo il solito, quanto si haveva a fare per causa di essa elettione, fu felicemente concluso et dechiarato CARLO RE DE ROMANI.
Et perché vacando la sede imperiale per li principi di Germania forno deputati commissarii e ellettori alla detta elettione del Re de Romani et alle altre cose necessarie gli infrascritti. Il nome de quali parmi non esser fuori di proposito dechiarire.
Il Proximo et illustrissimo D. Mattheo Cardinale Arciepiscopo Salzburgense.
L’illustrissimo Duca Federico conte e palatino
L’illustrissimo Casimiro Marchese brandeburgense
Il Proximo Domino Gerardo episcopo Leodiense
Il Proximo Domino Bernardo episcopo tridentino
L’illustre Domino Philippo Conte de Nassan
L’illustre Domino Massimiliano de Sevembergh
Il Magnifico Domino Gerardo della Rocchia
Domino Cypriano Serantayn Canceliere
[f.15v] Domino Paulo Ermestorfer
Domino Iacomo filinger thesoriero
Domino Nicolo Cigler et Domino Iacomo Renez (segretarii)
Et perché el camino preciede l’effetto del secondo accidente principal circha il trattato de doi Sarmatii et l’origine de Thanai. Si seguirà quello, resservato l’accidente al tempo e luoco suo.
Chiamati adonque da Sua Cesarea Maiestà da Ynspruch, loco de ressidentia del conseio, et capo del gran contà de Tirolo, ne conduremo ad Halla terra nuova et da sua Maiestà edificata, dove si cuoce il sale di tanta admiratione, bianchezza e quantità, l’aqua del qual descende da un fonte del monte prossimo da Hausto dolce, che piglia la Salcedine passando un sasso, et per codutti reduta alle patelle per forza di fuoco si congella et converte in sale con tal abundantia che satisfa al paese et soccorre extranei e vicini, et questa terra è bagnata dal fiume Eno navigabile alla rippa, ex opposito de Ymspruch, per disfantia de lega.
[f.16r] Dal medesmo luoco di Halla, appresentati de more de vestimenti, danari, argenti et altre molte cose, sua Maiestà Cesarea expedi e licentiò gli doi oratori moscoviti, quelli a noi subcura consignati.
Il vigeximo d’aprile do poi il desinar fatto reverentia e bassato la sacra mano e noi esspeditti e licentiati fossimo dalla Sua Cesarea Maiestà per il viaggio.
Et alli XXI (vigeximo primo) del detto intratti in nave, navigando per il fiume Enno insieme con frate Nicolo, nuntio del Pontifice, e Sigismondo, nuntio di Cesare alli Ongari e Moscoviti destinato, passando un gran borgo ditto Sboz, nel qual vi sono molte cave e minere de diversi metalli, allogiassimo in una terra assai buona, chiamata Compstan, nella qual vi è una roccha munitissima, tolta per forza per Cesare Massimiliano al tempo dilla guerra da le mani d’i duchi di Baviera anexa et applicata al Contado di Tirrol.
XIII.
Alli XXII del detto partiti de Compstan e arrivati in Myldorf Castello notabile del arcivescovado e principato Salzburgense, fui accolto dal Proximo cardinale e arciepiscopo signor mio, et gratificato
[f.16v] et accommodato da cavali e altre cose necessarie per il viaggio, et non lontan da questo castello vi è il confin del contà di Tiruol, il qual ha per mezo la Baviera de là del fiume.
XIIII.
Alli XXIII allogiassimo in Patania città celebre et principale, de la qual è principe e episcopo l’illustre D. Hermete Tertio, desceso da li Duchi de Baviera. Questa città è divisa in tre parti per tre fiumi navigabili, quali si uniscono nel fine di essa, ciò è Enno, qual descende dalli Monti de Elvetii. Danubio dal Monte de Meyse de Grisoni, el terzo Boema dai monti di Boemia, et radunati insieme ottengono il nome solo del Danubio.
XVI.
Alli XXIIII arrivassimo nel castello di Lintz del Arciduca d’Austria nella regione di Emps nel qual castello vi è un gran ponte di legno. Oltra il quale vi è il tenire del Regno di Boemia.
XIII.
Alli XXV in Cremps e Staym, terre di qua e de là dil Danubio con un ponte nella detta regione Emps vicina e confinante alli Boemi.
XIIII.
Alli XXVI pervenissimo a Viena, città celebre e
[f.17r] principale del Arciducato d’Austria bagnata dal Danubio, diviso in diversi membri, e nel viaggio Salsa, fiume navigabile nel arciepiscopato Salzburgense, puoco oltra Cremps, intra in esso Danubio, e fermati in Viena per comprar cavali, pavioni, carrete e altre cose necessarie per il viaggio havessemo letere de Salvo condutto e delli passi dal Serenissimo Re di Polonia del seguente tenore.
Sigismundo per la Iddio gratia Re di Polonia, gran Duca di Luthuania, et anchora Signor et herede de Russia et Prussia, a tutti e cadauni principi ecclesiastici, et seculari illustri signori duchi, marchesi, conti, baroni, rettori de provincie, signori, vicesignori, castellani, capitanii, podestà, magistri de borgi, e cittadini, proconsuli, e consuli de città e castelli, thelonarii, datiarii, gabelari, boletari, tributarii et exatori di cadauna sorte et sorastanti de nave e di ogni altro luoco, officiali e altri di qual dignità si voglia, di preminentia, stato, e condicione, in ogni luoco constituti, alli quali le
[f.17v] presenti litere nostre pervenirano, amici, e benevoli nostri salute e ogni bene, e alli subditti nostri la gratia regia. Manda il serenissimo Principe et signor, signor Massimiliano per divin favore. Eletto Romanorum Imperatore Sempre Augusto Fratello, e consanguineo nostro carissimo gli oratori suoi all’illustrissimo Domino Basilio, gran Duca de Moschovia, con li quali ritornano da sua Maiestà imperiale ad esso Duca di Moscovia gli oratori di esso Duca, per la qual cosa ricerchiamo dalle Signorie vostre, alli subditti veramente nostri strettamente commandiamo et commettemo, che ad essi oratori con tutta la loro compagnia, e fameglia, cavagli, e altre loro cose per le terre, città, luochi, e dominii nostri concediate securo il viaggio, pacifico, et quieto, senza alcuno impedimento, e gli faciate ben alloggiare, et ad essi, quando farà dibisogno, e pur loro di ciò vi ricchiedano, gli provediate de securo e salvo condotto. Noi veramente per un tal servigio e favore, quando
[f.18r] ci serà datta l’occasione, renderemo il guidardone alle signorie vostre, gli subditti veramente a ciò siano tenuti, e obbligati per la nostra gratia. Data in Cracovia alli Ultimo Aprile M.D.XVIII. Et perché qui finisse el camino hauto per Leno e Danubio, fiumi navigabili, che han resposo ponente, e levante, non serà impertinente descriver la origine et corso di esso Danubio, capo e receptor delli altri, perhò è da sapere.
Che prefatto fiume Danubio ha il fonte suo, che descende dal Monte de Meyse, pertinentia de Grisoni a la faza orientale scorsi alcuni luochi de Sguizeri, seguita nella Magna, e penetra la terra de Ulma, potente e merchantesca, Vasserburg, poi Ratisbona, Ragesburg in quella lingua ditta, città celebre con ponte petreo a molti volti, et Patania, cum Viena già detta, ultra la qual fa insula, nella qual consiste Possonio Prespurg, in quella lingua presidio singular et custodia del fiume tra Viena e Buda, l’una Archiducal e capital d’Austria, l’altra Regia de Ungaria, e nel corso suo bagna la città, et region
[f.18v] de Strigonia, episcopato, principato, e membro singular del regno alla parte destra, et Seper alla riva sinistra, et Pesten in conspetto de Buda città regia, come è detto di sopra, alla parte destra, scorso anche la terra di Seper e scorrendo molti altri luochi, receve el fiume Draun. Notabile et navigabile, che descende dal Monte de Gratz, città capital de Stiria Ducato, poi alla sinistra el fiume Tilla, che chiude la Transilvania et perviene ad Alba Greca, vulgariter Belgrado, alla diversa rippa perresso, el qual ad piciol miglio italiano receve la Sava pur fiume navigabile, che descende da Monti de Lubiana, et chiudendo la Bosina la divide dalla Servia antiquo dispotado.
Alba Greca, over Belgrado è chiave e municipio del regno d’Ongaria, chiuso presso fiume Danubio a viq.ne, dalla Sava ad occidente, et da monti asperrimi a mezo giorno, che la fan fortissima, et questa in dispretio e danno gravissimo ultimo
[f.19r] loco è pervenuta ad mano d’infideli Turchi, et scorrendo il fiume per qualche spetie si converte in lago amplissimo, oltra il qual tornando fiume acquista nome de Istri, dalla provintia Instria, da quello bagnata, della qual Istrio polis è capital città, et oltra la qual a mano deritta consiste la tracia, della quale è capitale e imperial città Constantinopoli, et a sinistra Taurica Cherssonesso, patria del imperator de Tartari de Crimpsi e pericopsi socero che fu de Sultam Selim, patre del presente signor turcho Saliman, poi sotto tal nome de Istri intra el pontico, over Euxino Mare sopra Constantinopoli miglia 550.
Et per esser il Reno fiume notabile, imò primario in questa Europa, compagno in origine ad esso Danubio, non serà impertinente di quello, e corso suo haver mentione, aggionte le distantie da locho a locho, et nominate le città, ch’el bagna.
Reno adunque fiume d’il tutto Regio, compagno in origine al Danubio desceso dal monte medesmo de Meyse alla faza settentrionale, scorso dal proprio fonte lege IIII, bagna l’Abbatia de Tiside in terra de Grisoni et altre lege VI più oltra, penetra la città
[f.19v] di Coyra, capital di essi Grissoni, et bagnati alchuni altri castelli, e luogi per lege VIII fa el lago de Constanza, in quella lingua ditto de Budenzee, celebre, piscatorio, et de assai longhezza et larghezza, alla riva del qual a mano sinistra, over ponente, è patria de Elvetii con molti luochi che beveno, in quello alla destra e riva verso levante, è patria de alle mani Svevi, con molti luochi, che pur bevono in quello, et in fondo la propria città celebre di Costanza, e scorse dal principio del lago leghe XII dove si ristringe e torna fiume del suo nome, che si passa per ponte, oltra el qual è patria pur de Elvetii, e per corso de doi altre leghe presso al Monasterio, ditto De Stein, si allarga e converte in lago di longhezza poco manco di doi leghe e da nuovo recupera il proprio nome, e poco più oltra trova Frisestel, e seguita Valsuet pervenendo a Zafauzen con corso de leghe VIIII oltra el qual il fiume ditto Limaghe, che piglia exito dal lago de Zurigho per leghe doi, petit ingressum, poi l’altro fiume ditto Deruse che esce dal lago de Luxerna a doi leghe e il terzo fiume Dener che
[f.20r] pervien dalli monti di Savoya per leghe IIII parimente intrando nel Reno, qual scorse leghe VI, pervien a Lofenburch, dove si rende navigabile, e scorrendo gli Castelli Schieghe e Rivelde per lege IIII pervien a Basilea, città celebre e già Francha, ma conversa, ad Elvetii se legò e fece canton con quelli, et per leghe XIII più oltra, trova la città d’Argentina, Trospurch in quella lingua, lassati molti castelli, tra le qual due città, alla destra mano è la patria Bristau, alla sinistra l’Alsatia, et in questa città è l’ultimo ponte, dalla qual scorse leghe XIIII. S’accosta alla città de Spira, principato episcopale del fratel del conte palatino et lettor del sacro imperio, et sei leghe più oltra Brumatia città, e pur episcopal principato, dove frequentemente si tien e fa ressidentia el conseglio del già detto Sacro Imperio, poi scorse altre leghe VII pervien a Magontia pur citttà celebre e principato archiepiscopal del qual è investito il fratel del Marchese Ioachin da Brandeburg. L’uno e l’altro del Sacro Imperio ellettore, quale archiepiscopo, e ancho gradato di
[f.20v] cardinale e rapresenta nel Sacro Imperio Cancelier per Italia, et nella ordinatione del officio nella chiesa retien la preminentia de ordinar secundum Sancte S. Maghuntinentis ecclesiam, e per leghe doi più oltra bagna Renchovia, poi per altre doi Bachararch, e per un’altra Vessalia, e per altre sette confluentia terra della diocese e archiepiscopato treverense, quale beve delli doi singulari e navigabil fiumi Moscella scilicet e Reno, Moscella, che proviene dalla essa città de Treveri e principato archiepiscopal, e del secondo ellettor spiritual che rapresenta Cancelier di Gallia. In questa città de Treveri, el Dino Massimiliano Imperatore l’anno M.D. XIII tenendo imperial dieta, illuminato per via d’antique croniche e scritture, fece cavar posto lui prima mano nella catredal chiesa sotto l’altar maggiore, e in profundo trovò un’archa molto grande, nella qual vi c’era un’altra vitrea assai minore et dentro la veste inconsutile del Salvator IESU con il coltel di Pietro, un chiodo della croce e
[f.21r] un dado, quale per già dette scritture parevan esser state ivi oltra anni cinquecento, et da sua Maiestà con principi del Sacro Imperio celebrata con ogni devotion e reverentia, dopo processione e messe e altri solennissimi officii fu colocata in eminentia e altezza del muro sopra esso maggior altare in dignità e spettaculo, tale, che da ognun si può vedere e reverire, e qui vidit e affuit testimonium perhibet, et seguendo Reno e suo corso per leghe XIII trova la città di Confortans e seguita a II leghe la città di Cologna. Olim Agripina, celebre e pur principato archiepiscopale, sedia del terzo ellettor spirittuale che rapresenta Cancelier di Germania, e per leghe V più oltra pervien Anocea, dove sono le reliquie di San Querino in grande veneratione. Denuo corse leghe XII e lassati molti luochi ferisse in Lobid terra buona, de setto della qual esso Reno si divide in tre parti, del qual una parte ditta de Yssel passa per Geldria, provintia ducale, et penetrando la città de Campen, diocese traiettense, intra nel oceano mare, l’altra ditta
[f.21v] de Valle penetrando Nimengen, città galdrense, intra parimente nel Oceano. La terza parte, la qual serra la Olandia, e fa similmente un isola e intra il par appresso Zilandia provindia di Fiandra, la qual è fatta isola tra il Reno e il Mare.
Rodano, terzo fiume celebre e in origine compagno delli già scorsi doi, e che dal medemo Monte descende alla faccia meridionale, fa il corso suo per terra de Elvetii, e scorse leghe XII se converte in lago de Gebena, over Zenevre de longhezza oltra leghe XIIII. In fondo del qual consiste essa città celebre de Zenevre, dove se restringe e torna fiume del suo nome, havendo a mano drita terren de Elvetii con la città e episcopal principato de Losana, con molti castelli all’altra riva et parte sinistra, parte terren de Elvetii, e patria de Soprasassi, nella radice del Monte di Iove, vulgarmente ditto de San Bernando per il Monasterio di tal nome, e vocabulo, nella summità e altezza de miglia XV et parte dello illustre Duca di Sovoya con la terra
[f.22r] de Tonon precipua, a questa città de Genebre vi è un ponte che passa dalla città ad Elvetii in mezo del qual è una torre antiqua del detto illustre Duca, per causa della qual pretendendo sua eccelentia, preminentia e iurisdittion nella propria città, e volendole rigidamente usare con resistentia de cittadini e populo, son successi molti desordini, e denuo ad sua iniuria si è leggata e unita con Elvetii non senza favor, e Brazzo di Francia, Rodano restituto in fiume sotto el nome suo, seguitando il corso suo penetra el contado de Machon iurisdittion de Francia, costo a Bergogna descende a Leone, città inclita capitale in lugdunensi Gallia, de sopra della qual, per poca distantia, se gli aggionge el fiume Arar, over Sagona, da volgari ditto Sona, che origine mena dalla diocese tullense a confin de Borgogna, e penetrando e dividendo la già detta città di Leone con transito per ponti da l’una parte a l’altra sin a San Spiritto, dove vi è un ponte di petra, e seguita in Avignon città della Santa Sede Apostolica
[f.22v] Abenché nelle pertinentie de Narbona di Francia, dove vi è un ponte assai longo, parte di pietra, et parte di legno, e per non molto corso lassata a mano dritta alquanto fra terra la città di Nerbona al confin de Salses municipio e fortezza di Cathelogna nella radice d’il Pireneo Monte, che divide la Francia dalla Spagna el Mare Mediteraneo facendo l’aque morte a similitudine d’un lago per gran circuito, dove solean navicar le galee venete in Mercantia, sotto el titulo del viazo d’aqua morta per trafico di Narbona di Francia, e Perpignano di Cathelogna, intra nel mar Mediteraneo di Francia.
Et ritornando al camin di Moschovia è da sappere che forniti in Viena del nostro bisogno e della famiglia fu el partir nostro alli VIII di mazo, nel qual zorno disnassimo a Drischiven e allogiassimo in Midelparch Castel d’Austria.
VIII.
Alli VIIII disnassimo in Michelspurg castel del Signor Lunardo Liechtestain nel Marchesato
[f.23r] di Moravia, appresso del quale, per un piciol miglio italiano è per un palo che divide l’Austria dalla Moravia.
IIII.
Allogiassimo in Vistionis castello di Moravia.
IIII.
Alli X disnassimo in Sarditz castello dove ne aggionse il corriero del illustrissimo Casmiri Marchese Brandeburgense, principe del Sacro Imperio, il quale cercava notitia di noi e della commission nostra, per il trattato da parte di Cesare, cum il Re di Polonia, al qual habbiamo rescritto in risposta de sua 2.
IIII.
Et allogiassimo in Obiston castello.
IIII.
Alli XI fatto alquanto di virsione disnassimo in Prespurgio, castello del Signor de Perestaim, gran Barone di Boemia, fatto in quadriangulo, di muri conformi et cento di torri, edificato di nuovo, et de case al tutto uniformi, nel quale ne era sta referito dimorar diverse sette de genti, e sotto diversi costumi viventi per la qual cosa mandato a chiamare il pievano de catholici, huomo certamente di buoni costumi e letere dotato, da egli con altre cose havessimo la seguente informatione.
Principalmente ne affirmò esser in esso castello
[f.23v] Boemi consecranti sotto l’una e l’altra spetie, e nel pane fermentato, dicendo questo favore, imitando l’evangelica scrittura e stillo di Christo Redenptore, e di Pietro, suo primo vicario e d’altri santi pontifici succedenti, la regula de quali a essi pare più d’esser imitata che quella delli pontifici moderni, gli quali sommersi nelle mondane cose hano posto da una parte la religione, santità e ogni altra spirittualità, et hanno ardimento di ordinare contra la scrittura e divina legge, et mentre che da noi fussero ripresi della inobedientia della Santta Romana Chiesa, e del summo Pontifice Viccario de Christo, nella cui potestà è il solver e disolver, secondo l’evangelica scrittura. Tu es petrus regni etc. quodcumque ligaveris super terram etc.: et che tutti siamo tenuti a ricognoscere il pontifice e vichario di Christo e successore di Pietro, et medesmamente esser sottoposti ad essa Romana Chiesa. Resposero di non negare la obedientia et sommissione, ma a quelli esser negata l’audientia, della qual cosa molto si dolevano soggiongendo che se a essi fosse concessa la
[f.24r] gratia di esser oditi, se sommetteriano alle ragioni et renderiano obedentia ad esso pontifice.
Secondariamente gli picardi, gli quali nieganno (sic!) Christo transformarsi in quel pane, el quale è consecrato dalli sacerdoti e con il quale celebran et chiamano essa consecratione inane, con ciò, sia che Christo siede in cielo alla destra de Iddio padre in eterno, et non esser conveniente, ch’egli discenda in tutto humil loco, et dicono esser un grande errore haver figure di Christo, della beata Vergine Maria e de altri Santi, gli quali sono in cielo et haver chiese e finalmente vivono del tutto fuori di ogni legge.
Tertio Regna appresso esso castello alle radici del colle un’altra generatione di huomeni fuori d’il tutto di ogni legge, chiamata nelle germana lingua Crenuobar, il qual nella latina sona foveanea. Questa tal generatione de certi tempi s’assunano insieme, e si reducano a un certo luoco sotterraneo a guisa di templo, maschii et femine e in quel luoco mangiano e beonno
[f.24v] et hano apparechiato il satropale, il quale de poi alcune cerimonie e canti si restringe a quelle parole crescite e multiplicamini e replete terram; le qual parole proferite, estinguono gli lunii e indiferentemente si abbracciano e convingeno. Adeo, che alcuna volta il padre usa con la figliola, e la madre con il figliolo, e il fratello con la sorella, il che da loro non solamente è sofferto, ma è riputato di laude, questi tali non hano alcuna cognitione de primi parenti ne meno hano fede in alcun iddio, anzi odiano strettamente ogni generatione de fidili, dando opera al solo sfrenato appetito.
Iudei medesmamente habitano in esso luoco, et in gran numero, et sono sofferti da tutti.
Fideli e catholici anchora consecranti sotto una spetie solamente, quali sono chiamati Romani, perciò che si sottomettono alla Romana Chiesa e alli suoi pontifici, et dalli altri sono tenuti per eretici, e grandissimamente odiati.
[f.25r] Questa generatione foveanea si dice regnare in altri diversi luochi della Moravia e Boemia, e massime in Praga, città regia e capitale di Boemia, et in Sanltis, et non è dubbio che anchora nella valle di Luxerna, ducato di Sabuvdia, regnar tal sorte di gente. Mentre che per nome di Cesare e del Ducha, appresso esso Duca gli sia data potestà di alloggiarvi. Et quel medesmo giorno seguitando il nostro viagio, pervenissimo ad Holomuz, cità capitale del marchesato di Moravia, dove stessimo il giorno per recreatione nostra e sublevatione delli cavalli.
Alli XIII disnato ch’havessimo in Lipnich andassimo a dormire in Raniza castello.
IIII.
Alli XIIII disnassimo in un piciol villaggio appresso il fiume di Odera, il qual habbiamo trattato per il suo crescimento, per le frequenti pioggie, passando gli cavalli con una piciol barchetta. Et qui è il fine del marchisato di essa Moravia.
IIII.
Et qui è da notare che dal dipartirsi da Viena per sino a questo confine dil Marchesmo di Moravia
[f.25v] e Slesie havessimo nel viaggio dalla parte destra gli monti di Ongaria, overo di Panonia inferiore, e dalla sinistra gli monti di Boemia et seguitando il camino nella sera pervenissimo in Ostravia, castello del illustrissimo Duca Cusimirio Thisnense, capiti del universal ducato di Slesie per parte del serenissimo Re di Boemia.
IIII.
Alli XV disnassimo in Fristat, città capitale di esso Duca, da parte del quale fossimo visitati e fociti di peschi e vino, e allogiassimo la notte in Ostromicha castello.
IIII.
Alli XVI disnassimo in Osuchim, oltra il quale havessimo il tragetto del fiume Istula (sic!), il qual divide essa regione di Slesie da Boemia e Polonia, e arrivassimo in Vezina castello, e municipio del Re di Pollonia verso Slesia cum una roccha del tutto forte e ben munita.
VIII.
Da quel istesso luoco espedissimo il nobile huomo, Giovani dalla Torre cum Cesaree e nostre litere et instruttione al serenissimo Re di Pollonia,
[f.26r] il qual faceva residenza in Cracduvia, per sua instruttione e ordine di pratichar e trattar fra la sua Maiestà e il serenissimo principe di Moschovia, dalla Maiestà del quale fossimo ressolti la nostra presentia esser necessaria per causa di esso trattato, e a noi mandò il conduttore, il qual fu il nobile Volsgango Lamberger, suo famigliare, come si manifesterà a suoi luoco e tempo. Et qui è da notare che Moravia regione è posta in continue pianure, e Slesia in picioli e bassi colli pieni di armenti bovini cum frequenti laghi, non troppo grandi, ma abbundantisismi de pesci e cun boschi senza sassi, over pietre.
Alli XVIII partendosi fuori di Vezina, disnassimo in un piciol villaggio, dove per diffetto del vino et altra buona potatione, over acqua, fossimo sforciati a bever del late, et riceuti la sera da alcuni consigliari del Re, accompagnati da una gran caterna di persone, intrassimo in Cracovia, città regia e capo del Regno di essa Pollonia, benissimo e con fausto allogiati.
VIII.
[f.26v] Nelli seguenti giorni trattassimo con la Maiestà del Re per la espedittione della instruttione e delli articuli, tanto per la pace, quanto per l’indutie quinquenali dal predetto di XVIII per sino alli XXIX, come si manifesterà alli suoi luoco e tempo, e partendosi da Cracovia in esso zorno XXIX allogiassimo e mangiassimo in vilissimi e humili villagi antescritti.
VIII.
Alli XXX disnassimo in Cosziza castello e allogiassimo la notte in Nerislat.
VIII.
Alli XXXI in Biachovia havessimo il pranso et dormissimo in Polonis.
VIII.
Nel primo giorno di zugno disnassimo in Copniza e dormissimo in Sandomir.
VIII.
Alli II disnassimo alli campi e dormissimo in Asendorf.
VIII.
Alli III arrivassimo in Lublim città, nella quale erano grandi Merchati, e disnati nelli campi, qui ripossassimo il seguente zorno, et vedessimo una gran commitiva de diverse
[f.27r] mercantie, e specialmente di zebellini, martori et di ogni altra sorte de pelle, et quello ch’habbiamo notato in essa caterva gran carri germanici da sexanta cantari brungni over suxini secchi menati dal’Ungaria e in quel luoco nella chiesa di San Dominico ne fu mostrata una particelala della croce del Signor nostro IESU Christo, la quale appresso loro è hauta in gran veneratione.
VIIII.
Alli V disinato alli campi, ripossassimo la notte in Prazuf.
VIII.
Oltra questo castello a meza legha è un ponte con un poca di acqua, il qual divide l’a Polonia da Lithuania, gran ducato di esso Re.
Alli VI disinato alli campi dormissimo in Lomaz, castel primo di Lithuania.
VIII.
Alli VII hauto il pranso alli campi allogiassimo la sera in Press, municipio e forte castello, nel quale intrano tre singulari fiumi, il primo chiamato Bug, il secondo Michefes, et terzo
[f.27v] Uringa, et di seguenti paludi, dove ne fu di bisogno cavalcare per vie lignee per tutto un zorno.
VIII.
Et in quel luoco fossimo ricerchati dal governatore e capitanio da parte del Re dilla dechiaratione della nostra mente intorno al viaggio da esser fatto, perciò, che se per Vilna, città capitale de Lithuania, era openione del Re, per tor via la suspitione de exploratione gli oratori moschoviti doversi condure per vie de boschi e de paludi, la qual recquisitione communicata con gli oratori moschoviti, se n’hebbero per male e temendo di non esser separati da noi prottestorno di ogni periculo, over altro qual si voglia infortunio. Noi veramente, acciò, che essi non restassero malpaghi di noi, e acciò, che gli servitii del Serenissimo Re fossero sgravatidi periculo, over sospitione, ellegissimo disponersi ad ogni periculo con gli Moschoviti
[f.28r] et pigliar il viaggio per la via de boschi e palludi, et partitesi da Press et desinato alli campi, fra gli boschi e palludi dormissimo in Cameniz.
VIII.
Alli VIIII dormissimo e mangiassimo nelli padiglioni fra gli boschi e palludi.
VIII.
Alli X havessimo il pranso nelli palludi, et dormissimo nella corte del Re in essi.
VIII.
Alli XI dormissimo nel castel di Roxona, ove è un fiume del medesmo nome, hauto prima il pranso nelli palludi.
VIIII.
Alli XII disnassimo fra gli palludi et allogiassimo la notte nel villaggio di Plevich.
VIII.
Alli XIII disnassimo e dormissimo nelle silve e palludi.
VIII.
Alli XIIII dormissimo in Slomin, hauto il pranso come di sopra.
VIII.
Alli XV dormissimo in Unzach, castello disinato come di sopra.
VIII.
Alli XVI in Novigroth, città nuova, hauto il pranso come di sopra.
VIII.
[f.28v] Alli XVII dormissimo in Luenz, luogo posto fra gli palludi, disinato come per avanti.
VIII.
Alli XVIII in cudemo posto fra detti palludi e hauto il pranso come di sopra.
VIII.
Alli XIX Menzch castello del Duca Menscovich, dove dimorassimo, disinato alli palludi come di sopra.
VII.
Alli XXI disinassimo e dormissimo nelli padiglioni fra le selve e paludi.
VIII.
Alli XXII alle silve e paludi come di sopra.
VIII.
Alli XXIII disinassimo e dormissimo nelli padiglioni nelle selve come di sopra.
VIII.
Alli XXIIII disinassimo e dormissimo nelle selve appresso il fiume Borexina, il qual divide la Lithuania dalla Biancha Rossia, over terra smolense iurisdittion del principe di Moschovia.
VII.
Alli XXV in Borizosoff castello fiume in Lithuania.
VIII.
[f.29r] Alli XXVI disnassimo al fiume Robor, appresso il quale nelli passati anni le genti del Re di Polonia hebbero grandissima battaglia con gli Moschoviti, nella quale forno tagliati a pezzi oltra ottanta mille cavallieri, della parte di essi Moschoviti, ma pocchi de li desiderati Polloni, et alloggiassimo la notte in Odrucsa castello.
XII.
Alli XXVII fossimo in Orsa castel grande con rocca munitissima, fin hora nella Lithuania, sotto la costodia del ducha Michiele, il qual castello beve nel insigne, e nominatissimo navigabil fiume Boristhene ditto Dnesper.
VIII.
Boristhene, ditto Dneper in quella lingua, fiume preclaro, passando per la Biancha Rossia, et facendo alveo in Poluzch, e Chiovina città di detta Rossia tolta per forza d’armi per il Serenissimo Re di Pollonia dalle mani de li Moschoviti, segue il corso suo per Moznisicho, Deogobustam e Smolenzcho de principe di Moschovia, devenendo in Orsa, intra nella Rossa Rossia del preditto Serenissimo Re di Pollonia, et bagnato Leopoli, città capitale di
[f.29v] essa Rossa Rossia, dopo alcun corso cade nel Pontico, over Euxino Mare, chiusa fra se e il Danubio, Thauricha Chersonesso, patria del imperator de Tartari, de Crimpsi e Pericopsi.
Alli XXVIII passato esso fiume pervenissimo ad Obresna, et nel viaggio toccassimo il fiume Copriffno, onde nel conflitto, del qual parlavamo d’anzi, era caschato una numerosa moltitudine de genti moschovite, si fattamente che esso fiume (come ne fu refferto) per troppa abbundantia del’humano sangue fu fatto rosso.
In questo viaggio, scontrassimo li soldati del Re al numero de cavalli doi mille e oltra, sotto la cura del illustre Marchese de Moilova general capitanio, per mezo del quale espedissimo corrieri alli regenti in Smolenzcho da parte del Principe di Moschovia, quali nuntiavano il nostro advento e espettavano l’ordine de la nostra andata al loro principe, alli II di luglio, ricerchati da parte delle genti moschovite, si partissemo da Dofrona et s’appropinguassimo alli termini, et dormissimo appresso
[f.30r] l’acqua picciola, anchora che profunda, hauto prima il pranso alli campi.
VIII.
Et mentre che noi s’appressentassimo a l’acqua, oltra essa stavano le genti di Moschovia a gran numero, e precedendo un certo signore vestito di veste d’oro, fossimo interpellati di raggionamento, et appropinquato per meggio di l’interpetre latino, esso signore cominciò a parlare in cotal guisa:
”Quali sete voi, che qui compareti?”.
Et noi gli respondessimo, ch’eravamo oratori del sacratissimo Massimiliano Eletto Imperator de Romani.
”Che adimandate?”.
”L’andata al Serenissimo Domino Basilio, Duca di Volodimerie e Moschovia, e gran prencipe de Rutheni”.
”Cerchate l’andata e l’andata vi serà apperta. Ma qual genti sono quelle appresso voi in tanto gran copia?”.
”Del Serenissimo Sigissmondo Re di Pollonia mandate per sicurità nostra, per suspetto delli confinanti Tarthari, che frequentemente fano incursioni per quiste regioni, ma a qual modo conveniremo e trattaremo a Ragata durante l’inimicitia, et tanto attroce guerra delli
[f.30v] signori nostri, da qui in poi si faccino l’indutie per diffension e securtà nostra, anci della Cesarea Maestà”.
È qui l’illustre Marchese di Moilova, capitano di esso Re, il quale per l’istessa sicurtade quelle non negarà.
”Che cosa dicete voi Polloni e Lithuani intorno a questo?”.
”All’hora volemo l’indutie per tutto un integro giorno solamente”. Gli fu resposto per essi Polloni e Lithuani, per securtà di la Maestà Cesarea e de li oratori sui.
”Sono adonque l’indutie per tutto un giorno”. Gli resposero gli Moschoviti li quali passorno il ponte et venero dalla parte nostra, et esso Satropate, datane la mano e basatici alla loro foggia, così incomenciò a parlare:
”L’illustre Duca de Boris Garbato Ivamovich capitano del Magno Domino Basilio, per la Iddio gratia imperatore e dominatore de tutta la Rossia, e gran Duca in Smulenzcho, nel advento delli oratori del fratello di esso gran signore Basilio, Massimiliano Eletto Imperator de Romani e supremo Re, manda a quelli salute per me et ad
[f.31r] allegrarsi della loro prosperità (e come è costume), desidera haver fede della vostra legatione, avanti l’ingresso nella iurisdittione a lui credita”.
Alle cui reciproche responsioni, salutationi e ringratiamenti, satisfacessimo et appresentassimo le nostre credential litere al loro principe.
Parimente, e esso Marchese di Moilova ne appresentò ad esso sotto queste, over simili parole:
”Ecco io, per nome del Re, consegno a voi, per nome ducale, doi oratori del Serenissimo Imperator de Romani, cioè Francesco et Antonio, cum trentasei famigliari, quaranta doi cavalli cum carrete, casse, padiglioni, e altre loro cose de quali, e de reception de quali dovete per nome del vostro Prencipe per charta patente farmi cauto, con obligatione de integral restitutione al tempo debbito, et quando sareti recquisiti, con ogni buona fede, et senza diminutione”.
Et così fu fatta charta sopra essa consignatione, con espressa obligatione di restitution, havendo parlato esso Signor Duca antedetto, et da quello essendo stà signata et sigilata in forma moschovitica essa scrittura, et consignata.
[f.31v] Queste cose fatte sotto fede de le indutie, fu grande et libera comistione de Polloni, Lithuani, et Moschoviti, et libero passo da l’una e l’altra parte, e retorno, con recreatione e refocione per sino, alla ebrietà, adeo che da per tutto soprabundò ebriosa allegrezza.
Alli III del predetto luglio licentiate le genti del Serenissimo Re di Pollonia, et donate forerie, come è di costume, s’appresentò a noi per parte del Duca per Pristau, over provisor nostro, un certo Andrea, vestito d’una veste d’oro, il quale ne condusse di là dal acqua, nella moschovitica iurisdittione.
Et è da notare da Crocovia del Re, persino a questi confini, havessimo dalla destra banda, oltra la parte di Pollonia, Valdachia, qual è minor Valachia, la Rossa Russia, e terra de Tartari de Crimpsi, et similmente de Tartari nasaitari, dal sinistro lato, oltra la interior Polonia, Masovia, Samogdia, overo Samogethia, Prussia, Livorisa e Corlanda. Partitesi dalla predette acqua, et andati inanzi per meza legha, ne vene incontra, el predetto Duca
[f.32r] de Boris Garbato, Ivanovich, cum exercito de sei mille cavalli et oltra, il quale, datane la mano et basatici, et addimandato del esser e salute nostra, ne ricevete e conduse al suo padigliole, dove lautamente disinassimo, ma senza vino, perché in quelle parti di esso non hano alcuna cognitione, ma bevessimo medoni de diverso colore e saporiti, qual potatione da loro come nettar è celebrata. Seguendo il viaggio nostro, hauto il pranso, nel quale molti se imbriacorno, dormissimo fra le selve e paludi, e cavalcando per ponti, over vie di legno, per sino a Smolenzcho dove arrivassimo alli VI di luglio, ahora certamente tarda fossimo allogiati in un borgo fatte leghe XXXIX.
Smolenzcho è città ducale e provintia, la qual già fu nelle pertinentie di Lithuania, e tolta per forza dalli Moschoviti, per causa dilla quale continuava la bataglia, mure e case di quella sono di legno sotto tal ordine, che degnamente ottien il nome di fortezza, accedenti dal’una parte le paludi, che non si ponno passare, con le sue vie
[f.32v] anguste e di legno, dal’altro lato Boristhene, fiume insigne e navigabile, et la circuità di essa città cape leghe tre.
Alli XI del predetto, poste in acqua per nostra commodità nuove navicelle, prendessimo il viaggio per esso fiume Boristhene, condutti per mano gli cavalli dalli Moschoviti per terra, et fatte leghe cinquanta sei, alli XVI di esso mese fossimo a Drogobusa città, la grandezza di la quale non è meno di quella Smolenzcho, et questa parimente di legno e forte fra le paludi con vie di legno.
Alli XVII partendosi da Drogobusa, hauto il pranso nella via fra le paludi, allogiassimo nella ducal corte fra gli boschi e paludi.
VII.
Alli XVIII fossimo in Vexina, terra grande, ma senza mura, disinato prima alle palludi.
VIII.
Alli XIX similmente ad’un’altra Ducal corte dove sono molte altre habitationi.
VIII.
Alli XX similmente in un’altra ducal corte hauto prima il pranso fra le palludi.
VIII.
Alli XXI in Moxnischo castel grande et grasso,
[f.33r] ma senza mura, ma con una rocca di legno fortissima, nel qual luoco intrati, fossimo condutti in una chiesa di San Nicolo, in quel luoco celebrato con grandissima veneratione, per la frequentia de miraculi.
VII.
Alli XXII in una corte ducale come di sopra, hauto prima nel viaggio il pranso.
VIII.
Alli XXIII mi partii solo, di ciò non si curando il mio collega, ma sopragiongendosi la matina sequente per tempo, sopra la tardità gli Moschoviti prostarono di ogni contingente periculo, con ciò sia che già il moschovitico esercito fosse intrato in Lithuania, et fossero espeditti gli oratori alli Tartari per il motto de inconsonantia alle parti de Pollonia, et seguitando il camin nostro allogiassimo in un’altra ducal corte con il pranso, come di sopra.
XIIII.
Alli XXV ritornando a Ragatta con gli Moschoviti al numero de cento vinti e oltre disinassimo ad una ducal corte et di poi sequendo il viaggio, e di poi appropinquandosi per una legha alla città di Moscovia, et sede di esso gran Signore, ci venero in
[f.33v] contra l’illustre Signor Duca Giovanni Ivanovich, cubens iecoslaviense, Domino Ioanni Iorgavich, podzoi delli supremi consigliari, Domino Theodoro Borisovich, nobile della principal corte, deputato prestau, overo provisor nostro con gli oratori, gli quali con esso noi eran venuti dalle corte di Cesare e nel precedente giorno si conferirono al loro Signore con una gran compagnia de nobeli al numero de mille cavalli et oltra, e ciascuno haveva un paggio, il quale portava un tapedo di somma bellezza, per coprir le selle, quando gli loro signori havessero desceso gli cavalli, acciò che per niuno muodo si brattasserò o per cagion del polvere o del’aere per le loro singularità, et descendendo dalli cavalli, come e noi esso Signor Theodoro Prestau incomenciò a parlare in cotal guisa.
Il Gran Domino Basilio, per la Iddio gratia, imperadore et Signore de tutta la Rossia, e gran Duca, intesa la venuta delli oratori del suo Carissimo fratello Massimiliano per Divina Clementia Eletto
[f.34r] Imperator de Romani, supremo Re e gran segnore, acciò, ch’ad essi facesse il debbito honore, mandò l’attinente suo, et appresso di esso, gran Duca Giovanni Ivanovich, Cubens Ieroslaviense obviam, interpetrante de Ruthena in latina lingua Isthoma interpetre, e signando con la mano e continuamente dimostrando la persona di esso Duca, el qual stava in piedi e niente se moveva.
Et di nuovo esso Domino Theodor sogionse.
El gran signor Basilio per la Iddio grazia dominator e imperadore de tutta la Rossia, e gran Duca, intesa la venuta delli oratori del suo carissimo fratello Massimigliano per Divina Clementia Eletto Imperator de Romani, Supremo Re e Gran Segnore, acció che ad essi facesse il debbito, honorando mandò Domino Giovanni Iorgovich, podzoi delli suoi supremi consigliarii e altri nobili astanti della sua corte.
Nel secondo luoco si levò esso signor Giovanni dicendo il simile e in consonantia.
[f.34v] Il Gran Sinore etc! sotto quelle formal parole mandò l’illustre signor Duca Giovanni, etc!
et parimente replicando esso signor Giovanni, il Gran Signor, etc! mandò il suo nobile Domino Theodoro Borisovich, et aggionto nella predetta forma, et acciò che con voi sii sempre et a voi proveda in tutte l’occorrentie e necessità vostre, et da quel hora havessimo esso con cento Giovani Nobili al servitio, o per dir meglio alla custodia nostra.
Nel terzo luoco esso illustre Duca, e sotto l’istessa forma di parole.
Il Gran Signor, etc! facendo in doi parte mentione delli soprascritti doi mandati con noi, etc! di poi dimandorno della salute e buona prosperità di Massimiliano per divin favore imperator de Romani, etc. Per parte del gran Signor Basilio, suo carissimo fratello, etc. cioè ciascuno da per sé.
Gli quali, poi, ch’hebbero inteso la responsion nostra sotto la seguente forma, ci dettero
[f.35r] la mano e basciarono amicabilmente, e con buona intelligentia, recevendone, preponendo e presentando l’uno e l’altro di noi, da parte del serinissimo Principe e gran Signore, una chinea sotto forma delle seguenti parole.
Il Gran Signor, etc. considerando le Signorie Vostre esser stracche per la gravezza del viaggio e longezza vi manda le prensenti cavalcature, quali in l’onor e memoria sua dobbiate cavalcare e tenire.
Venimo per refferire al Serenissimo Signor Basilio, per la Iddio grazia, Duca di Volodimerie e Moschovia, e gran principe de Rutheni, e signore qualmente quando noi si partissimo dalla Cesarea Maiestà, ch’è Massimigliano, imperatore Sacratissimo de christiani e signor nostro Clementissimo, per la grazia del omnipotente Iddio era in buona sanità, e per dechiarir li medesmamente, come Sua Cesarea Maiestà s’allegrava grandemente per la relatione del secretario suo di Volodimeria e Isthoma interpetre,
[f.35v] quali novissimante hano trattato appresso lei, et Sigismondo Herbestaim, suo oratore, qual ha fatto ritorno per la salute e felicità di esso Serenissimo Duca, fratel suo carissimo e per veder la faccia di Sua Serenità e per espore le fraterne salutationi e accrescimento della felicità et ogni bene, e per trattar alcune cose a noi da Sua Cesarea Maiestà imposte et vedessimo con tanta allegrezza e giocundità di animo esser riceuti da quelli gran signori, ringratiando infinitamente esso Serenissimo Principe e Gran Signore, il qual ne havesse fato degni della susceptione de tanto grand’huomeni, et alle loro signorie, le quali tanto benigmamente esequendo l’ordine della Maiestà Serenissima, ne habbino abraciati e riceuti, ogni cosa ricevendo in gratia e honor del sacratissimo imperatore e di esso serenissimo principe, et in accrescimento della loro benivolentia e fraternità et fra questo moggio
[f.36r] replicate alcune gratiose parole, seguitassimo il nostro camino verso la città, confabulando insieme, et poco poi pervenissimo alla porta, nel intrar della quale, incontrassimo per le strate innumerabil populo, ornato de curiali vestimenti, hauto l’ingresso ad honor del Sommo Dio, fossimo condotti a due singular corti convintte, con amplissime habitationi, anchor che di legno, ad uso della regione, ove subbito abbundò grandissima vetovaglia d’ogni sorte per uso nostro, e de cavalli, dalla corte passassimo.
Et finalmente compiuto il viaggio, e da poi che pervenissimo alla desiderata sede, et alla quale fossimo destinati. Degna cosa è descrivere il trattato pollonico e moschovitico e quello continuare, hauto l’ordine dalli trattanti in Cracovia, città regal di Polonia, et espeditto il trattato, si venirà alla conclusione sopra l’esentia delle regioni e secondo accidente, circa l’origine del Thanai, e altre cose secondo la cognitione
[f.36v] et informatione, la quale ho potuto conseguire da persone veridice e degne di fede, oltra alcune altre con gli propri occhii vedute.
Essempio delle litere del illustrissimo Casimirio Marchese Brandeburgense, Principe del Sacro Imperio, in materia del trattato del Re di Polonia, intorno alle indutie quinquenali.
Magnifici e generosi signori oratori, da poi la salutation nostra, habbiamo riceuto vostre litere nel negotio del serenissimo Re di Pollonia, signor e consanguineo nostro, e gran Duca de Rutheni, dalle quali habbiamo inteso le commesse cose e instruttioni vostre dalla sacratissima Cesarea Maiestà a voi commandate, al prefatto gran Duca de Rutheni, sopra quali a voi signifficamo la Cesarea Maiestà haverne scritto e commesso, che in facessemo certi delli servitii col serenissimo Re di Pollonia, già fatti, per il che, sapete primieramente che
[f.37r] già compiute le nuptial festività et per tempo fossero tentate e già si esseguissero gli commandamenti di la Maiestà Cesarea con ogni cura e sedulità haver trattato con il serenissimo Re di Pollonia per l’indutie quinquenali over triegue, da esser prese per cinque over sei anni, persuadessimo la sua regia Maiestà che condescendesse ad esse indutie de cinque, over sei anni, per l’amore della sacra Cesarea Maiestà, fratello e consanguineo suo. Acciò che non fosse reputato esser contrario al commodo e utilità della Christiana Republica per ricever una tanto santa e felice espedittione contra infedeli. Ma con queste premisse conditioni et tutte queste cose, come secretissime, con sommo silentio, fossero occultate, per sin tanto che il gran Duca de Rutheni parimente ascentisse a queste indutie de cinque, over sei anni, e condescendesse primieramente, quasi di cotal cosa, inscio esso Re di Pollonia, et il quale apena possa indursi a ricever quelli, oltre di ciò, che al Serenissimo Re di Pollonia sufficientemente fosse provisto dal Duca de Rutheni, quando, che fosse ambiguo el preditto Serenissimo Re della fede e integrità del Duca de Rutheni, come esperto, se
[f.37v] ben e necessariamente non si provedesse, altrimente serverà apena la riceuta pace, per la qual cosa le Signorie Vostre intorno a ciò procedino da considerati e caute, conciosia, che il medesmo scritto habbiamo da Cracovia a sua Cesarea Maiestà et al presente scrivemo a Giovanni della Torre, destinato al Re di Pollonia, che se havea per commandamento di far queste cose con Sua Maiestà, che le lassi da parte, come prima espedite e conchiuse, et già significate per poste alla Cesarea Maiestà. Certamente le Signorie Vostre saprano con buon fondamento trattar gli loro negotii con il Duca de Rutheni, et se Vostre Signorie havessero per commandamento di Sua Cesarea Maiestà de praticar e trattar la pace finale e concordia tra il serenissimo Re e il Duca de Rutheni, potete primieramente dil tutto informare il serenissimo Re di Pollonia, et da quello intender le conditioni et articuli, che da esso serano accettati; acciò che meglio possiate mandar ad essecutione gli commandamenti vostri appresso esso Duca, benché habbiamo inteso, per litere di Sua Cesarea Maiestà, più piacere in questo tempo a Sua Maiestà le
[f.38r] indutie, over triegue, de cinque, over sei, anni fra il serenissimo Re di Pollonia et il Duca de Rutheni, il che a noi benigna e gratiosamente significamo.
Data in Viena nel giorno di Mercore nella vigilia del ascension del Signore. Anno MDXVIII.
Alli nobili consigliarii della Sacra Cesarea Maiestà et oratori Francesco de Collo e Antonio De Conti a noi dilletti.
Litere de Giovanni dalla Torre per noi mandato al Re per causa della instrutttione e articuli:
”Magnifici Segnori, e molto honore, salute e ogni acrescimento d’ogni bene, il Serenissimo Sigismundo Re di Pollonia, questa sera, assai per tardo, mandò per me, che per sin ch’io venisse e havesse esposto alle Signorie Vostre gli commandamenti della Cesarea Maiestà et havesse rapresentato la resposta delle signorie vostre a me è stà resposto dalla Regia Maiestà che alcuno mandassi alle signorie vostre, et acciò, che la cosa venisse
[f.38v] più secura, mandò questo mio consanguineo Volsgengo Lamberger della Corte della Maiestà Regia con queste mie litere alla Signoria vostra e quelle faccio certo della mente della sua Regia Maiestà, acciò che quanto più tosto venerano de qui con gli oratori moschoviti darà alli oratori moscoviti hospitio, et tutte quelle cose che qui per avanti haveano et come è aperto alle signorie vostre con esso voi trattarasi d’ogni cosa et io veramente vi verrò incontro a miglia dui et d’il tutto trattarò più largamente con le Signorie Vostre alle quali mi arriccommando”.
Data in Cracovia alli XVIII de maggio MDXVIII.
Giovanni della Torre.
Alli XXI de maggio dopoi l’ingresso de Cracovia nella sera, fossimo visitati all’albergo da parte del Re per il signor Giovanni Dantisco, secretario, il qual soleva per nome del re trattar appresso la Cesarea Maiestà, a noi molto noto
[f.39r] et amico, et admoniti per la seguente mattina alla presentia del Re.
Alli XXII di maggio predetto venero a noi il Proximo Domino Meslesch Episcopo Cheminesdensim et Domino Joane Ceschiam paladino, et per nome del Re ne condussero alla presentia de Sua Maiestà, venendo anchora a noi incontro il maraschalco del Re, dove presi per mano e bacciatisi arrivassimo a sua presentia, ove con la debita sommessione così ricchiesti dal Re gli porgessimo la mano, et ordinato il silentio davanti Sua Maiestà, astante tutto il consiglio, per nome di Cesare io, Francesco indegno così esposi:
”Sigismundo principe e re potentissimo, siamo venuti a ritrovare la Vostra Regal Presentia da parte del suo fratel ottimo Massimigliano, imperatore de christiani, signor nostro gratiosissimo, ad espore le fraternal salutatione e accrescimento della felicità et ogni altro bene, et per dicchiarire qualmente siamo mandati da Sua Cesarea Maiestà al serenissimo Basilio de Volodimeria et Duca di
[f.39v] Moschovia e Gran Prencipe de Rutheni per indur la pace e per quella trattare fra la Vostra Regia Maiestà et Sua Serenità, per la qual tanto lungamente Sua Cesarea Maiestà s’ha affaticato, mandando di poi suoi agenti et oratori per niuna cosa pretermittendo, la qual si pensasse esser proficua alla pace da esser conciliata, risguardando sempre al commodo e utilità particulare de la Regia Vostra Maiestà, et poi communemente della Christiana Republica, la qual più presto dovrebbe esser accresciuta dalli christiani principi, cha quelli fra loro farsi battaglia et talmente sparger il sangue christiano, il qual meglio e più utilmente si spenderia contra infideli, qual populo è eletto da Iddio alle vittorie e accrescimento de regni, massimamente, perciò che essi infideli sono allargati nelli regni di Syria, Egitto et Affrica, et anchora non si vedono contenti d’una tale accrescimento, ma esistimano il loro principe, signor de tutto il mondo, et quel ch’è peggio, minacciano di estirpare tutta la Christiana
[f.40r] Republica. Si come facilmente evenirà se l’onipotente Iddio a ciò non pone mano e se non acorda gli christiani principi e unisca a cotal laudabile e santta espeditione contra essi infideli, tanto lungamente da Sua Cesarea Maiestà premotta e desiderata, et ancor che grandemente gli sia venuta fallita la speranza, quale havea di compore la pace, e gli suoi conati e fatiche siino sparsi al vento, niente di meno, perché ciò non gli è successo, non è smarita Sua Maiestà, pensando che anhora si possi mandare ad essecutione tal cosa, et per tal caussa ha noi mandati ad esso Serenissimo Principe de Rutheni, acciò che tal pace, utile particularmente alla Regia Vostra Maiestà et in commune alla christiana religione del tutto necessaria si componga, per materia veramente et argumento del quale expedisse noi havere da la regia maestà nostra le conditioni, quali intende di dare e recevere, et così a noi è stato comandato, che in questa nostra venuta et passaggio, quelle reciviamo e procuriamo et perché nella disceptatione de le conditioni et articuli, per aventura emergerà difficultade
[f.40v] acciò che in quelle convengino e non siino conscie esse parti, conseglia et esorta Sua Maiestà Cesarea dar forma per posta doppie nel stato e dominio della Regia Vostra Maiestà acciò che mutuamente si possi dar risposta, però che quel istesso si procurerà farsi nel stato e dominio del prefatto Serenissimo Principe de Rutheni, acciò che a cotal modo più breve e facilmente sopra le discordanti conditioni si possi dare debbita forma. Resta che la Regia Vostra Maiestà si persuadi noi non dover lassar da parte officio alcuno, che a questo proficuo sia e che risguardi al stato honore e esaltatione del nome suo. Tenendo per esspresso tale esser la mente del Serenissimo Cesare, fratel carissimo di Vostra Maiestà, e convenire alla dignità e virtù di prefatta Vostra Maiestade, quale Iddio ottimo massimamente si degni di conservare lungamente sana”.
Poco poi la anteditta espositione e risposta del Re per bocca del proximo episcopo Psemeliense
[f.41r] vice cancelier, licencianti gli cortegiani e consigliari, fuori che gli sequenti se deveno alle cose particulari e più segrete, essendo solamente davanti Sua Regia Maiestà gli reverendissimi episcopi Plocense e Psemeliense antedetto, l’illustre domino Christophoro Palatino supremo canceliere e capitanio del regno di Polonia, il signor Nicolo de Saloviz, suo fratello Lesozior del Regno, il signor Giovanni de Salischo e il signor Nicolo Lechsnichin, e hauto difusa discussione sopra il mode de indura la pace, venessimo alla parte de le indutie, in caso de discordia intorno a essa pace. Et habbiamo essortato con ogni officio Sua Regia Maiestà al consentire a esse indutie quinquenali, come erano stà pubblicate in Roma, per causa di tore la espeditione generale contra il principe de Turchi, quali necessariamente habbiamo dimostrato comprobassi, con ciò, sia che la continuatione de la guerra tra essi doi serenissimi principi, tanto sostantiali, e necessarii in
[f.41v] cotal laudabile e santta espeditione è periculosa. Finalmente Sua Maiestà riguardando al sacro Cesare, per ogni buon fine e effetto, annuì a esse indutie quinquenali, advertendoci e grandemente pregando, che avanti che sii publicato tale conscentimento, habbiamo la sententia del Serenissimo Principe de Rutheni et sotto prottestatione che non intende mandar oratori ad esso principe, ma che quella faciamo per autorità di Cesare, non per sua, per risguardo de la qual Cesarea Maiestà e non per libera sententia del omino suo ha conderesso a esse indutie, et acciò che alla genaral espeditione contra Turchi non appaia contrario, massimamente essendo tanto necessaria alla christiana religione. Similmente Sua Maiestà da quel’hora determinò per satisfacione di Cesare e per commodità nostra disponer le poste per l’universo stato suo quanto veramente alle conditioni de la pace, come
[f.42r] come materia bisognosa di consideratione. Sua Maiestà ne remesse a un’altro giorno, intendendo tra questo mezo con gli suoi principi e consigliari quella diligentemente di battere. Poi, per ordine di Sua Maiestà, per gli antedetti conduttori e il supremo mareschalco e mastro di casa di Sua Regal Maiestà, fossimo apresentati alla serenissima Bona Regina, la qual potissime me primeramente conoscea nel regno di Napoli e in corte de la sua illustrissima madre Isabella ducessa di Bari, e già di Milano, da la quale con somma gratia e benignitade fossimo riceuti. Et do poi le salutationi fatte da parte de la Cesarea Maiestà, la quale prossimamente maritata l’havea e poi una lunga confabulatione e sue riccomandationi che per noi si dovessero fare a essa Cesarea Maiestà, hauto licentia fossimo da li medesmi signori conduttori accompagnati per sino alli nostri albergi.
[f.42v] Instruttione summaria alli oratori di Cesare in Moschovia.
”Che la Maiestà Regia non dubita in quello che al essordio da esser trattado de la pace, da esser composta tra la Maiestà Sua e il Duca di Moschovia. Fa bisogno le Signorie Vostre abundantemente esser da la Cesarea Maiestà instrutte, come specialmente de la espedittione generale, quale il Sommo Pontifice e la Sua Maiestà Cesarea apparecchiano contra gl’imperadore de Turchi, ancora per gran parte constituirono alaqual di tanto momento […] il Duca Sua Regia Maiestà e l’andata del Duca di Moschovia, che senza essi appara non potersi reggere troppo bene la cosa, acresciuta talmente la potentia di esso Turco, e di giorno in giorno fatta più potente e ferma che se maturamente a cotal male non si provede, indarno poi, sprezata l’occasione, alcuna cosa si farebbe. Massimamente esso Sommo Pontifice e Sua Maiestà Cesarea havendo in core il componimento de la discordia e guerra tra Sua Regia Maiestà et
[f.43r] il Duca di Moschovia, imperò, che tra gli christiani principi restano soli questi doi quali fra loro si digladiano; et esser state maggior cause de guerre tra gli altri re e principi christiani che non sono queste vertenti tra Sua Maiestà e esso Duca, niente di meno per questa sommamente necessaria espedittione e bene de la Christiana Republica, lassate da parte l’altre cose, tutti insieme concordarsi e reconciliarsi hano permesso, et perciò serà da esser admonito e chiamato esso Duca alla pace ch’habbi a continuare iusta e decente. Et che la Cesarea Maiestà habbi questa speranza Sua Maiestà Regia condescendere a essa iusta pace da non esser recusata. Quali cose la Maiestà Cesarea pienamente intese da l’oratore suo Sigismundo Herbestaim, nelle quali i consigliari del re hano incolpato il Duca di Moschovia circha la transgressione e violatione de lighe, commemoranti esse compositioni e quelle producendo, che forno fatte tra la felice memoria del serenissimo Casmiro Re e padre de
[f.43v] Sua Regia Maiestà et Basilio, avo de Basilio moderno, Duca di Moschovia e di poi; quelle che erano tra il già serenissimo Alessandro Re di germanio fratello di Sua Maiestà e Giovani padre di esso Basilio duca moderno, et ultimo quelle che tra Sua Maiestà e esso Duca sono stà fatte e con giuramenti e lettere da l’una e l’altra parte confirmate, volendo che la pace fosse fatta secondo le prime confederationi et che nel trattar poi descendendo alle seconde, ultimamente si habbino fermato nelle postreme conditioni per il contrario poi quello ch’habbino risposto gli consigliari del Duca di Moschovia e in quali habbino incolpato la Maestà di esso Re, Sua Cesarea Maiestà abbundantemente haver conosciuto da prefatto suo oratore Sigismondo. Et intendendo la Maestà Cesarea venirsi a concordia de le preditte cose tra la Maiestà del Re e esso Duca di Moschovia, non haver possuto mandare Vostre Signorie oratori di Sua
[f.44r] Maiestà, quali per nome suo procurassero di fare secondo le conditioni de li patti, quali forno primieramente fatti tra Sua Maiestà Regia et esso Duca di Moschovia, per le quali, come Sua Maiestà potesse demettere qualche cosa e massimamente della restitutione de la rocha de Smolenzich, a cotal cosa per niun modo s’ha potuto indure. Et sapino di certo le Signorie Vostre, non altrimenti la Maiestà del Re dover aconscentire alla perpetua pace con esso Duca, senza che la rocha di Smolenzcho si restituisca e che quelle cose che fa e che permetta trattarsi di perpetua concordia tra sé e esso Duca la fa per caussa e confidentia de la Cesarea Maestà e per bene de la Christiana Republica. Che se detto Duca non volesse condescendere a la pace perpetua se non fossero a lui mandati da Sua Regia Maiestà imbasciatori, sappiano le Signorie Vostre, che ciò Sua Maiestà non è per fare, et per tal cagione
[f.44v] talmente s’affaticherano che quelle con la sola autorità di Cesare faciano essa perpetua pace, senza che in quel luoco Sua Maiestà mandi oratori, overo a quella esso Duca, niente di meno quando per le Signorie Vostre si faccia sì con esso Suca, che gli sia restituita la rocha di Smolenzscho, Sua Maiestà non recuserà di mandare suoi oratori a esso Duca. Dove veramente che esso Duca recusasse di fare la perpetua pace con condittione antedette hoc est overo che non vollesse restituire essa rocha, overo di concordia trattare, se non fossero a lui mandati gli ambasciatori di Sua Maiestà Regia. Piglierano poi le Signorie Vostre occasione di trattare sopra le indutie ma a modo che solamente si facciano per autorità di Cesare senza quello che Sua Maiestà in Moschovia, overo quel Duca qui mandar devesse ambasciadori, però che Sua Maiestà più non vuol mandare perché s’havesse
[f.45r] voluto madare suoi oratori ad esso Duca, do poi il ritorno del signor Sigismundo Herbestaim facilmente haria potuto havere l’indutie con quello, la qual cosa le Signorie Vostre dal medesimo Signor Sigismundo, overo Sua Cesarea Maiestà pienamente poterà informarsi a quali indutie Vostre Segnorie non dechiarirano Sua Maiestà haver conscentito voluntariamente, ma per causa de la Maestà Cesarea e resguardo de la Christiana Republica. Se la perpetua pace si potrà fare e trattare con gli muodi e conditioni predette, trattarasi de la restitutione de captivi e de quelli quali Sua Regia Maiestà molto più e più insigni ha, et che esso anchora et al presente e avanti le confederationi ha detenuto, et secondo le conventtioni fatte non ha restituito i nomi de quali, quando facesse mestieri, si daziano in nota alle Signorie Vostre, overo si manderiano, se veramente tal perpetua pace
[f.45v] non si può compore non si faccia niente, overo si tratti dela restitutione de captivi. Se le indutie veramente si deveno fare, confirmerano quelle le Signorie Vostre per iuramento e litere di quel Duca, senza quello che la Regia Maiestà mandi in quel luoco, le qual poi, overo copie di esse quando o le porterano o le manderano a Sua Maiestà, quella parimente darà le litere e il giuramento suo confirmando le, le qual indutie non si faccino da altre cose, cha da la guerra, et mentre che fosse la cessatione de la guerra, per cinque, over sei anni, per ragione di questa necessità de la commune christiana religione. S’il negocio veramente del trattar la perpetua pace, overo indutie, per qualche ragione non si potesse mandare a debita esecutione, procureno le Signorie Vostre ciò far sapere a Sua Regia Maiestà da quel luoco per lettere loro et espetterano la risposta di Sua Maiestà.
[f.46r] Se ordinarano veramente le poste per tutti gli dominii de la Maiestà Regia, per li quali le Signorie Vostre manderano con celerità loro litere a Sua Maiestà, acciò di novo possino esser fatte certe della voluntade de Sua Maiestà. L’altre cose commette Sua Regia Maiestade a la industria, prudentia e fede de le Signorie Vostre, che quel che penserano esser utile e honesto a Sua Maiestà procurino, trattino e essequiscano. Et perché vano da buoni alienissimi da ogni humanità e civil costumi, insistano che niente a quelli sii aperto le Vostre Signorie trattar qualche cosa de scientia e voluntade de la Regia Maiestà, ma solo per studio e instruttione de la sacra Cesarea Maiestade.”
Alli XXVII fossimo visitati da parte del signor Palatino e ricercati se niuna cosa ci mancasse, overo qual cosa desiderassimo, perciò che perriverentia de la Maiestà Cesarea a ogni cosa s’harebbe proveduto, non solamente per via del
[f.46v] Re, ma per sua particulare e proprio. E fu raggionato de convenirsi e haver colloquio nella chiesa del castello alla quale se conferissimo e andando ananzi tra questo mezo le oblationi e il referir gratie, si lassassimo intendere di desiderare, che per parte regia a noi fosse data maggior e più difusa informatione sopra le cose per avanti trattate tra gli agenti de la Regia Maestà e consigliari del Serenissimo Prencipe de Rutheni, e precipuamente darci particular dechiaratione sopra la transgressione de li patti, de quali fu detto nela antecedente instruttione e in qual parti sia stato transgresso e convenuto, et quello che Rutheni oponeno, acciò che s’alcuna cosa ne fosse preposta con fondamento de la verità quella si possi solvere e dimostrare il tutto la Cesarea Maiestade haver inteso e le querelle e defensioni procedute, et lassate le cose impertinenti esser stato sempre
[f.47r] nel mezo del animo nostro redure la pratica a buona conclusione e concordia. Non solamente piacque a esso signor Palatino la openion nostra, ma anchora al reverendissimo episcopo Smeliense, qual al nostro ragionamento sopravene, gli quali prometterono affaticarsi tanto con Sua Regia Maiestà che a noi fosse satisfato e avanti forse il partir nostro da Crachovia, overo mentre saremo in Vilna città capitale de Lithuania. Alli XXVIII si conferissimo da novo avanti la regia presentia e inchinevolmente chiesto licentia del andare. Quella da Sua Regia Maiestà obtenessimo et quello istesso da la Maestà Reginale la qual volse terzo haver colloquio con essi noi e in secreto, a me in spetie, communicare che teniva certamente d’esser pregna. In Crachovia, oltra diversi ragionamenti e recreationi cibarie appresso la regal corte, ci forono dimostrate, per commissione del Re, per le chiese reliquie de santi e nel pallazo
[f.47v] del tesoro de sua maiestà grandissimi vasi d’oro et d’argento, de inestimabil pretio e valore. Et di novo la Regia Maestà ne fece consignare doi forieri e conduttori, lo è un Polono e un Lithuano con alcuni altri Buomeni per servitio e custodia nostra. Et avanti il partire da Crachovia, espedissimo e scrivessimo per duplicata mano un essemplo alla Cesarea Maiestà del trattado e la profligatione de Tartari de Chrimpsi, quali haveano hauto ricorsione passato Boresthene fiume verso Leopoli nella Rossa Russia, e per l’crescimento del fiume nel ritorno impediti restorono perfligati. Alli XXIX si partissimo da Cracovia, acompagnati dal reverendo domino preposito di Cracovia, il signor Palatino e il signor Giovanni Dantisco com molti nobeli cortegiani et compagnie de cavalieri numero 500 per una legha et pigliasimo il nostro viaggio per Musovia e Lihuania per Moschovia. Ma è ormai da far ritorno alli trattati moschovitici e pratica de indur la pace, secondo gli commandamenti e instruttioni a noi fatte.
[f.48r] Alli XXVI di luglio, avanti la presentation nostra al Serenissimo Principe, fossimo admoniti che non si lassasse uscir fuori di casa alcuno de Lithuani, quali erano alli servitii nostri, né partirse dalle nostre corti per modo alcuno, perciò che si se trovassero per le strade seriano amacciati: per esser tale l’ordine e commandamento di esso Principe. Fossimo insieme quel giorno istesso e in diverse hore visitati da molti consigliari e nobili de le corti da parte del Principe. Sotto solenne forma di parole il Gran Signor Basilio etc! esortandoci sempre a star allegri e dimandando che cosa ne fosse mancato. Nel tardo venero a ritrovarne il signor Theodoro Prestau e Volodimerio con l’interpetre Isthoma e una gran compagnia de cavalieri et esso domino Theodoro incomencio a dire così, per bocca poi del interpetre Jsthomo decchiarito:
”Il gran signor Basilio per la Iddio gratia imperator e dominator di tutta Russia e gran Duca manda a
[f.48v] dire a voi Francesco e Antonio, da poi che sete arrivati sani alla città e patria nostra da parte del fratel nostro carissimo Massimiliano eletto imperator de Romani e supremo re, e riposati che sereti, ne la seguente mattina vi vogliamo vedere et intendere de la sanità del fratel nostro carissimo Massimiliano eletto imperadore de Romani et supremo re, e quelle cose che da parte di esso fratel nostro sete per espore. Perhò starete apparechiati quando verano gli segnori e nobili de la corte nostra, acciò che con giocondo animo vi possano a noi condure”.
La seguente mattina per tempo ne venero ad avertire li soprascritti tre signori che fossimo apparechiati per l’hora di terza, perhò che eran per dover venire a noi gran segnori, per caggione di condurci alla presentia del Gran Signore, con avertenza ancora che non si dovesse dire gli segreti negotii, ma serbargli a privata
[f.49r] audienza, il resto publicamente fosse udito, et le cose segrete per precipui consigliari solamente. Et poco poi soprogionsero l’illustre Duca Giovanni Ivanovich cubente Ieroslaviense, il signor Giovanni Iargoviche Podzoi, de li supremi consiliari, con forse cento nobeli cortegiani a cavalo cun tanti servi a piedi, quali portavano tapedi, acciò che smontati gli padroni loro, subbito fossero coperte le selle et esso Duca così espose interpetrando l’Isthoma:
”Il gran segnor Basilio, per la Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca ha mandato il sopremo suo consigliero Giovanni Iorgovich Podzoi e questi altri signori nobeli cortegiani, acciò che vi conduchino meco alla presentia sua et siate alegri però che sete per vedere la faccia sua e occhi con giocondità”.
Et intesa la risposta nostra in forma e toccata tra questo mezo la mano, montassimo a cavallo, et uscendo fuor de le corti ritrovassimo da
[f.49v] l’una et l’altra parte de la contrada genti egregiamente vestite et de vesti uniforme de corte, overo dal erario del Principe, di oro, di seta, e d’ogni qualitate, quali stavano per odine da le nostre corti persino alla rocha e corte di esso Principe per meza legha, sotto bel ordine e quasi rapresentando un grande e singular spettaculo. Pervenendo alla porta de la rocha, sopragionse nova comitiva con un gran signore avanti, la quale ottenuto il luoco de primi conduttieri cun consuete parole:
”Il Gran Signore etc!, acciò ch’honori gli oratori del suo fratel carissimo Massimigliano etc!, ne manda a ricevere le Signorie Vostre”.
Procedendo alla porta del pallazzo nel scavalcarsi sopravenne un’altra mano de signori mirabilmente vestiti, quali parimente occupato il luoco de primi e sotto solite parole e addimandati de la sanità, ne condusero di
[f.50r] sopra, et alla prima porta s’appresentò un’altra nuova mano, sotto il modo e parole solite, conducendone alla seconda porta, dove da un’altra mano fossimo riceuti e condotti alla terza porta, da la quali uscì fuori il supremo mastro de corte, il quale con continentia e gravità disse:
”Quali sete voi?”. E cui fu da noi risposto:
”Oratori de Massimigliano imperadore de christiani”.
”Che andate cercando?”.
”L’intrata al fratel suo Basilio, Gran Signore e Prencipe de Rutheni”. Onde egli:
”Andite ch’hebbe cotai parole”. Aperta la porta con alta voce disse:
”Li oratori di Massimiliano imperadore de Romani cerchano l’intrata al Gran Signore”.
All’hora udissimo la voce di esso Prencipe parlante nela sua lingua ruthena.
”Intrino li oratori del fratel nostro carissimo Massimiliano eletto imperadore de Romani e sopremo re”. E introdutti vedessimo esso Serenissimo Principe
[f.50v] quali sedeva sopra il trono di Sua Maiestà vestito d’una veste d’oro con fiori d’oro in argento e campo bianco, e con una beretta alquanto lungha di feltro, con molti nonismati in eminentia per grado, intorno sedendo principi e consigliari suoi, tra quali doi gioveni figlioli de l’imperatore de Tartati di Casania, presi in bataglia e alla christiana fede conversi. Noi veramente in intrare firmati appresso la porta abbassassimo il capo e pieghassimo alquanto gli gienocchi in segno di salutatione verso il Principe e perché gli consigliari si levorno in piedi levatasi la bireta dal capo, con abbassamento del capo parimente salutassimo l’una e l’altra parte quali similmente piegorno le persone loro verso noi. E data la parole e comandatoci procedessimo a meza la sala, replicata la salutatione e flesione del capo e riceute
[f.51r] le reciproche inchinationi e saluti et di novo, dato il segno, andassimo avanti e s’appropinquassimo alla sede del Prencipe, dove era posta una sede per noi a rimpetto di esso Prencipe, nella quale fossimo commandati a sentare. Il Prencipe veramente nelle inchinationi e saluti nostri reciprocava con un piciol moto di capo. Et do poi una picciola quiete, sotto silentio grandissimo e da ogni parte, l’interpetri astanti dissero dove sono gli doni che sono portati. Il Serenissimo Principe commandò all’hora che dovessimo dire quello che intendavamo di fare et datami la facultà incomenciai a ragionare, così anchora il colega più giovane comandando e l’Isthoma de parola in parola interpetrando.
”Anchora che per avanti Serenissimo
[f.51v] Basilio di Volodimeria, Duca di Moschovia e Signore e Gran Prencipe de Rutheni con sommo studio e con somma affettione di animo Massimiliano sacratissimo imperatore de Romani, Signor Nostro clementissimo’.’
In questo loco il Principe, udito il nome di Massimigliano imperatore, in segno de sommissione, levo in piedi e si tolse la bereta dal capo.
’’La pace e concordia tra la Vostra Serenità e il Serenissimo Sigismundo, Re di Pollonia, fratelli suoi carissimi habbia cercato di indure e conciliare’’.
Qui parimente perché si tardavano le salutationi, il Principe levato in piedi et prima descendendo un grado con admiratione e quasi indignatione, per
[f.52r] bocca del interpetre, disse ove sono le salutationi del fratel nostro carissimo Massimigliano eletto imperatore de Romani e sopremo re, il quale inteso per mia risposta, che al loco suo sarebbe fatto mentione pacificato ritorno al loco suo.
”Mandando a l’uno e l’altro suoi oratori e non pretermittendo cosa alcuna, quale al componimento di cotesta pace habbia pensato esser proficua, risguardando sempre il commodo e utilità particularmente di l’una et l’altra parte, poi in commune di tutta la Christiana Republica, la qual più tosto deve esser acresciuta da li christiani principi, cha essi fra loro farsi guerra e a cotal partito spargere il sangue christiano, il qual meglio e più utilmente si spenderia contra infideli. E finalmente tutti li sforzi
[f.52v] et fatiche di Sua Cesarea Maestà sono stà spesi in darno, e grandemente la speranza ch’haveva d’indure essa pace, quella ha inganato. Si come da li honorabili e diletti Volodimero secretario e Isthoma interpetre, oratori di Vostra Serenità e Sigismundo Herbestaim, consigliero e oratore di Sua Maiestà Cesarea ha inteso, il quale appresso Vostra Serenità trattò di essa pace. Anchora che per relatione del sudetto Sigismondo suo oratore habbi a bastanza inteso, in quali cose gli consigliari del Serenissimo Re di Pollonia habbino incolpato la Serenità Vostra de transgressione e violatione delle indutie tra la felice memoria del Serenissimo Casimiro, padre di esso Serenissimo Re e la felice memoria del Serenissimo Basilio, avo de la Vostra Serenità parimente, et quali già
[f.53r] erano tra il già Serenissimo Alessandro Re, di esso Serenissimo Re di Pollonia fratel germano, e il già Serenissimo Giovanni, padre di la Serenità Vostra, e nel terzo luoco tra la Vostra Serenitate e esso Serenissimo Re, e al contrario, in qual parte anchora gli conseglieri di Vostra Serenità habbino colpato esso Serenissimo Re, niente di meno per questo, perché la pace non habbi successo; è smarita ponto Sua Maiestà: che non pensi mandare ad effetto la cosa, con ciò sia che cause di gran lunga maggiori e più importanti difficultati habbino versato tra altri diversi principi e potentati christiani, quali niente di manco a questo tempo sono pacate, e estinte per interpositione, svasione e autorità di Sua Cesarea Maiestade. Procedendo ancora la voce del Sommo Pontifice: quali doi
[f.53v] insieme con altri serenissimi re e principi christiani, vedendo la potentia de sultano Selinsach, prencipe de Turchi, tanto acresciuta et de giorno in giorno per più acrescersi, intendono al tutto di fare espedittione contra esso e l’apparecchiano e per gran parte l’hano constituita. Alla quale considerando esser di tanto momento venire la Serenità Vostra e esso Serenissimo Re, che senza appara, non si poter far cosa che buona sia. Pensando massimamente la tardanza apportare sommo periculo, conciò sia, che già esso sultano Selinsach, per accrescimento del stato, per profligatione del Soffi, Re de Persi, e per le prossime vittorie de dui sulthani d’Egitto, alargato e insuperbito, festini di rinovare e accrescere l’essercitti suoi di terra e maritini, al più che ci puole acciò, che esperimenti anchora sua fortuna contra la Christiana Republica a amichilatio
[f.54r] de la quale par, che potissimamente s’inchini e ponghi tutti gli suoi sforzi a cui se opportunamente non s’occorre sprezata l’occasione in darno poi alcuna cosa si potrebbe fare, perhò il già detto Sacratissimo Imperadore prometendosi assai de la fraterna benevolentia di Vostra Serenità, confidente e festinantemente noi consiglieri e oratori suoi alla Serenità Vostra di nuovo ha voluto destinare, acciò ch’a quella esponiamo le fraterne salutationi, acrescimento di felicità e ogni altro bene”.
Qui Sua Serenità ordinò silentio e levatasi la bereta discesse tutti gli gradi e a noi graciosamente porge la mano. Noi ricevendo come oratori del fratel suo, carissimo Massimigliano eletto imperadore de Romani et addimandato de la sanità del fratel suo Massimiliano eletto imperator de Romani
[f.54v] et risposto che nel tempo che si partissimo da Sua Cesarea Maiestà, quella stava molto bene ritornando alla sua sede, comandò, che si procedesse.
Et acciò, che a quella dechiariamo il sommo desiderio di Sua Maiestà, che essa pace a Vostra Serenità e sudditti suoi, al tutto utile e necessaria alla christiana religione habbi effetto, alla qual certamente christiana religione qual grave periculo stii sopra, Vostra Serenitate con la sua singular prudentia considerar puole estendendosi alle mano del fortissimo, impetuoso et fortunatissimo imperatore la potentia del stato, dominio e genti incomprensibile. L’arte precipua nela militia, la sopremma prosperità de la vittoria, de la cui potentia s’alcuna cosa si de dire, chi negerà, che de tre parti
[f.55r] ne quali si divide l’universo mondo, ciò è l’Europa, Asia e Africa. De l’una e l’altra non occupi la parte migliore con ciò sia che hoggi tenghi nella parte di Europa, l’universa Grecia, et signoreggi gli ferocissimi populi Olinthii, Etholi, Tesali, Thebani, Ionii, Lacedemonii, Boetii, Attici, Ateniensi, Focensi, Decensi, Chrothoniensi, Nehei, Corinthii, Argini, Chersonessi, Platonsi, Thespiensi, Locrensi, Hellespontini, Archomenii, Illirii, Liburnii, Epiroti, Macedoni e validissime genti del universo Pelloponesso. E conciò sia che possieda Euboca, Metilena, Stalimene, Samo, Samandria, Chio et niumerabil altre insule del Cycopelago e quasi tutte le Ciclade. La Thracia, Horachia, l’Incige de Methanost, Misia maggiore e minore, Dacia, hoggi Servia, Scopia, Bosna, Croatia, Valachia, Bulgaria con nove monti, overo Novebordon, dove sono le minere e
[f.55v] dove si cavano gli mettali, e gran parte de la Dalmatia, Sarmathia europea, ne la quale Capha, Meotis palus e infenita barbarie l’insule oltra di ciò in esso mare Eusino, over Pontico e Propontide. Et con ciò sia che possieda in Assia parte seconda, essa Asia minore, hoggi Natolia, Fugia, Dardania, et essa Caramunia, ne la qual Ponto, Bithinia, Galutia, overo Gallogrecia Paphlagonia, Pisidia, Isaura, Capadocia, Licaonia, Lidia, Licia, Pamphilia, Ionia, Doride, Frigicaria, Missia, Cilicia, Armenia minore e tutte le Troade provintie fertilissime e al mare Euxino, Cholchide e Iberia, Albania, Alba, Armenia maggiore et parte de la Schilia, over Tartaria, con gl’imperii di Trabisunda e Constantinopoli et l’universa Propontide, et esso Helesponto. E l’universa Azemia, et quelle che di novo ha acquistato esse Sirie, zoè Mesapotamia,
[f.56r] prima, tra gli duoi fiumi Tigrim e Eufrate fiumi posta, de la quale Odissa è città capitale e fu re Albagaro e cittadino Thomaso Didimo, apostol di Christo, Libanicha seconda, overo Damescena de la quale Damasico è capital città, et ne la quale è posto il monte Libano. Cele terza, in cui è capitale città Antiochia, ove Pietro, vichario di Christo, hebbe la sua prima sede, dopoi la sua passione. Phenice quarta della quale antiquamente fu metropoli Tyro e ne la quale Palestina Giudea, Gallilea, Taraconitida e Abelina, Yturea, Apamea, Idumea, Ierico cun triplice Arabia, Petrea, Felice e Deserta. E possedendo in Affrica parte terza e quello che novissimamente ha acquistato, l’universo Egitto, regione tanto ampla, large e opulenta con tutti gli suoi montani per sino alli Ethioppi e esso Mare Rosso con Aleniro, città tanto preclara e insigne, che par non se gli trovi et oltra
[f.56v] il Nilo, essa Penthapolea e Cyrenaicha, regioni persino alla Cathabathmo e le proprie sirte nel Mar Libico e parimente ottegni sotto tributo il potente regno de Tunisi, e Carthagine già representante emula de Romani e gli regni de Tremezen, de Thenes, de Enoy e de Alger. Ma a che più oltra christianissimo prencipe? Chi possiede hoggi le quatro chiese metrapolitane e patriarchale, lo è Antiocena, Alessandrina, Ierosolimitana e Constantinopolitana, sotto il vexillo e forma de quali potissimamente ne le spirittuali cose milita la Serenità Vostra con l’universo populo suo, et le sette chiese di Asia, a quali Giovanni scriveva, nel primo del apochalipse, se non questo imanissimo prencipe de Turchi, Selim, inimico sempiterno del christiano nome. Chi siede inalchario ne la sede di Ioseph e ne li campi di Alepo tiene
[f.57r] sepolcro di David, et quello ch’è più oribile e detestabile in Ierusolem, il sepolcro di Iesu Christo redenttor nostro cum Bethamia, Nazeret e Sinay monti, e altri luochi del misterio de la passion di esso Salvatore, se non questo antedetto attroce inemico universale? Il quale non ha sparagnato al proprio padre e tre suoi carnal fratelli, ma de essi ha fatto vittima cruentissima. Et il quale, se gloria tenire al conspetto luminarii della grassezza de cuori d’i christiani e signor del mondo, et così si fa chiamare dal nascimento per sino al tramuntar del sole et tanto minaccia alla christiana sede e apostolica e a l’universa christiana religione. Dal quale certamente è da guardarsi e opportunamente occorrere acciò che essa non riduci in tanto esitio e di nuovo con tutte le forze e concordia de christiani
[f.57v] e da procurare per la conservatione di questa portion restante in Europa, ne la quale oltra il stato e dominio de la Serenità Vostra resta sol Germania, Franza, Spagna con l’insule adiacenti e vicine, Ongaria, Polonia e Boemia, con la nobile anchora che afflitta Italia, portione certamente niente respettiva e la quale par, che potissime minacci esso inimico, de la sede e con fatti expediria quello, che ne la mente ha conceputo, durante la discordia deli christiani prencipi e regnando le particulari discensioni tra essi. Sicome avvene al tempo de sultan Morat proavo et sultam Maumeth avo e del terzo sultan Bayaset padre del presente Selim, gli quali per le descensioni de principi christiani invadenti la Grecia de tempo
[f.58r] in tempo e nel età quasi di buono, d’un piciol et angusto stato in Asia minore, tanto sono cresciuto e allargato, inalzando le corna che hoggi al presente loro successore sultano Selim niun prencipe ha ardimento non che di oponersi, ma ne ancho al impeto suo resistere. Il quale seguendo le pedate delli suoi maggiori, non pur intende di occupare le christiane regioni, ma anchora ha animo di signoreggiare e impatronirsi di tutto l’universo mondo contra il quale hoggi niente s’ha di securo, durante la dimisione de christiani e discordia, ne alcuno si può confidare e precipue la Serenità Vostra per la distantia da un tanto atroce inemico, ne per altri respetti. Però che Tartari, quali intermediano e nella fede e nelli costumi non sono discrepanti e sono instromenti de la guerra, non sono
[f.58v] distanti e ciascuna vittoria contra altri prencipi christiani esser potrà subsequente instrimento contra la Serenità Vostra per il che degna cosa appare laudabile e sicura, se la Serenità Vostra si confermerà con altri re e principi christiani, quali per gratia del onnipotente Iddio, che cooperando al spiritto santo, per mezo di essi Sommo Pontefice e sacratissimo imperatore, di Vostra Serenità buon fratello, e deposte le armi sono convenuti a una sincera concordia e tendono ad uno istesso fine. E son d’un constante animo e non pure vogliono d’un tanto nemico espettando l’impetto per pulsargli, ma gli suoi proprii dominii concordialmente più tosto, che pono assaltare, se da la Serenità Vostra non serano turbati, la qual sola tra gli christiani principi hoggi con il Serenissimo Re di
[f.59r] Pollonia si digladia et par che obsti a tanto salutifera, laudabile e necessaria espedittione in vertù del spiritto santo instituta e per relevatione del christiano nome. Onde Clementissimo Prencipe, essendo tempo di scuotere dal sonno gli fideli di Christo e esercitare ogni officio, e tra gli fideli principi potissime la Serenità Vostra è nominata essa anchora seguiti il vexillo di Iesu e da esso rendentore chiamata. Il già detto Sacratissimo Imperatore, de la Vostra Serenità fratello, al qual specialmente apartiene haver cura del christiano gregge con ogni officio e fraterno amore la Celsitudine Vostra interpella, conforta e admonisse a depor finalmente e in questo tempo l’armi e ira sua contra christiani, mandando in oblivioni gl’ingiurie, se alcune ve ne sono, et ad inalzare suo benigno animo a più sublime imprese, convertendo l’armi contra
[f.59v] tanto validi e sempitermi inemici del rendentor nostro Iesu Christo, il quale per noi non dubitò sottomettersi al tormento de la morte in croce, guardando sempre che alcuna cosa a sé, e alla christiana religione accasci, quale né per tempo né per penitenza si possa retrattare e di nuovo ad abbracciare le pace a Sua Serenità da parte della Maiestà Cesarea per noi proposta e la quale esso Salvatore ne la separatione sua da questo mondo a noi potissime fisse nel cuore. Non solo, acciò che si vieti l’ira di esso Salvatore, ma criamdio acciò che si conseguischi la gratia e gloria sempiterna, la quale Iddio ottimo, massimo per sua infenita clementia, si degni di concedere alla Serenitade Vostra laude a esso Iddio”.
Finita la oratione e da poi alcuna gratiosa parola e segno di allegrezza, esso
[f.60r] Serenissimo Prencipe comandò che dalli nostri conduttori fossemo menati in un’altra salla, dove poco poi gli soprascritti tra consiglieri e doi segretarii sopravenero. Lo è:
Supremi consiglieri:
il signor Georgio Theodorovich;
il signor Georgio Demetrovich tesor;
il signor Giovanni Iorgovich Podzoi.
Segretarii maggiori:
il signor Georgio Manzoi;
il signor Truffa.
Et licentiati gli conduttori e tutti gl’altri da esso loco il signor Giovanni Iorgovich, come più giovane, tenendo in mano una scrittura aperta, overo thema, per meglio dire, in forma di rotolo, over instrumento, così incomenciò a dire:
’’Il gran signor Basilio, per Iddio gratia imperator e dominator de tutta la Rossia
[f.60v] et gran Duca, intese le cose esposte per voi signori oratori e consiglieri del fratel suo carissimo Massimiliano, per la Iddio gratia imperadore de Romani e supremo re e gran signore, ha mandato il gran consigliero suo il signor Georgio Theodorovich a il quale le Signorie Vostre debbano riferire quelle cose quali hano in secreto dal fratel suo carissimo Massimiliano, per la Iddio gratia imperator de Romani, sopremo re e gran signore, da esser esposte a esso gran signore Basilio, per Iddio gratia imperatore e dominatore de tutta la Rossia e gran Duca e signore.”
Et rinovando disse:
”Il gran signor Basilio, per Iddio gratia, nella predetta forma, ha mandato il suo consigliero e sopremo tesoriero il signor Georgio Demetrovich, a cui le Signorie Vostre debbano referire quelle
[f.61r] cose, quali hano in secreto dal suo fratel carissimo Massimigliano da esser esposte a esso gran signore.”
Nel secondo luoco il signor Georgio Demetrovich. Così et egli ricomenciò a dire:
”Il signor Basilio, per la Iddio gratia imperator e gran dominator etc! nel modo, come per avanti ha mandato il suo gran consigliere il signor Georgio etc!, al quale etc!, nella forma come di sopra, lassando niuna parola e anzi dicendo di più.”
Et di novo comenciando, il signor Georgio, sotto la già detta forma de parole e abbundantia.
”Il gran signor Basilio etc! ha mandato il suo consigliere etc! il signor Giovanni e al quale etc!”.
Et nel terzo luoco il signor Georgio Theodorovich comenciò a dire:
”Il gran signor Basilio etc!, ha mandato il consiglier suo e gran tesoriero, il signor Georgio etc! al quale etc!”.
Et di novo comenzando sotto la preditta forma.
[f.61v] ”Il gran signor Basilio etc! ha mandato il consiglier suo il signor Giovanni etc! al quale etc!”.
Et mentre che uno e l’altro de essi tre consiglieri separatamente fesse la sua instantia per il secreto de la Cesarea Maiestà, dicessimo non esser cosa pertinente dechiarirsi segreto alcuno, overo devenire alla particularità delli articuli de la pace, se prima non s’havesse hauto l’animo e dispositione di esso Serenissimo Prencipe intorno a essa pace, et a Sua Serenità appartiene dechiarire se affetta, over vuol haver pace con il Serenissimo Re di Pollonia, con esspressione de le conditioni, quali dar e recever intende, le qual cose dechiarite, e noi fondaremo la intentione de la Cesarea Maiestà. Onde confusi essi consiglieri ritornorono al Prencipe per novo ordine e instruttione e poi ritornando le cose seguenti sotto cotal forma referirono:
”Il gran signor Basilio, per la Iddio gratia
[f.62r] imperator e dominator de tutta la Rossia e gran Duca di nuovo, per gli oratori suoi e per Sigismondo Herbestaim ha dechiarito al fratel suo, carissimo Massimigliano, per la Iddio gratia imperator de Romani e sopremo re, se voler giusta pace e condecente con Sigismondo, Re di Pollonia, perhò si dechiarino le conditioni. Le qual cose intese, replicassimo il Sacratissimo Imperadore haversi affaticato e affaticarsi per la predetta pace, come è detto, per il commodo particulare de l’una e l’altra parte, poi in commune per servitio de la Christiana Republica e acciò che più tosto si divenghi al’effetto, laudarebbe che la pace fosse fatta e terminata sotto gli medesmi capituli e conditioni, quali prima intercessero tra la Sua Serenità e esso Serenissimo Re di Pollonia, avanti la transgressione, e qual cose sono incolpate
[f.62v] de transgressione e qual cause non hano mosso esse parti alla osservatione di quella. Movano hora alla renovatione e constane osservatione la necessità de la Christiana Republica e la intercessione di esso Sacratissimo Imperadore e l’imminente periculo.”
Intese queste cose e andati al Prencipe e a noi ritornati, instetero che le cose per noi esposte gli fossero date in scriptis, acciò che quelle lette e ben considerate Sua Serenità ne vaglia dechiarire de la sua mente a quali in instante per noi esposte e avanti preparate in scriptis forono consignate. Et poi immediate da li soliti nostri conduttori fossimo recondutti alla presentia del Prencipe, con il quale fu di bisogno restare in pranso, et assetandosi a tavola proxima a quella di esso Serenissimo Prencipe, accedente il preambulo.
[f.63r] ”Il gran signor Basilio, per la Iddio gratia etc! comanda esser detto a voi, poiché foste allegri signori oratori, quando vi partiste da la presentia del fratel nostro, carissimo Massimigliano imperator de Romani e sopremo re, lassando Sua Maestade allegra e gioconda, così ha fatto, che hoggi quando ne referiste tanto buona nova de la sanità di esso fratel nostro carissimo Massimigliano etc! allegrative annchora con noi, quando vediste la faccia e occhi nostri, perhò sedereti ancor voi e con le fercule e medone con noi fareti un buon volto.”
Da la mensa del Principe con alquanta distantia seguitavano consiglieri e suoi magnati al numero per aventura di cento, alla nostra veramente e al conspetto nostro quel Duca Giovanni conduttore e gli suoi compagni, e gli nostri famigliari, fuori, che Lituani a quali era stà proibito
[f.63v] l’uscir di casa, come già è sta detto per avanti. Fra il mangiare il Serenissimo Prencipe spezò il pane e a noi mandò ne un pezeto con la solita cerimonia.
”Il gran signor Basilio etc! comanda esser detto a voi: recevi Francesco di nostra mano il pane et gratia nostra e alla nostra presentia serai allegro”.
E così faceva de mano in mano, de altre fercule e medone al bevere e non pur me, ma hor à uno, hor a un’altro. Nel conspetto del Prencipe e nostro, era un’altra picciol mensa, alla quale sentavano doi maraschalchi e in mezo la salla era una gran credenza de altezza al più del solaro superiore, piena de vasi e instromenti d’argento di gran valore et per pompa da l’uno e l’altro lato, nel mandare e presentare de ferchole che faceva il prencipe, tutti gli discombenti levano in piedi e deponevano
[f.64r] la beretta, ne la riponevano per sino che con la inchinatione del capo gli ricognossesse nel referir gratie per l’honore meco impertito. Cerimonia certamente molesta e moltro frequente, gli cibi forono lautissimi, nobilissimi e varii al numero di cento e vinti, portati in ottanta sporte per ciascun cibo. Gli portanti e tutti gli altri servienti eran vestiti in oro e con cathene di oro de diverse spetie, il tutto del erario del prencipe. Finito il desinare e stando il Prencipe in piedi fu bisogno di tornar a bevere, però che fattosi portare un vaso in forma di navicella, riempiuto di diverso medone, il prencipe ne fece dire per l’interpetre:
”Il gran signor Basilio per la Iddio gratia comanda esser detto a voi: beviamo a te Francesco questo cypho in honore del fratello nostro carissimo Massimiliano etc!, acciò che l’onipotente Iddio a noi doi
[f.64v] insieme dii gratia che possiamo confondere gli inemici nostri e dela christiana religione, overo quelli convertire alla christiana religione e fede”.
E beuto il vaso di medone quello fece riempire e con la propria mano me lo consignò, il quale fu bisogno di bevere, ancora, che la bevanda di medone mi fosse al tutto molesta. Finalmente hauto licenza devenissimo alle case nostre acompagnati da li soliti conduttori e diversi nobeli de corte e smontati da cavallo ascessero con noi, e nelle salle ritrovassimo ritorno intorno le mense apparecchiate per ordine del principe e con gli ornamenti suoi di argento e di nuova e diversa sorte e collore di medone, et il signor Theodoro Prestaù incomenciò a dire:
”Il gran signor Basilio etc! commanda esser detto a voi Francesco e Antonio, sicome foste allegri per tutto’l giorno, quando vi partiste da la presentia del fratel nostro carissimo Massimigliano,
[f.65r] lassando Sua Maiestà sana e allegra, così fa mestiero hoggi per tutto questo giorno che siate allegri e giocondi, con ciò sia che habbiate portato tanto buona nova de la sanitade di esso fratel nostro Massigliano etc! et habbiate visto noi e gli occhi e la faccia nostra con giocundità, perhò habbiamo mandato l’attinente nostro Duca Ioliane Ivunovich e il consiglier nostro signor Giovanni Iorgovich con questi altri nobeli cortegiani nostri, acciò che con voi ancora per nome nostro siino allegri”.
E fu mestieri di novo sedersi e far il giorno compito nel mangiare e bere, talmente che vedessimo quelli tutti hebrii. L’hebrietà de quali ne fu refugerio perché in quella immersi non si curorno di provocarne a bevere, talmente che tutti in quella sopravegnente matina con il suo peso si partirono senza salutare l’hostiero.
Neli seguenti e cadauni zorni al meno
[f.65v] doi volte al die fossimo visitati e salutati da parte del Serenissimo Prencipe da diversi consiglieri astante sempre il Prestau con gl’interpetre. Alli XXX fossimo requesiti da parte del Serenissimo Principe per il primo d’agosto de mattina alla presentia de Sua Serenità. Alli XXXI di sabbo il Serenissimo Prencipe ne mandò cibi de la sua mensa in segno de carità e gratia sotto la forma consueta de parole. Il primo giorno di agosto dal solito Duca Giovanni e collega fossimo condutti alla presentia del Prencipe e fatta la inchinatione del capo e flesione de zinochi e riceuta la salutatione fossimo condutti da un’altra parte, dove convenero quatro consiglieri e doi segretarii, ciascuno con il suo rotolo in mano, per
[f.66r] thema, gli quali al solito costume particulare e separatamente devenero alla solita cerimonia. Il gran signor Basilio etc! ha mandato etc! con quali per cinque grosse hore fossimo in disceptatione circa essa pace e forma di quella. E perché gli vedessimo varii et duri ne le risposte istetimo ogni cosa doversi reddure e dare in scriptis, et redotti al prencipe con la solita inchinatione e flessione e reciproca salutatione fossimo recondotti alli nostri allogiamenti e per l’interpetre fu portata poi la scrittura del seguente tenore.
”Risposta del gran signor Basilio per la Iddio gratia imperator e dominator de tutta la Rossia e gran Duca a Francesco da Collo e Antonio de questi oratori de Massimiliano eletto imperator de Rossia e sopremo re.
[f.66v] Il gran segnor Basilio per la Iddio gratia imperator e dominati de tutta Rossia e gran Duca commanda esser detto a voi. Per avanti il fratel nostro Massimigliano eletto imperator de Romani e sopremo re, non una sol fiata ne ha fatto essortare per gli suoi e nostri oratori, che noi con Sigismondo re fossimo parentati. Do poi questo veramente il fratel nostro ha mandato a noi l’oratore suo Sigismondo Herbestaim, il quale oratore diceva esortandone, che noi per l’amore del fratel nostro carissimo Massimiliano eletto imperator de Rossia e sopremo re, facessimo la pace con Sigismondo re de Pollonia. Il gran signor Basilio per la Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca comanda esservi detto. Al presente voi ancora da parte del fratel nostro carissimo Massimigliano eletto imperator de Rossia e sopremo re de quell’istesso n’havete referito che il fratel nostro hoggi anchora di cordial
[f.67r] desiderio fra noi e Sigismondo Re de Pollonia, ha ricercato la pace e concordia, anco per la Christiana Republica, perché sultano Selimsach, imperator de Turchi per molte discordie de prencipi christiani ha covertito sotto di sé. E le quatro sedie maggiori delli general patriarchari de christiani e altri molti dominii de christiani tien sotto di sé, al simil modo hora il medemo Selinsach sultano ne la distruttione del Re de Persi e nelle vittorie di novo fatte, sopra doi sultani de Egitto è slargato e augumenta l’esercito suo, terrestre e maritimo, e vuol mover l’armi contra li altri re e contra altri domini de christiani e si sforza di poter distruere questi magnati e fare a sé gli dominii subietti. Et se hoggi contra esso non si provede ne contrasta, overo non si farà l’espedittione, all’hora contra esso serà in vano la atemptatione.
[f.67v] Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator et dominator de tutta Rossia e gran Duca, comanda esservi detto: per quella caussa il fratel nostro Massimigliano eletto imperator de Rossia e sopremo re, ha condotto molti re e principi alla pace e concordia, e hauto consiglio con quelli ha constituto che vuol stare contra il sultano de Turchi: non esspettando l’assalto del sultano de Turchi ma più tosto vuole assaltare il regno e dominio suo, ma per avventura non se moverà, perciò che fin hora noi con Sigismondo re non semo pacati. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati de tutta Rossia commanda esservi detto: ha inteso il fratel nostro Massimigliano eletto imperator de Rossia e sopremo re dal suo consigliero e oratore Sigismondo Herbestaim e anchora dal nostro secretario Volodimerio e Isthoma interpetre che tra noi con Sigismondo re non è fatta la pace.
[f.68r] Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca, commanda esser deto a voi. Anchora ha ben inteso quello dal suo oratore e da li nostri messagieri, qual ingiurie e frattioni siino stà fatte al avo et padre nostro il gran signor Giovanni per Dio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca et anco a noi da li Re di Pollonia. Similmente ha ben inteso qual parole ha referito gli oratori del re, che con Sigismondo e tra noi non fatta la pace ne è smarita Sua Maiestà dimandare a noi voi, suoi oratori. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati de tutta Rossia commanda esservi detto. Voi veramente da parte del fratel nostro carissimo Massimigliano eletto imperati de Romani e sopremo re, addimandandone havete referto che deponessimo per intuito del fratel nostro l’ira nostra contra la christianite
[f.68v] et acciò obliviassimo l’ingiurie fattene da Sigismondo Re per commodo de ambedoi le parti, et acciò contra infideli per la christianità si stesse e che con il predetto Sigismondo voleamo stare in perpetua pace come habbiamo stato per il passato tempo. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati de tutta Rossia e gran Duca commanda esservi detto. Voi sapete bene in qual tempo l’avo di questo sultano Mahumeth vinse Constantinopoli et altri molti dominii de christiani et hoggi il suo nepote Selinsach sultano ha vinto Egitto, Ierusaleme e tutta la regione de Pallestina et sopra doi sultani e sopra il regno de Persi. La vittoria sua a noi ben notoria. Noi veramente, si come prima habbiamo pregato al signor Iddio così e al presente addimandemo da sua santa maiestà che a noi
[f.69r] mandi, l’advitorio e valetudine sua contra li infedeli nemici de christiani e gli nostri dominii de christiani sotto il suo santo nome conservi et qualmente nelli passati tempi stessimo per la christianità e quella dalli infideli deffendevamo, così hoggi volemo stare contra infideli e deffendere la Christiana Republica da loro, per quanto il signor Iddio ne aiuterà, et habbiamo sempre voluto vedere che Iddio desse che per signori de christiani sempre la christianità stesse quieta e in buona conservatione. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e cetera commanda esser a voi detto quello veramente che per parte del nostro fratello Massimiliano eletto etc!: n’havete referto, qualmente che con Sigismondo Re fossimo pacificati. Noi veramente, si come nelli passati giorni dessimo in commissione con gli suoi al fratel
[f.69v] nostro e oratori nostri che per amore del fratel nostro Massimiliano eletto etc! volono la conveniente pace con Sigismondo Re. Anco esso Sigismondo ha mandato a noi gli suoi oratori, ma tra noi con quello non è stà fatto pace, non per la nostra parte, ma per la parte del Re di Pollonia, perché quando gli oratori nostri con quelli di Sigismondo trattavano de detta pace, Sigismondo Gerbestaim, orator del fratel nostro, ogni cosa udì. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperadore etc! comanda esservi detto: hoggi anchora se Sigismondo Re vorà con noi la pace et a noi mandi gli suoi oratori per ditta pace, all’hora noi per l’intuito del fratel nostro Massimigliano eletto e cetera, vorremo la pace con Sigismondo Re si come serà conveniente.
[f.70r] Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperadore etc! commanda esservi detto quello veramente che havete detto a noi, qualmente che con Sigismondo Re fossimo in pace, a quel modo che con quello siamo stati nel tempo primiero, questo è ben notorio al fratel nostro Massimigliano eletto, qualmente il patrimonio nostro di Rossia, le città di reggi di Pollonia tengono inquistamente sotto di sé. Nelli tempi passati con il padre nostro il gran signor Giovanne per la Iddio gratia imperadore et dominatore de tutta Rossia e gran Duca, fu in pace Alessandro Re. All’hora il padre nostro, il magno Giovani per Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca, per la pace e bona concordia e acciò che il sangue christiano non si spargesse tra loro, similmente acciò fosse tra loro buona conversatione, quelle città dela Rossia, attinenti il patrimonio suo, all’hora permesse a sé di usare.
[f.70v] Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperadore etc! comanda esservi detto. Do poi queste cose Sigismondo Re fu con essi noi in confederatione e le qual città de Russia nostro patrimonio, a simel modo tene sotto di sé ingiustamente. Noi veramente quelle città, patrimonio nostro a sé permetessimo, acciò che tra noi fosse pace et acciò più oltra tra noi non si spargesse il christiano sangue e tra noi fosse buona conversatione. Hoggi veramente le città predette di Rossia patrimonio nostro, le quali fin’hora Sigismondo Re ha tenuto sotto di sé ingiustamente, per qual caggione dovemo permettere ch’egli usi. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperadore etc! commanda esservi detto: quello ancora che n’havete detto, che deponessimo quelle ingiurie, quali ne ha fatto Sigismondo Re, noi veramente per amor del fratel nostro Massimigliano eletto e cetera e anco per la sua dimanda, similmente
[f.71r] acciò tra noi con Sigismondo fosse pace e quiete, e il sangue christiano non si spargesse, quali inguirie a noi da Sigismondo Re, sono stà fatte, quelle mandemo in oblivione, quelle veramente, che per ingiusta causa sono stà fatte, alle nostra sorella Regina Helena e gran Duchessa, che Sigismondo Re, della sorella nostra regina e gran Duchessa Helena a noi satisfi. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperadore etc! commanda esservi detto: ma per essertatione del fratel nostro Massimigliano eletto etc! con Sigismondo Re volemo la pace e concordia, sicomme a noi serà conveniente.”
Onde, conciò sia, che avanti anco la presentatione de la scrittura si rispondesse a bocca per gli consiglieri, il principe voler la pace con il Re di Pollonia a sé conveniente e niente di meno renonciorno la pace con le conditioni da noi
[f.71v] proposte: gli ricerchassimo, che ne dechiarissero, qual pace appare a quelli convenire e sotto quali conditioni quella vogliono havere, acciò che sappiamo, come si devemo regere, acciò devenir si possa alla conclusione della pratica e acciò che per diutturna tardanza non s’apporti qualche preiudicio alla Christiana Republica. Ci presentarono la presente scrittura, pur ritornati prima al serenissimo prencipe e da quello riceuto la regula. Quello, veramente ch’habbino parlato gli oratori di Massimiliano imperatore, et gran signor a li consiglieri e quello che habbi commandato il gran signor Basilio rispondersi da sua parte per gli suoi consiglieri a li oratori de Massimiliano sopra le parole de quelli.
[f.72r] ”Il gran signor Basilio per la Iddio gratia imperator e dominator de tutta la Rossia e gran Duca commanda esservi detto in questo modo. Con Sigismondo Re non conviene tra noi la confederatione a quel modo, che Sigismondo Re fu con noi in confederatione alli passati tempi, ma per l’amore del fratel nostro Massimiliano imperador de Romani e sopremo re, volemo pace e buona concordia, sicome se ne aconviene con esso Sigismondo”.
Gli oratori veramente de Massimigliano parlorono alli consiglieri del gran signore, qualmente Sua Serenità ne volesse dechiarire a qual modo con lei tra Sigismondo Re di Pollonia, si convenisse la pace.
”Et il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati de tutta la Rossia etc!, iusta la petitione de ditti oratori de Massimigliano commanda esser detto così: per li consiglieri suoi.
[f.72v] Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia e gran Duca commanda esser detto: havete detto alli consiglieri nostri , a qual modo tra noi con Sigismondo Re di Pollonia si convenghi haver la pace. Noi certamente per la dimanda del fratel nostro Massimigliano eletto imperator de Romani e sopremo re, e acciò ancora tra noi fosse pace e quiete, similmente acciò che più oltra non spargesse il sangue christiano, volemo pace e buona concordia con Sigismondo Re, si come sono se ne aconviene le cause veramente che contra giustitia sono fatte alla sorella nostra regina e gran Duchessa Elena e delle città de […] de Rossia, patrimonio nostro, e altre città, quali Sigismondo Re, persino al presente tempo, tienne sotto di sé ingiustamente.
[f.73r] Quando verano a noi gli oratori di Sigismondo per questo effetto, all’hora intorno a ciò si potrà ragionare”.
Nella presentatione de la qual scrittura et quella perfettamente letta dechiarassimo all’interpetri noi esser apparecchiati per andare alli consiglieri e a loro dechiarire quello che sentivamo de le scritture a noi date, gli quali ritornando ne referirono, che gli consiglieri haveano da venire ne le habitation nostre e in quelle ragionare. Il secondo giorno di agosto venero alli allogiamenti nostri tre consiglieri e doi secretarii con doi interpetri, li quali da poi le salutationi da parte del Serenissimo Prencipe, ne ricercorono di quello che sentivamo de le scritture a noi date e qual fosse l’openion nostra. A quali rispondessimo com’è qui di sotto e per maggior loro satisfacione, reducessimo la openion nostra in scrittis e gli la presentassimo:
”Da le haute scritture l’animo vostro certamente si confonde vedendo rinovarsi le già soppite difficultà per le confederationi, de le
[f.73v] quali negli precedenti nostri detti e scritture, et massimamente per l’ultimo inito del e tra il Serenissimo Prencipe e gran signore vostro, et del sacratissimo imperatore fratel ottimo e tra il Serenissimo presente Re di Pollonia Sigismondo. Et honestamente certo habbiamo proposto rinovarsi la pace, la quale il Serenissimo Prencipe ha firmato, senza intervento o intercessione de la Cesarea Maestà né de li agenti suoi, et in tempo, che non vergeva tal necessità, sicome fa il presente publico interesse e necessitade de la christiana religione et più honestamente è proposto che innovata, da poi essa ultima confederatione et sopra la quale ha confirmato la Cesarea Maiestà confirmarsi la presente pace, si riduca in pristino, per questo reciprocamente far conviene, ne da zovare la asserta concitatione de Tartari a danno del Serenissimo Prencipe e suditti, perché de questo ancora è incolpata Sua Serenità da esso Serenissimo Re. Intanto che gli danni e colpe appareno reciproche, ne più deno essere
[f.74r] in consideratione le alegate ingiurie, overo ingiuste asserte cause de la Serenissima Regina, sorella del Serenissimo Prencipe e gran Duchessa Helena, le quali già ne le precendenti confederationi erano soppite, ma solamente d’essi haver consideratione all’imminente periculo del presente tempo, nel quale l’imanissimo prencipe de Turchi, insoperbito per le nove vittorie, come è detto, minaccia alla christiana religione e al Sacratissimo Cesare fratel suo, il quale oltra il commodo de la Republica Christiana, ancora il particulare di Sua Serenità procura. E perché nel trattato e disceptatione pare che Sua Serenità non altramente pieghi l’animo suo a la proposta pace sotto le conditione de quali per avanti fu detto, et niente di meno, par che insti, che venghino gli oratori del re di Pollonia per essa, dicemo a voi non appartenire, ne meno convenire alterar la commissione e comandamenti nostri, quali sono che proponiamo la pace sotto il modo
[f.74v] et conditioni come di sopra, a noi pare fuor di proposito, che gli oratori del Re di Pollonia, venghino se a noi non è data la forma sopra essa pace. Di novo dicemo e in nome del Sacratissimo Cesare essortemo la Serenità Sua ad abbracciare la predetta pace. Et a quel modo et sotto le conditioni de la confederatione hauta prima, con pristina restitutione delli innovati, a la quale annuente la Serenità Sua, daremo opera che venghino li oratori del Re di Pollonia, a quella confirmare e se farà mestiero a dimandarla a libito di Sua Serenità et se altramente sente, né intende pieghare l’animo suo ad essa pace, né admetta alla prefentia sua, che più perfettamente possiamo intendere la mente de Sua Serenitade, et da noi Sua Serenità la più intrinseca intentione di Cesare”. Quel istesso giorno, do po le preditte cose venendo a noi il signor Theodoro Prestau et Velodimero con gli interpetri referirono
[f.75r] il Serenissimo Prencipe voler nel seguente giorno haverne a la presentia sua, iusta la nostra recquisitione, poi che non habbiamo suputo convenire con gli conseglieri. Alli 3 del predetto fossimo condotti dalli soliti conduttieri alla presentia del Serenissimo Prencipe e do poi la flessione del capo e inchinatione, haute le reciproche salutationi, proferissimo le seguenti parole:
”Siamo stati, Serenissimo Prencipe, imperador e dominatore de tutta Rossia e gran Duca, con li conseglieri de la Vostra Serenità nella discettatione e con ogni officio e studio habbiamo procurato il modo di convenire per indure la pace tra la Serenità Vostra e il Serenissimo Re di Pollonia, per la quale tanto longamente per il commodo di l’una e l’altra parte si h’affaticato il fratel ottimo di Vostra Serenità Massimigliano, imperadore sacratissimo de Romani, e hora, come capo de christiani a cui apartiene haver cura de la Christiana Republica, si sforcia di
[f.75v] continuare. E con ciò sia, che per le dificulta emergenti siamo ansii e dubii di poter indure essa pace massimamente in breve, si come ricercha la necessità del presente tempo, acciò che per le lunge dimore, il periculo, nel quale è posta la Christiana Republica non se ingrosse. E acciò, che gli christiani prencipi, gli quali già hano fatto general espedittione contra Turchi, sempiterni inemici del christiano nome, con periculo e perdita, non siano impediti, overo ritardati da le particulari discensioni e guerre, habbiamo voluto per autorità di Cesare, la quale in ciò usiamo nontiare e intimare alla Serenità Vostra il Sommo Pontifice con l’universo ceto e intervento de christiani e quasi de tutti gli oratori de reggi e principi christiani, acciò che fossero levati gl’impedimenti, gli quali per guerre, tra alcuni prencipi vigenti, risultavano haver instituto e publicato le indutie quinquenali tra tutti li reggi et
[f.76r] prencipi christiani per questa sol cagione, che essa esspedittione concordialmente si toglia con le commune forcie di tutta la christianità. A la quale, come membro di essa christianità, essendo conveniente e degno il venire di Vostra Serenità e del Serenissimo Re di Pollonia, apportare agiuto e non detenirsi nelle private discensioni, acciò che communemente giovar e consigliar si possa. Per tanto per bene e commodo di tutta essa christianità, il già detto Sacratissimo Imperadore con ogni studio e frequentia essorta e scongiura la Serenitade Vostra, si come carissimo fratel suo, poiché per hoggi, over tanto presto non si può dar modo alla predetta pace; acciò che per cotal particular discensioni e impedimenti non si apporti danno a la christiana religione, che almeno al presente vogli haver ratte e accettare le quinquenali indutie, come dal sommo pontefice con l’accesso de gl’altri christiani prencipi è stà constituito e publicato
[f.76v] in Roma. Nel qual tempo e spatio più commodamente si potrano terminare le difficultà et indurasi la perpetua pace. Et l’una e l’altra de le Serenità Vostre, possederà e tenirà quel, ch’è suo senza preiudicio de le sue ragioni. Et essa santa espedittione contra Turchi tanto necesaria, a tempo congruo, remotto ogni impedimento, da tutti gli reggi e potentati del christiano nome receverasi, a la quale la Vostra Serenitade altresì poterasi per tempo apparecchiare, il che certamente serà accetto a l’onnipotente Iddio, alla Christiana Republica commodo e gratissimo al sacratissimo imperadore fratel suo. Di novo conveniente e degno d’ogni loda, a un tanto prencipe, quale è la Serenitade Vostra”.
Il qual Serenissimo Prencipe, intese le predette cose, commandò che fossemo condotti in un’altra camera, dove poco poi venero quatro consiglieri e dui segretarii referendoci il Serenissimo Prencipe
[f.77r] volere con maggior consideratione rispondere a le cose per noi proposte e così dali condutieri soliti fossimo menati a li nostri allogiamenti. Il sesto giorno del prefatto mese, oltre le diurne visitationi fatteci ogni dì, gli visitatori da parte del Principe ne referirono esso prencipe haver voluto noi alla presentia havere per trattar sopra le cose novissimamente esposte, ma diferrire al giorno di domenica per rispetto de la transfiguratione. Et poco poi sopravenero nobeli cortegiani con cibi e medone de la mensa del Prencipe, sotte le solite parole:
”Il gran signor Basilio etc! per ricreatione vostra mandavi gli cibi e gratia sua”.
Alli VII di novo fossimo visitati e rechiesti per il seguente giorno alla presentia de Prencipe. Alli VIII per il duca e compagni fossimo condotti alla presentia del Prencipe, il quale do poi le solite saluti e reverentie con piciola confabulatione, commandò che noi
[f.77v] fossemo menati in un’altra camera, dove sopravenero cinque consiglieri et doi segretarii con cedule in rotolo, over thema, parte esponendo a bocca e parte leggendo. Ciaschuno la parte sua sotto la solita divisione espose tal esser la mente del Serenissimo Prencipe sopre le cose per noi ultimo loco esposte, come per avanti, a quali per noi a tempo fu risposto, come qiù di sotta e la sera ridotta in scriptis la recensione fu consignata alli segretarii. Segue il tenore de la scrittura del Prencipe:
”Il gran signor Basilio, per la Iddio gratia imperator e dominator de tutta Rossia et gran Duca commanda esservi detto a questo modo. Havete esposto che il fratel nostro Massimigliano imperator de Romani e sopremo re vi ha comandata che ne decchiarire, che gli reggi e principi christiani hano constituito tra loro le indutie quinquenali per utilità de la Christiana Republica
[f.78r] contra infideli, sempiterni inemici del christiano nome. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati de tutta Rossia e gran Duca ne commanda esservi detto. Voi da parte del fratel nostro carissimo Massimigliano eletto imperador de Rossia e sopremo re addimandando n’havete detto, se per aventura tra noi e Sigismondo Re non poterasi confirmare la pace che noi per l’intuito del fratel nostro Massimigliano eletto imperator de Rossia e sopremo re ricevessimo con Sigismondo Re l’indutie quinquenali. Acciò che Iddio concedesse, che alla Christiana Republica non fosse impedimento alcuno e intra mezo tale più commodamente si determineriano le gran difficultà et si potrebbe ancor fare la perpetua pace et chiascuno de noi haverà quelle città e luochi che possiede. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator e dominati etc! commanda esservi detto: veramente al fratel nostro Massimigliano è notorio, qual grandi
[f.78v] ingiurie che habbiamo riceuto da Sigismondo Re et qual città di Rossia attinenti al patrimonio nostro tenghi sotto di sé. Adonque il fratel nostro Maximigliano imperatore etc!, intendendo ciò ha mandato il suo oratore e consigliero Georgio Sintipaner et è fatto con noi in fraternità e perpetua confederatione. Il gran signor Basilio etc! commanda esservi detto di poi ancora. Il fratel nostro Massimigliano etc! ha ne mandato gli suoi oratori et con questi suoi oratori e nontii e con oratori et nontii nostri ne significò e ne le sue litere non una sol volta ne scrisse che sono stati appresso di sé il Re di Ongaria Vladislao et Sigismondo Re di Polonia et ne la sua città di Viana, Sigismondo Re s’offerse al fratel nostro Massimigliano etc! de tutte le discordie. Le ingiurie veramente, quali esso ha con noi de tutta s’ha offerto alla voluntà del fratel nostro Massimigliano eletto ecc. A voi ha dato in commandato che procuraste
[f.79r] che noi per l’amore del fratel nostro Massimigliano etc! si pacificassimo con Sigismondo Re. Noi veramente con Sigismondo Re volemo pace e questo habbiamo cercato al tutto et per amore del fratel nostro Massimigliano etc! possiamo venire a la pace con Sigismondo Re. Ma egli vuol con noi la pace non giusta e come s’aconviene. E qualmente tra noi conviene con Sigismondo Re haver pace, non la vuol haver, et si come Sigismondo non vuol haver con noi la pace si come è conveniente. All’hora è segno che non vuole esser con noi in perpetua pace né in concordial amore, si che a noi non fu congruo con Sigismondo Re ricever le indutie. Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator etc! commanda esservi detto. Hoggi veramente per l’amore del fratel nostro Massimigliano etc!, et per l’adimanda di esso, et ancora
[f.79v] acciò che tra noi fosse pace e perché similmente più non si spargesse il sangue christiano e che la christianità fosse in tranquilità et conversatione nostra con Sigismondo, volemo ricevere le indutie di cinque anni, si come serà conveniente”.
A le qual soprascritte cose e a bocca essposte, per noi a tempo in scrittis e a bocca fu detto:
”Il Serenissimo Prencipe haver ben deliberato, e sicome, se acconviene a un christiano e religioso prencipe, accettando tanto giuste e laudabeli indutie, ma perché vi è aggionto quella parola, si come serà conveniente desideramola dechiaratione, se alcuna cosa s’asecondi sotto quella parola”.
Li quali consiglieri andando al Prencipe ne referirono a bocca e in scritto tal
[f.80r] risposta e dechiaratione. A qual modo veramente che s’aconvenghino le indutie tra il gran signore e Sigismondo Re.
”Il gran signor Basilio per Iddio gratia imperator etc! ha commandato quello esservi dechiarito. Le città e castelli patrimonio del signor nostro quali tiene egli e quali Sigismondo Re tiene fin’hora, quando concedente Iddio verano al gran Signore gli oratori de Sigismondo Re, all’hora si scriverano ne le lettere indutiali queste città, castelli e luochi, similmente che si debba fare qiustitia da l’una e l’altra parte e che sii data libertà a li captivi”.
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