Relazione di Marcantonio Barbaro

Ms. Akc.74/52. Edizione

{191r} Relatione del clarisimo Signore Marc Antonio Barbaro, ritornato da Constantinopoli l’anno 1573.

Poiché per permisione del Santo Iddio l’Imperio ottomano con un corso quasi di perpetua vittorie, s’impatronito in tante provintiae et ha soggiogato tanti regni, et perciò fattosi formidabile a tutto mondo, non sarà infruttuoso, né fuori di ragione il dubitare che possa anco facilmente ridurre ad una monarchia universale. Et perché perciò lo tanto grave soprasta principalmente a questo serenissimo dominio, havendo così lunghi confini, con genti così superba oltra le varie cose che possano apportare dispiacere li contrarii trafichi che si fanno nelli communi paesi di danni de corsari, et il convenirsi bene spesso ritrovare insieme li navilii et l’armata del’una et l’altra parte, massimemente hora che le forze del mare sono venutae a tanta grandezza et riputatione che pareno solo instrumento ad aprirsi la strada dell’imperio del mondo. Onde ragionevolmente non può questa republica haver pensieri più gravi et più ardui et a qualli debba esser più intenta et sollicita quanto a quelli da qualli dependono l’attioni turchesce. Per il che essendo io ritornato hora bailo da Constantinopoli, metropoli di tanto imperio, non dirò de una medisima legatione, ma di tre ancora che potrebono esser congionte insieme per il longo spacio d’anni sei che vi sono stato, ma di molto più ancora per le cose importanti et gravi che vi sono occorse nell’età passata di maniera che tanto sono tenuto io secondo gli deseni di questa republica dar notitia alla Serenità Vestra di quello che con ogni mio studio ho potuto osservare et intendere per il servitio suo. Però alle cose più importanti ristringendomi ridurò il mio parlare a tre caspi principali. Nel primo monstrarò la grandeza dello stato che possiede il stato turco et le forze suae pertinenti alla guerra. Nel secondo, da chi et in quel modo sia governato quel imperio et insieme la natura et conditione de quelli ch’el regano. Nel terzo intenderà poi la Serenità Vestra la consideratione la quale fin a quella porta gli altri potentati, quelli però che possono essere considerate per lo interesse di questo eccelentisismo dominio et particolarmente di lei. Da poi che andò cadendo l’Imperio romano, non ha mai più principe alcuno riddoto a sua obedienza tante provintie et regni, come hoggi si vede {191v} haver fatto gli ottomani con le forze delle armi. Poiché cominciando li suoi confini maritimi qui acanto i nostri di Dalmatia, e stendendosi in Albania et circundando tutta la Morea, la Grecia con possedere la maggior parte delle isole di Levante, arrivanno non solamente con questo spacio di mille cinquecento miglia a Constantinopoli, ma circondando la grandezza elli litti di Mar Magiore sino agli ultimi confini d’Europa, trapassando anco nel’Asia et girano sotto il medesimo mare per spatio d’altre 2500 miglia arrivanno nel’Egitto nelli altri confini dell’Asia al fiume Nilo et tuttavia entranno nel’Asia possedendo il S. Turo quasi tutte quelle marine che sono allo stretto de Gibilterra, ecceto quelle poche che sono dominate dal re catolico. Tutto questo giro del mare io l’ho descritto et che possiede il stato turco e da 8000 miglia. Ma quello di terra che questo suo stato cironda, non dove esser minore poiché per la medesima strada ritornando tanto gli suoi confini terrestri 600, che poco fra terra quelli nel’Africa se dellatanno et che molti di quelle marine massime da Tripoli verso Alessandria siano in gran parte dishabitati. Sia tanto maggiormente nel’Egitto, parte fertile et rivoltata, allargandosi sì che li suoi confini giongano sino al mare Oceano verso mezo giorno et dal Mare Rosso continuando, va tutavia per quelle marinae et regni d’Adem et Ghimen, et trovato il fiumi Eufrates et di là continua alla bocca del Tigris nel sino persico acanto la riva di quel fiume. Ha longissimi confini col persiano, tanto che si acosta non molto discosto dal Mar Caspio, et di là confinando con giorgiani, mangrelli, circassi et altre nationi, ritorna alle ultime parti del’Asia a fiume Tanai. E pur nel’Europa reintrando, in qua et di là dal Danubio, l’alarga molto imperio suo, havendo per confinanti et tributarii suoi il Regadano, il Walacho et Transilvano, el di là reducendosi nel’Ongaria confina con imperatore. Et similmente entrando nella Croatia viene a confinare tanto quivi vicino a noi che poco dal Friuli se discosta.

E tutto questo imperio è diviso sotto il governo di 20 belgerbei che anco hoggi si chiamano li Basicà, non essendosi anco accresciuti li titoli all’età nostra in christianità di quello che si fatto in turchi, poiché de 19 erano vene aggionto uno infelicimente per christiani, cioè quello che governa il regno de Cipro, essendo che tutti {192r} gli altri possono essere tenuti per tanti regni; tre de quali sono in Europa, cioè Grecia et questo è il più grandi et più honorato de tutti, Buda et Zemisvar. In Asia ve ne sono 13 cioè: Natolia, Caramania, Damasco, Aleppo, Babilonia, Balsera, Caramonvevan, Estron, Livas, Mares, Cipro. Et in Africa ve nne sono 3 cioè Cairo, Tripoli et Algieri. Fra questi tutti ve si aggiongono il capitano del are il quale è belgerbei medesimamente di molte manni, et comanda a tutte le insule sottoposte al’Imperio ottomano. Io so di grande descritti li termini li quali reducono li stati di questo nostro vicino non solo potentissimo, ma grandemente sospetto a tutti, et hora non entrarò a dire alla Serenità Vestra quello che da tanto imperio ne cava il signore turcho et le interne conditioni suae. Ben conosce questo eccelentisismo senato per la prudenza sa, quanto difficil cosa sia il penetrare la vera cognitione della potenza delli stati, poiché ella non solo depende da sapere la grandezza de termini suoi, il sito, le fortezze, la quantità delle genti, de danari, de vettovaglie et molte altre simili conditioni, benché queste ancora siano necessarie ad essere sapute, ma restano come corpi senza spirito se altra qualità de vita non gli e darò, però questa interna cognitione di quello imperio e quella che io desiderarei che fusse hoggi dimonstrata a Vestre Signorie Eccelentisisme a fine che esse poi facilmente potessero in qualunque occasione valersene nelle potentissime deliberationi concernenti a questa patria et alla fideltà nostra. Saprà dunque Vestre Signorie Eccelentisisme che questo potentisismo principe così come possiede il grandissimo imperio già descritto da me, così supera ancora ogni altro principe nell’apparechio che tiene pagato in tempo di guerra et di pace, intertenendo 145 mila cavalli, 80 (mila) di quali sono distributi, come diressimo noi, in guarnigione nella parte d’Europa. Gli altri 50 poi in Agarda, questi sono quelli che le dimandano spachi da Timaro perché non vengono con denari pagati annualmente, ma se intratengano sopra assignamenti di terreni dati dal signiore con obligatione de tenere tanti cavalli al’ordine per occurrenza della guerra. Quanto importò la grandezza del Zimaro che gli è assignato. Perché nel’acquisto che fecero gli ottomani dello stato loro le impatronirono non solo de tutto il diretto, ma in gran parte ancora del’utile delli terreni, crudelmente distrugendo la nobilità et altro che li possedevano et quelli distribuiti {192v} poi a soldati in vita loro per stipendio di modo che sempre che hanno acquistato paese, hanno anco insieme accresciuto il numero delli loro huomini da guerra. Il beneficio che da questo ne riceve lo imperio può assai bene la Serenità Vestra compenderle, poiché sensa altra speza del denaro publico, la quale sarebe infinita, mantiene quel signore il numero così grande de cavaleria che a pagarla con il denaro non basterebono al’anno 15 millioni de oro. Et questa somma si fa anco assai magiore perché nelli altri timari sono descritti nel suo imperio, con gli quali intertiene molti grandi soldati della Porta, che tedioso sarebbe a racontarli. Questo utile tanto grande et questo trattenimento de tante genti da guerra non solo ritorna a beneficio del’erario publico, ma è ancora con satisfattione et utilità dei suoi soldati et maggiore siccurrezza del suo stato perché quando furono acquistati gli paesi, et fatto li estimi delli terreni riservati al signore alhora per le solite confusioni et disturbi di guerra saranno essi fatti Bassià per dare commodità alli soldati di trattenersi et stando pur al presente nelli loro libri descritti quasi le medesime estime poiché rare volte le alterrano, ma molto più accresunto il prezzo dei frutti, hora li spachi timariotti ne haggino la mitta et di altre tante di più di quello che gli è assignato, talché chi estimasse al presente giustamente gli frutti applicati a questi timariotti io crederei veramente che trapassassero 25 millioni de oro de entrata al’anno.

Hora vedrà la Serenita Vestra quanto grande sia l’utile che ne retrabe quel signore da questa instruttione. Et voglio che ne intenda ancora un’altra utilità, la quale non è minore et da questa istessa depende, è tanto insopportabile alli poverri infelici sudditi loro il governo de turchi come poi abasso dirò che tuttavia si va dischabitando et distrugendo tutti gli suoi paesi li quali io vederei che in molto pegiore termine si trovarebbero, se non fussero stati questi timari perché, essendo quei terreni bene proprii del signore et usufruttati da sebiani suoi, sono però alquanto collinati da essi, più respettati et non così aspramente tiranniggiati. Onde potentosi questi con minor male intertenere resta anco perciò il paese manco dishabitato. Da questi miseri ne riceve anco il signore altri utili, pagando essi gli cavalli ordinarii et di più li galeotti per l’armare et altre commodità solite di retrabere il principe da popoli. Talché par - {193r} mi poter dire che questa sola institutione de timari sia caggione del so stentamento di quell’imperio, essendo che dal frutto che da questo ne riceve, coll mantenimento delle genti da guerra o da coloni che habitanno il paese, può ascendere a 50 millioni d’oro intrata l’anno. La quale, quando non sostentasse con questo fondamento, crederei che per il cativo loro governo in gran parte sarebbe essa destrutta. A me è parso necessario che l’Serenità Vestra habia inteso discintamente questa parte a fine non solamente che la conosca, dove è appoggiata la grandezza di tutto quello imperio, ma ano a ciò che al presente nello suo stato provi simile obligatione se pur un giorno piacerà al Santo Iddio de indrizarme a miglior fortuna le attioni di questa republica per beneficio della sua santa fede la possa anco valersi de tanto commodo et di quello uso che vi è introdotto.

Questi Zimari sono compartiti in tal maniera che a quello che è obligato comparire con un solo cavallo alla guerra li vienie assignato un luogo da loro descritto per la antica estimatione di 3000 aspri che sono instamente 60 ducati d’oro, ma a quelli che li suoi Zimari ascendono in magiore somma sono obligati a 5000 aspri ut sopra a condure tanti cavalli alla guerra. Questi 3 aspri hanno de rendita, et in questi luogo li servono de suoi proprii schiavi con non poca utilità loro. Et in questo modo si vanno accomodando perché convengono a condur seco li turchi alla guerra per li bisogni loro molte provisioni, et perciò sono astretti a condurre ancor a servitori et animali assai. Ne sarebbe ingrata alla Serenità Vestra intendere gli ordini che vengono negli essercitii loro, ma vengo troppo ad allongare il mio ragionamento sola narrato sino qui, come quel signore intertiene 130 mila cavalli delli 145 mila che in somma ho detto havere nel suo imperio descritti, et hora che dico degli altri 25 che restanno solo li spachi della parte, pagan de denari contati della cassa del signore con soldo de 24 o 25 aspri al giorno per uno, secondo i meriti, et per dir meglio li favori che li procacciano a servitori o con donativi di havere, occorrendo andare alla guerra sono riconosciuti de un donativo de 20 per uno. L’armi de tutti questi sono una l’arma assai debole: la semitarra, la rotella et al armi con l’arco ancora et per difesa non hanno altro che ben pochi la celada, benché habianno la testa difesa dal suo dupilante. Oltra questo vi sono soldati a cavallo nelli quali ne si computano molti corteggiani et officiali della Porta. Li schiavi di ciascuno Bascià et altri huomini grandi, che tediose {193v} cose sarebbe a racontarle. Basta insomma di quello proposito haverlo detto che tutte queste genti sono sempre intratenute con li suoi stipendii, così in tempo di guerra, come di pace, talché occorrendo a questo imperatore fare guerra, non ha bisogni di accesere spesa alcuna per questo conto.

Non ha il signore turco altra militia da piedi che quella de gianizzeri, li quali possono esser da 12 milla et forse manco, non potendo anco mai valersi di tutto questo numero in una sola impressa, poiché necessariamente sempre ve ne sono compartiti in diversi luoghi. Questi sono ordinariamente tutti nati de christiani come dirò poi. Questa fantaria se assomiglia molto alle antiche legioni romane che è il principal nervo della militia turchesca, sì per la cernida che si fa delle persone loro, come per educatione, essendo essi sempre esercitati in diversi occasioni et tenuti sotto il maggior ordine militare, sono chiamati figlioli del signore. Vanno ancora questi corrumpendo le sue virtù et antica volontà, essendo che per favore è introdotto che molti figliuoli de turchi, non allevati con la loro educatione, sono condotti a questo logho, onde non nascono più in quella perfettione che erano li vechi gianigeri che hanno fatto le segnalate fattioni. Il soldo loro è di quattro fin a nove aspri al giorno, et sono pagati delli danari del casna et ogni tre mesi, sono divisi in squadre et hanno il suo generale aga. L’armi loro sono a arisibugio (archi) ben manegiato da loro. Questi poi divengono spiachi et vanno ascendendo di grado in grado fino che la bonna fortunna li può condurre.

Questo che già ho detto, sono le forze tutte che intertiene quel signore per li eserciti da terra. Et hora vegno alle maritime delle quali non si può negare che quello imperio non tenga maggiore provisione di qualsivoglia altro principe, perciò che nel suo arsenali si trovano al praesente 300 vascelli da remo, computandovi quatuordecie machone (maone), non parlarò di palandarie che sono minori vascelli de tragettare cavalli perché di queste sempre ne possono havere buon numero di fatte, et si possono anchora far presto et facilmente così come più anco con la medesima facilità può far fare molti altri capi di galere perché nel Mare Maggiore, dove la grandissima abondanza de legni mandano in quelli loghi comme el solito de fare, le mostranze di Constantinopoli ne faranno sempre quante voranno. Et il corpo delle gal - {194r} lere non li costano più de mille scudi l’anno, la quale maestranza si può dire che sono tutti genti christiane, poiché molti greci del paese intendono quel’arte et a questi ne si aggiongono molti schiavi franchi, li quali essendo conosciutti per maestri di queste arti, difficilmente possono sperare più la libertà, senza li quali di certezza havrebbono maggiore difficoltà, poiché questi non solo lavorano, ma anco guidano le armate. Il procede perché, essendo conosciuto lo Imperio ottomano un velocissimo torrente di persone vagabonde senza arte né scienza alcuna, et particularmente ignorantissime della navigatione perché non l’occorreno avanti l’aquisto di Constantinopoli sotto di loro già 155 anni bisogno alcuno de cognitione o forze maritime perciò non gli applicorno li loro pensieri, ma di poi il felice soccesso che hebbero di estinguere lo Imperio greco conoscendo il beneficio loro, cominciorno ad applicarvi l’animo, et essendo nudi di questa arte de necessità valenti degli huomini greci et poi delli franchi che gli capitarono in mano talché ne viene che nelle cose maritime li turchi non ne hanno li vocabili della lingua loro, ma tutti sono greci et franchi, onde anco delli medesimi schiavi che sono nelle catene si serveno in regere et guidare le armate sue. Di corpi adunque de galere et altri vascelli né possono, come ho detto, fabricare quanti vogliono et succeduto che quando li sia data sì gran volta al’armata in 6 mesi fabricorno 170 galere oltra quelle che si trovarno in essere atteso che essendo provveduta et scritta da me sù giudicato piutosto imposibile che veduto anco da poi che l’armarno. Ma così come non li possono mancare corpi di galere, così anco li mancanno marinari, officiali, bombardieri et così delle genti di difensione di mare ne hanno maneamento grande perché con la rotta che li diede la Serenità Vestra privo quasi a fatto quello imperio della militia maritima, la quale non si può facilmente rimettere come quelli di terra, essendo che queste ha bisogno de più tempo et maggiore esperienza. Nel’armata de una sorte de agenti che hiamano asapi, di questi pongono al numero di 20 per galera li quali serveno per rovieri et timonieri, mastranza, padroni et comiti, et quelli per il più sono intertenuti di continuo con paga et oltra di questi per buoni di spada pongono quanti gianizzari et spachi che li pare. Secondo le occorrenze et gli anni passati oltra {194v} quelle genti fecero venire sino dalli estremi confini di Persia una natione chiamata chaudi delli quali si servirno all’armata per huomini di spada. Ma così come questi sono stimati huomini feroci così anco nascono in Marc(?). Dagli huomini da remo ne hanno veramente mancamento con tutto che il loro imperio sia così grande et gli suoi commandamenti esseguiti con grandissima diligenza et severità, non havendo rispetto de alcuno delli suoi sudditi. Per queste cose grandi et continue armate del che tutto il suo paese estremamente si lamenta, poiché pochi di quelli che vanno servendo ritormano alle loro case, essendo quella quella gente malalta al mare. Questo ho conosciuto io che nel mio tempo ho veduto ritornare in queste volto l’armata quasi tutta distrutta, essendo che li turchi ogni invernata disarmano, il che occorre insoportabilmente al danno deli popoli, convenendo ogni volta che armano fare provisione de huomini il che ritorna anco in grave pregiuditio del servitio loro, essendo sempre le galere armate de gente nuova, inesperta et poco alta a regere il mare, onde ne procedeno che le militie che le distruggono e tanto questa gente abiecta et ville per essere tenuta bastantemente et in molta servitù, però de pochisima consideratione possono esser le galere armate di questa gente. Onde poco anco si deve estimare il numero, poiché possono essere cagione de più confusione che di beneficio massime hora che per la grandezza del Santo Iddio è levata non solo a turchi quella superba impresione che christiani non ardirebbeno sopportarli, ma al contrario essere al praesente gli animi loro talmente oppressi dal timore che non ardiscono afrontarsi con li nostri, confessando essi medesimi che le loro galere sono in tutte le parti inferiori alla bontà delle nostre, così de gente più atta al combatere come del’artiglieria, galleoti et di tutte le altre cose pertinenti alla navigatione. Et veramente è così perché non ardiressimo noi mandare sino in Istria quelli vascolti malconditionati et con armiggi pochissimi et molto tristi che essi mandanno in tutte le più lontane et maggiori fattioni, resti pur sicura la Serenità Vestra che in cotal armata, benché numerosa, non vi sono cinquanta bone galere delli schiavi delli proprii czaus et capitani, et tenendoli per fundamento principale delle sue richezze, havendone da essi utile grande, non gli voglione però arischiare thalché essi tanto maggiormente se retirano dal combatere quanto che conoscono il pericalo grande che soprasta per il timore che {195r} hanno della sollivatione delli loro proprii schiavi concluder aunque si può essere le forze loro maritime, benché in apparenza grandissime mentedimeno molto deboli, la quale così si può comprobare non solo per le cose hora dette et per la propria confessione, ma con la esperienza ancora che s’è veduta et osservata tante volte che non hanno havuto turchi in mare vento dove si sia stata monstrata la fronte così nelle generali armate come in altre occasioni minori. Queste forze che ho hora scritte da terra et da mare sono quelle che il signore turco intertiene, così in tempo di guerra come di pace, et così come in questa parte egli supra ogni altro principe, così di quelle che egli si volesse valere del suo imperio oltra le intertenute molti altri principi li sono superiori. Et che questa sua dibolezza è assai considerabile sarà bene che io ne venga a qualche particolare. Tutte le provincie del turco sono habitate da tre sorte di persone. Nel’Asia, nel’Africa da turchi, ma molto più da mori, così come in Europa la maggior parte sono tiranniggiati talmente et così distrutti li paesi loro che sì come dirò poi parlando di quel governo, et tenuti in tanta viltà et disperatione che non sarebbe meno pericoloso ad ottomani di valersi di loro. Il che essendo bene conosciuto da turchi non tengono però conto alcune de essi. Non può dunque signore far disegno di valersi de altra gente dello stato suo, salvo che di questa gente che tuttavia intertiene pagata, dalla quale quando per qualche accidente non fusse impedito, non si vede come havese a intertenere di nuovo cosa che a principi delle nostre parti non può succedere così facilmente per la commodità che hanno de paesi populatissimi et de gente atte al’armi et bellicose, et che toccando il tamburro correrebeno da ogni parte gli huomini alla guerra. Questi contrarii et degli altri ancora, di ciò dirò parlando di quel governo, fanno che essi medessimi vanno considerando le debolezze loro quando sono oppressi di qualche contrario successo, alhora deponendo la superbia et alegreza, confesano li avantagi che tengono christiani di miglior termini di combattere, sì nel defendersi come nel offendere lo inimico, nella qualità et modo di maneggiare l’artiglieria et molte altre cose che io lasciarò de dire, le quali per il vero sono bene state confirmate nelle fattioni fatte in Malta et Zighea, et sopra tutte le altre a quella così gloriosa vittoria venuta ultimamente dal cielo, et con la confirmatione venuta da poi di tanto maggiore {195v} splendore et gloria di questa republica, quando l’armata sola di Vestra Serenità l’anno seguente con tanto valore presentò più volti la battaglia con la metà, manco di forze che le loro. Et alhora fu così estrema la confusione et il suo timore che a quel timore et maturo giudicio, con il quale procedessero li nostri alhora, se vi fusse stata congionta quella cognitione che ben spesso suole essere incognita, del disordine infinito nel quale si trovava il nemico, certissima cosa è che mai sarebbe succeduta vittoria et maggior gloria, et insieme di più singulare beneficio alla republica christiana. Ne volgio passare più inanzi in referire quello che profondamento ho inteso da tutti communemente et anco dalli principali che si ritrovavano sopra l’armata turchesca della desperatione loro et certa universal ruina, ne dirò anco quello che si teneva in Constantinopoli da ogni uno che havesse con raggione a succedere da poi tanta vittoria, perciò che considerando la differenza dello stato del quale hoggi dì si trovano, a quello che di ragione si potrebbe discorrere de ritrovarsi hora ne apporta tropo dispiacere el travaglio. Ma per ritornare a quelle imperfettioni che loro medesimi conoscono et confesano ancora, benché lo imperio suo sia grandisso e di tanti regni sia anco debole dishabitato et ruinato in gran parte, essendo loro commune proverbio che dove il cavallo degli ottomani pone il piede in quel paese non nasce più herba. Et se bene sanno che se intertiene numero così grande de genti da guerra, come ho già descritto, nondimeno loro medesimi cognoscono esser molto diminuiti dal’antico valore. Perciò che nelli suoi principii soleva esser quella natione atta al partire et sopportare voluntieri ogni sorte de incomodo, poiché era gente povera et vagabunda, conditioni veramente che sogliono fare gli huomini industriosi et arditi a tentare qualsivoglia pericolosa impressa, movendosi ferocemente per predare, regnare come un vivo esercito delle armi col quale ben spesso sogliono gli huomini farsi una bona fortuna, et usando crudeltà e poca fede, hanno riddotto con tal mezo lo imperio loro a tanta grandeza. Ma hora che quella Porta col’occasione de tanti regni debellati ha convertite in se tante richezze altrui, non ha potuto ancor lei fuggire quella corrottione che solono esse apportare seco, essendo che niuna altra cosa mortifica maggiormente quella gloria che si può acquistare con l’armi quanto le delitie et comodità sì come da molte esperienze {196r} è stato conosciuto chiaramente. Io non entrarò più in raggionare qual sia al presente la dilitiosa et vitiosa vita de’ turchi perché troppo havrei da dire, bastami far sapere a Vestre Ecclentissime Signorie che così come essi già altro non desideravano, ch’el moto del’armi et la guerra, credete che gli principali et tutti gli altri ancora l’abborrivano grandemente et io ne posso esser bono testimonio, perché al tempo mio ho conosciuto chiaramente che molti per non andare a quella che Gismenti et di Alebragan, et ultimamente a quella di Cipro, et in altre fattioni fatte con la Serenità Vestra, faceveano grandissimi officii e grossi donativi, sì per fugire la speza et il pericolo, come per potere godere le delicie delle loro richezze, sperando anco più con la presenza loro adulando alla porta conseguire maggiore utilità et favore che col merito del’anni. Queste sono le forze che’l signore turco intertiene cotali sono le qualità loro quale io ho già descritte, et hora parlarò del erario publico. Così come a tutti gli altri principi è di molta consideratione il provedere danaro per l’ordinario intertenimento del suo stato et per lo estraordinario del bisogno della guerra, essendo che per mancamento di quello molte ne vanno in sinistro, così come si conosce a turchi sia succeduto disordine alcuno, tenendosi universalmente da tutti che le entrate di quel imperio superimo la spesa, sebene del giusto particularmente non me assicurò di poterne dare conto alla Serenità Vestra. La commune opinione è che quel signore habbia otto millioni d’oro de intrata et che sei solamente si spendino, et he dui ne vadi sempre avanzando. Cosa in vero par mi non potere comportare la raggione che tanta quantità d’oro si possa ritrovare, poi appresso o poco discorrendo si potrebbe conoscere che tenendone così grossa soma riposta, non si vede di dove tanta ne possa venire di nuovo, non havendo quel signore in tutto lo suo imperio miniere de oro se non debolissime et quasi de niuno momento et in confirmatione di questo dirò che da lui a suoi ministri molte volte sono usate parole contrarie a questa commune opinione che nel casna vi sia tant’oro accumolato però non voglio raggionare di cosa tanto incerta, potento bastare nel mio proposito de dire ch’a quel signore non sia per mancare il danaro, salvo che per la perdita che egli facesse del sua casna et di qualche notabile disturbo nello stato suo che le impedisse il riscudere le entrate, le quali consisterà per questo di uno di canvagi 2000000 et altri 3500000 de datii computandosi quello degli animali che’l rende 1500000 di miniere, 500000 et altri 500000 {196v} de fitti et libelli de bene. Caduchi de morti vanno al fisco 1000000 ne questo dov’era parere molto a quelli che conoscono che per il più le richezze private sono in persone forestiere come dire poi. Cava oltra questo il signore 170000 ducati de tributi et pensioni da diversi principi. Ma quando questi fondamenti mancassero non so per qual strada potesse quel signore così facilmente estrahere danaro, non essendo per ancora introdotto nel imperio turchesco. Altre contributione de danari ben è vero che se si risolvessero di procedere come nelle altre cose sanno violentemente potrebbeno massimamente in Constantinopoli prevalersi di molto danaro, dovendosi credere che in quel luogo ve ne sia ridotto grandissima quantità per le spoglie fatte da loro di tanti regni, et se io potesse hora discendere a molti particolari delle infinite richezze private, veramente crederà di essere poco creduto. Voglio però pur dire questo che Riustem Bascià lasciò di facoltà la valuta di 15 millioni d’oro per quanto dicono quelli che parlano anco riservatamente affirmando che alla sultana, sua moglie, restasse mezzo million d’oro de entrata la quale tuttavia hoggi gode, et quelli che sapessero che le spese che lei tuttavia va facendo, non sarrebbeno lontani da questa credenza, per il che dicono fra le altre cose che edificiò uno aquidotto per spatio di quaranta giornate di camino per condurre una aqua per un deserto, per il quale passandoli pellegrini mussalmani che vanno alla visitatione della Mecha. Et la Serenità Vestra può ricordarsi con quanta instanza essa sultana mi fece scriverli che la fusse contenta di lassare estrahere 700000 libre d’azzale per fare solamente scarpelli et piccioni per tagliare alcuni monti per dove si conduce la aqua. Hora quali crede la Serenità Vestra che siano quelle di Mahamet Bascia poiché oltra gli infiniti donativi menori che sono molti ancora di 20 et 30 et anco di più di 50 mila ducati l’uno. Ma qui non debbo io hora allargarmi lasciando che da se medesime le Signorie Vestre Ecclentissime lo considerino, sapendo che non si fa mentione alcuna di grado o altra cosa alcuna di gratia o di giustitia in quello amplissimo imperio che gli ne sia riconosciuto molto abbandonamente aggiongendovi di più che ognuno per essere stabilito et accresciuto di honore et di utilità di tributo quasi di continuo. Unde si può quasi dire che sempre nella casa sua sia come un fonte d’oro. Della commodità poi delle vettovagle, così al tempo del - {197r} la pace come di guerra, le dirò che quel paese va tuttavia molto declinando per il poco ordine et per il mal governo in generale di tutto lo imperio, nel quale nasce per contraria causa la carestia a quella che nelli nostri paesi procede. Essendo che da noi per il crescimento de popoli et mancamento di terreno, non potendo quelli supplire alli nostri bisogni, nascono il mancamento delle vettovaglie. Ma nel loro paese tuttavia quella dishabitandosi, né volendo i pochi popoli che vi restanno coltivare più di quello che per il proprio uso loro, li bisognia, conoscendo essi che il sopra abbondante per forza da turchi gli è stato tolto, non vogliono più lavorare per li abbondanti et fertili terreni che possedono, onde ne nasce il mancamento. Vero è che per li bisogni publici in tempo di guerra sono lati le severissimi esecutioni delli galiardi et efficaci commandamenti sensa haver rispetto alcuno alla destruttione de miseri popoli, che con infinito loro danno li fanno condure quella quantità che vogliono sino dove più li piace. Et a questo proposito de strumenti io non sono mancato, con oportune occasioni raggionando col Bascià, farle conoscere che quelli che erano al governo già alcuni anni di quello imperio, havendo fatto le perhibitioni galiardissime che non si lasciasse estrahere formenti del paese di quel signore per condurli in questa città, havevano fatto che in queste nostre parti l’huomo se habia industriato di maniera che di alcuni terreni paludosi et dove l’aqua continuamente li coprivano tutti hora l’havevano riddutti fertilissimi posessioni delle quali se ne cavava tanta quantità di grano che suppliva al nostro bisogno, onde noi gli dovevamo havere grandissimo obligo, poiché erano stati cagione che hora habbiano il grano in casa nostra sensa a dimandarlo né corcarlo da altri et tanto oro che si mandava in Levante per questo effetto, resta tutto dentro dello stato nostro, al che in Bascià aperse molto le orechie volendo intendere alcuni particolari sopra il modo che si haveva tenuto in bene sicare quelli terreni, et così come alhora per altri rispetti non conveniva fare altra richiesta così al presente si potrebbe procedere, con altri termini, tutti ad ottenere, tratta per ogni quantità de fromenti. Havendo sin qui ragionato della grandezza et sicurtà di quello imperio. Il quale non è fortificato in parte alcuna, di quel modo che si richiede all’uso della guerra, il che forte procede {197v} per la poca cognitione che hanno del fortificare, per l’avaritia sua naturale, ma forse più si deve credere per la loro propria ostinatione, confirmandosi molto nelle forze che essi possono mettere in campagna che si persuadeno non haver bisogno de altri ripari sì come de quelli che hanno dominato l’Oriente. Onde quel stato resta sensa fortificatione, la quale sarebbe loro tanto maggiormente necessaria, quanto tutti li loro popoli, loro suggetti li sono nemici, et massimamente in quella parte che risguarda al’Oriente, la quale non solo confina con li principi christiani, ma anco è habittata tutta da genti della medesima religgione, così come non le manco habitata da genti anzi nemica tutta la parte di Levante poichè et quelli che sono turchi sono della religgione persiana et li mori hanno anche essi molta diversità nelle leggie, come quelli della porta come qui a Basso se dirà poi al che aggiongendosi la miseria et viltà, nella quale sono tenuti, non può il signore aspettare altro di loro, che con la occasione guidati da animo desperato che tal volta suole anco negli animi vili ponervi l’ardire moversi a qualche notibile pregiudicio di quello imperio poiché gli mancono quelli principalissimi fondamenti che già ho detto et questo mi bastarà haverli esposto per la prima parte aspettante alle forze venendo hora a quelle del governo.

È cosa veramente degna di molta consideratione nel conoscere le richezze et il governo et insomma che il stato di tuttto lo Imperio ottomano sia fondato et posto nelle mani de gente tutta nata nella fede di Christo, la quale per diversi modi è fatta sebiana et tramutata nella sua setta machometana, onde chi andarà intieramente questa più principalissima consideratione trattando, venirà più facilmente in cognitione del governo et natura de turchi. Et per lasciarmi meglio intendere, descendo sopra questo proposito benché brevemente a qualche particolare et dirò che tutta questa gente christiana, la quale è hoggi di admessa sola a qualsivoglia grado dal minore al maggiore, è condotta a Constantinopoli in due modi: l’uno è che essendo solito in quella porta di mandare quasi ogni anno nel loro paese a fare una scolta de picoli giovaneti, figliuoli de christiani, pigliandoli con inaudita crudeltà a viva forza da mano delli padri et madre. Et condotti in Constantinopoli, li fanno entrare nella loro religgione con persuasione di grandezza et commodità, et quando non ha luogo tal persuasione, usano alhora tirannicamente la forza, retagliandoli con la sua voluntà. L’altro {198r} modo è che nel’aquisti di provincie e stati o per via di prede per terra o per mare fanno molti schiavi, et quelli che sono di tenera età medesimamente sono indutti a farsi turchi con le predette vie de quali molti ne sono presentati al gran signore. Di queste due sorte di giovaneti ne vien fatta un’altra scelta di quelli che sono di più bello aspetto, et che hanno migliore dispositione de vita et di più bella forma di corpo, li quali sono poi posti in diversi seragli del signore dove che con vane educationi che longo sarebbeno a nararle sono nutriti questi di tempo in tempo. Crescendo ottengono gradi maggiori secondo il valore che dimonstrano et il favore della loro buona fortuna possono per questa strada pervenire al supremo grado di primo viser poiché di questa et non d’altra sorte de gente a tal grado pervengono. Ma quelli che restano fuori di questa ultima scelta con educationi più servili et di maggiore fatica, sono nutriti in diversi essertilii, essendo sempre per il habito loro conosciuti per schiavi del signore, et di questi pervenuti all’età di XXV anni fa la scelta dei gianizzeri, li quali sono il principale et solo fondamento della militia da piedi. Ma di questo che ho già detto essere presi quelli che sono in età virile <et che persistono in constantia nella religione christiana, con misera vite ripena de> ogni calamità, serveno infelicemente con la catena al remo, in armata o in diversi altri famosi essertili, con infinito utile del suoi patroni, essendo principal richezza de turchi questa de’ schiavi, essendo che gli affitano, hora a questo hora a quello, altro con molta utilità. Altra sorte de gente non è admessa per l’ordinario, nelli honori et stipendii, salvo che la sopradetta tutta natione christiana, ben vero è che a questo tempo con corruttella e scandalo sì vario introducendo con favori gli figliuoli de’ turchi, cosa che per opinione mia sarà di non poco malificio a quello imperio, et molti si dolgono di questo, disordine, ne possono patire, che ne anco uno figliuolo de primo viser sia fatto San Giacco per favore et con tutto che alcuni arrivano a questo segno, li descendenti loro, vanno talmente declinando che restano a fatto privi de ogni minimo grado onde ne nasce che mai tra di loro resta né nobiltà, né cognitione alcuna delle attioni del mondo, né richezza, essendo le facoltà loro sempre usurpate da altri grandi con varii et sotto diversi protesti. Per questa causa dunque sempre vi è introdotta a quel governo gente nata ignobile, inesperta, abiecta, servile, priva per propria natura di cognitione di governo, di giustitia et di religgione, nutrita solamente con affetti carnali, ripiena d’lussuria, di avaritia, et supratutto di arroganza et di superbia potendosi questi maggiormente {198v} ampliare in loro per le tante prosperità che li sono succedute. Da queste conditioni potranno le Signorie Vestre Eccelentissime da se stesse andare considerando le altre qualità loro, come habbia da essere stimato honore, osservata la fede et administrata giustitia, essendo che le subordinationi, la violenza, la tirannia, sino le naturali loro conditioni, le quali però sono bene da essi medesimi conosciute, affirmando che questi discordini impediranno la conservatione di quel imperio, il quale non potrà mantenersi ancor che da altra potenza straniera non fusse sottoposto. Di tal governo, et di così amplissimo imperio, è collocata hoggi la suprema potestà di Sultan Selim Ottomano. Il quale per successione di sangue, in questa casa nel spatio di 270 anni che cominciò a regnare il loro primo impreatore con perpetua felicità, è venuto in quella grandezza che hora si trova, havendo questi ottomani, successivamente con la buona fortuna, et con la forza del’armi, con gli inganni et con esempio di estrema crudeltà così nel’altrui, come nel proprio sangue conservata et unita la potestà et la grandezza di tanto imperio in una testa sola che 7 anni sono che questo presente imperatore entrò nel posesso di questo stato per la morte seguita del 1566 di Sultan Suliman, suo padre, quando che con così potente essercito combateva Zigett in Ungaria, principe veramente stimato tra gli altri imperatori ottomani per la rinascita dell’ingenio, per la giustita, et liberalità et finalmente per gli aquisti tanti importanti che fece in 24 anni che regnò con tanta felicità. Delle quali laudabili conditioni non viene già detto, né anco delli proprii musulmani che de alcuni Selim ne sia stato herede, benché de tanti regni sia restato possessore.

Questo principe è di statura più tosto piciola che altrimenti pieno di carne con facia rossa et quasi più tosto infiammata con quardatura alquanto spaventevole di età di 15 anni a quale è commune giudicio che pochi ne habbia aggiongere per la vita che tiene, ma diversa di questa è quella di Sultan Murat, suo figliuolo di 27 anni, poiché essendo per quanto se intende, tutto dedito alli studii delle leggi et di modesti costumi, con animo virile et applicato alla professione delle armi, dimonstra più assomigliarsi in questa giovenil età al vechio suo avo stimata da tutti come ho detto temperatissimo, che alla incontinentia del padre. Oltra questo figliuolo il gran signore ha tre altri di tenera età nati, gli ultimamente essendo morto quello che li naque quando venne al’imperio, et dui altri picco - {199r} lini morsero pochi mesi sono. Iudico non essere necessario di dare conto alla Serenità Vestra di altre conditioni de questo signore poiché molte d’esse sono notorie, et qualche altra dirò in più oportuno proposito. Et mi bastarà haverli detto che in questa persona sia collocata l’assoluta potestà di quello imperio ma la somma del universal governo e tutta posta in quella di Machemet Bascià, suo primo visir et se a questo Bassà la brevità del tempo non si restringesse, mi allargarei molto volentieri in raccontare le forze non sensa maraviglia di Vestre Eccelentissime Signorie come possibil sia che tanto peso riposi sopra le spalle de uno solo huomo poiché in quel governo non n’è altra orechia alle quale pervenghi tutte le proposte et risposte delli ordini, tutt gli avisi, tutte le novità che segueno in tanto numero de regni soggieti a quello imperio. Oltra di ciò distribuisse lui solo quasi tutti li gradi carichi, et honori di quello stato, signore delli quali si può dire che infinito solo ascolta, consulta et risponde alli ambasciatori quasi de tutti gli principi del mondo, et tanti altri ministri de suoi regni, solo provede et ordina, tutte le cose et massime le più importanti et in somma passano per le man sue tutte le cose civili et criminali et di stato nelle quali altro consiglio non v’è che la sua sola testa, sicome qui appresso le Signorie Vestre Eccelentissime intenderanno. Chi potrà dunque con raggione comprendere et come basti il tempo tante et così diverse attioni et come in possa essere tanta intelligenza che a così importante governo supplisca ne perciò è mai impedita l’audienza qualsivoglia, ancor de minima persona, ad ogni suo commodo et satisfattione sta il Bascià patiente né stracquo in queste fatiche, nelle quali mai manca rispondere gratamente non se insuperbisce per la suprema dignità che tiene nenemo per essere genero dal signore il quale li deve restare molto obligato, poiché li conservalo imperio che facilmente poteva tumultuare alla morte del padre sotto Zigett facendo questa operatione con tanta maraviglia del mondo. Questo è ben noto alla Serenità Vestra che religioso, sobrio amico della pace, non vendicativo, non rapace et in fine dà a tutti quella universale satisfattione che più si può, poiché giamai è possibile sotisffare a ognuno, e semo di buona complessione di grave presentia, grande ben formato di corpo et di ottima memoria. Ha la moglie giovane assai bella e con tutto che egli sia de 65 anni si fa però più giovane et ogni anno fa un figliuollo, ma tutti li moreno. Il signore l’ama et lo stima et con tutto ch’egli faccia ciò che vuole, dove però conosce esser con - {199v} traria la volontà del signore pur è quasi impossibile di credere con quanto timore et rispetto procede anco in ogni minima cosseta temendo lui che per la natura del signore alta ad essere tal volta mutabile per molti accidenti et per le calunnie che gli possono esser fatte dagli altri Bascià emuli suoi non li succedi qualche improviso sinistro. Da queste sospetto mosso, lui procede sempre timidamente et è di continuo molto travagliato. In questa sola persona è collocata dapoi il signore la suprema autorità di quel governo, essendo che gli altri Bascià che sono cinque, sopra li quali non mi estenderò di raggionare, poiché ad essi non è licito ne ardiscono ingerirsi in qualsivoglia cosa et si può dir che la lor sia dignità senza carigo non parlando mai per l’ordinario al signore. Uno che cavalcando tal volta Sua Maiestà il che è ben di raro et solo in qualche importante deliberatione facendosi Arach Buen che vuol significare consultatione a cavallo overo anco quando va alla moschea a fare la oratione alhora a beneficio suo chiama separatamente a se ad uno ad uno quelli Bascià che più li piace raggionare seco solo, adunque in questo modo gli altri Bascià portanno al grande signore. Ma il primo visir il quale non solo li parla nelle predette occasioni, ma essendo ordinario far si ogni settimana quatro giorni il publico divan che vuole significare audienza publica, dove vi assistono non sono tutti gli altri Bascià, ma ancora gli altri principali ministri di quella porta et espediti prima gli negotianti, entra poi il primo visir et da conto a Sua Maiestà di quello che più li piace non havendo arditamente niuno degli altri pur con una minima parola contradirli et il signore non ordina alhora quello che li piace, ma ordina a Machamet Bascià la somma di tutte le cose et non v’ne altra audienza. Anco esso primo visir non può raggionare con signore solo che Sua Maiestà lo manda a chiamare a qualche giardino, il che però è rarissime volte non essendo costume né permissione che in altra maniera lo possi pur vedere tanto, usano gli Imperatori Ottomani stare retirati dalle prattiche delli huomini non consversando quella maiestà con altri che con euunuchi, pagi et dame le quale persone tutte prive a fatto della intelligenza delle cose del mondo, essendo alle volte ristrette in quei seragli, dove non hanno mai commercio né prattica alcuna con altre persone de fuori, poiché mai è permesso né anco al primo visir sopra il quale sta appogiato tutto il governo de quello imperio di potere entrare nel seraglio del signore. Bene occorrendo cosa di trattare negotii a tutte le hore col mezzo di sue polize ch’el arz adi -{200r} mandano, il quale per poliza medesimamente è risposto subito dal signore. Ma perché de simili ordini la Serenità Vestra ne è già bene informata, non passarò più avanti bastandomi nel proposito mio haverli sin qui demonstrato che tutti li affari che si ridicono assolutamente al primo visir, il quale è talmente geloso di questa preeminenza che se alcuno tentasse per altri mezzi sensa sua intelligenza per havere qualche grande o altra speditione, lo sdegnarebbe in modo che poco di bene potrebbe sperare delli negotii suoi et questo non solamente lo fa perché li piace che ogniuno da lui dependa, ma più per il timore che tiene che altri non se introduchino sotto diversi mezzi in fare previdiciali officii a suoi proprii interessi. Depende adunque da questa persona lo universale governo di tanto imperio. Vero è che nel regimento di stato, essendovi sempre quello di religione et principalmente questo de’ turchi perché essi di quella non si vagliono, non solo nelle cose appartinenti alla setta loro, ma nel governo di giustitia et di stato. Ancora parmi necessario dire brevemente nel proposito mio qualche cosa. L’imperio dei turchi non ha altro ordine né altra legge che regolano giustitia, il stato et la religione salvo il suo Mimano perché così come l’armi et le forze sono tutte riposte in mano de gente tutta nata christiana, come ho già detto, così questa della legge e tutta solamente tra quelli che sono nati di turchi li quali allevanno li suoli figliuoli nel servitio delle moschee imparano alimano dove poi venuti in età sono questi creati cadi delle terre essendo come podestà li administrando la giustitia, benché le essecutioni resta in mano chi manegia l’armi, ma per venir qualche altra conditione della loro religgione dirò chi con tutto he ben siano quelli che tengano intieramente buona religione mahometana et che ma anco sia divisa fra di loro e opinione come dirò con tutto ciò sono turchi osservanti nelle estrinseche apparenze perché pochissimi sono quelli che vi vietano li loro ordini et niuno lascia il suo ordinato digiuno de un mese ogni anno. Tengono li mahometani per capo principale della loro relligione il must, l’ellettione del quale è fatta del signore, ma di persona stimata de intelligenza, di bontà di vita sopra ogni altra cosa. Questo must è appresso di loro in somma veneratione et ti tanta autorità che quando è fatta di lui una decisione ne anco il proprio signore la vuole rompere se ingerisce lui in qualsivoglia materia o sia civile et criminale, et di stati ancora in modo però che da lui non se intrometta a commandare, ma è in libertà in ogniuno. Quando l’occorre {200v} qualche difficoltà con farne quatro parole di narratione del fatto sopra una carta conpartito ad esso must, il quale poi con buona risposta la quale loro chiamano colsune. Dal giudicio suo questo zeffa (fetva) predetto poi dalla parte del giudicio ordinario et di là terminata la causa conforme al zeffa et per la narratione del fatto sopra la quale esso è fondato contine la verità. Nelle cose di stato poi servendosi il signore del’autorità di costori per monstrarsi giusto et religioso li dimanda col predetto modo, la sua opinione sì nella deliberatione de una guerra come in altre occasioni appartinenti all’imperio per potere con questo mezzo della religione disponere tanto più prontamente li sudditi a quello che li piace. Ben è vero che il Must, adulando il principe secondo il solito, adherisce a quella opinione dove conosce lui inclinarsi mutando anco tal volta la sentenza sua secondo le occasioni di modo che questo anco non sarebbe infruttuoso instromento in molte occasioni de disponere anco la volontà del signore più in una che in un’altra parte, se bene mi ricordo havere già scritto alla Serenità Vestra quando il signore haveva determinata la guerra di Cipro et conoscendo alhora il Must questa sua volontà, si accommodò a darvi il suo voto approbandola per giusta, ma aspettandosi poi Cubal ciaus con la resposta della Serenità Vestra, con speranza di qualche trattatione de accordo sì como sono diede alhora con quella espeditione commodità et intermissione alla Serenità Vestra di poterlo fare, così parendo a lei et conoscendo il Must tale essere anco la volontà di Mahemet Bascià, inclinando alla pace. Nel quale tempo facendo io con detti et opportuni mezzi, buoni officii con esso Must per tenere le cose disposte a qualcunque partito che havesse piaciuto la Serenità Vestra de inclinarsi se andò esso Must accommodando non contradicendo a questo che haveva detto prima, ma di nuovo aggiongendo che’l signore era tenuto maggiore prima a sollecitare li mori di Spagna oppressi da christiani con estremo pericolo che alla impressa de Cipro mossa per causa manco importante et parlò lui con il Must in tali modi galiardi che io credo che al’instanza del Bascià andò trattenendo il signore con questo obligo che hebbe ardire di dire che non seguitando Serenità Maiestà Mahomet l’haveria posto in tanto pericolo di non havere atteso alla difesa de suoi sudditi, passando ancora a parole più galiarde. Alhora esso Must mi fece intendere che al ritorno di Cuball, ciaus se accommodarebbono le cose sperando che la risposta fusse tale {201r} che aggionta a lei la inclinatione di Mahamet Bascià alla pace potere ridure il signore a qualche accordo. Ma risoluta risposta di questo Serenissimo Dominio tronco a fatto tutti i pensieri d’accordo et li risolsi al’armi et alla guerra. Ma ritornando alla loro religione, dico che con tutto che ella sia hoggi di tanto ingrandita quanto è ben noto alla Serenità Vestra, la saperà anco che ella si trova divisa in molte varie opinioni ma questo non è solamente negli ottomani, persiani et arabi, ma nel proprio imperio turchesco con li medesimi suoi sudditi divisa et separata et si può dire che quelle opinione che tiene hoggi di inapparenza la porta ottomana sia solamente poca parte di loro rispetto a quelli turchi che habitanno Europa, poiché nel Asia, et tutta l’Arabia adheriscono intrinsecamente alla opinione persioma (persiana), benché con li mori di Soria et di Egitto vi sia qualche differenza con li persiani, ma bene molto disseparati dalla turchesca, il che è il grandissimo spavento alli ottomani dubitando loro che in occasione di guerra, con li sophi potere in qualche parti nascere facilmente qualche sollevatione, ma oltra tutto questo è intrato in questo imperio et massimamente nelle parti di Europa habitata da christiani, un’altra pericolosa opinione, la quale se ascolta assai alla nostra, poiché predicano Christo per Iddio et Redemptore et ha fatto impressione tale, che al tempo mio dette occasioni, di quelle così galiarde essecuttioni che già mi ricerdo (ricordo) di havere scritto con molta instanza di quelli che furono fatti morire affirmandosi che molti grandi del paese erano nella istessa opinione, et si fu quella gente incapace di raggione entrana un giorno una sollevatione, per questo conto potrebbe facilmente prendere galiardo piede. Ma per finire questo raggionamento della loro religgione, dico che essi si vagliano nel difenderla, con dire che essi non disputano con infideli salvo che con la spada, contra quali li è comesso che sempre debbiamo guerreggiare sino che li sottometterenno alla loro obedienza, facendoli fare mahometani overo facendoli tributarii. Li prohibisce ancora a non restituire mai luogo che prendano con la spada, dove habianno fatto le loro moschee et dette le orationi valendosi sempre questa natione in tutte le attioni sue de tali termini con li quali le ingradisce l’imperio. Non può bene con la prudenza sua conoscere questo Eccelentisismo Senato quali possono essere gli intimi pensieri di costoro adombrati di zelo di religione per indurvi {201v} in questo modo il popolo a sostenere gli incomodi delle guerre il che sì come gli è di profitto così gli è tanto maggiore pernicioso al governo di gente tanto rapace quanto è quella che già ho scritto poiché ha condotto tutti li miseri popoli ad estrema desperatione, li quali sono sforzati a disiderare la ruina di quello insopportabil dominio sì como può havere conosciuta la Serenità Vestra la desperatione di quelli di Croatia nel’occasione di quella guerra, et voglio che la intenda ancora che quando per l’aquisto di così gran vittoria che fu concessa dal Signore Iddio, mancando alhora a quello imperio il modo di pagare li turchi, essi medesimi si lasciavano intendere che si sarebbeno accommodati voluntieri ad ogni risolutione, sperando di havere migliore conditione sotto in governo de christiani. Et si deve anco credere che del medesimo animo siano li mori della Soria et del’Egitto, poiché pur se è visto per li mali trattamenti de’ turchi et quelli del’Asia ribellati et quelli in Africa se aderivano più voluntieri a christiani che a turchi et pur sono tutti mahometani, tanto è sopportabile il procedere loro. Perché ad altro non attendeno che alla dissolatione delle provincie et delli regni, et se il tempo in questo luogo mi concedesse che io potesse venire alla narratione di quello che per 500 miglia di paese ho veduto il misero stato nel qual si trova la Traus, la Servia, la Madeconia et la Grecia, regni già tanto ripieni di nobilissime città nelle quali fiorivano le arti et le scientie, et tutte le virtù et molte altre provincie ancora, che a questa conditione se ritrovano per li loro et nostri peccati, et abusioni de principi christiani. Mi rendo sicurissimo che tale raggionamento non passarebe senza lachrime mosse della bontà de voi padri ottimi, svegliandosi anco gli pensieri de casi nostri, essendo ridotta la christianità et particolarmente il gran pericolo che sopra sta alla felice libertà universale d’essere appresso da gente tanto fiera et inhumana, la quale ad altro non attende che alla estirpatione de nobili, et a total distruttione de paesi soggiogati da loro. Vero è che questa forma di governo v’ha anco portato non poco utile per ingrandire lo stato loro, poiché attendono tutti li schiavi allevati vilmente, hanno potuto più facilmente mantenervi quella obedienza che tanto è necessaria alla conservatione de uno augmento di stato quanto nelli turchi fu sempre grandissime perché oltra l’essere loro allevati in stato così vile, et abietto v’è anco nel governo suo quel termine et pari de ogni altro vilissimo per la conservatione de uno stato, et questo è forsi {202r} più fra turchi che in ogni altra natione, poiché la speranza del premio et il timore della pena ha mirabilmente luogo fra di loro, essendo tutti schiavi de un signore dal quale solamente depende le facoltà, le vite et honori suoi, sì come dal sole prendeno vigore tutte le cose create, però non sperando salute alcuna de altra parte, involtando tutti gli pensieri a ben servire il suo signore che non è stimato essere schiavi suoi. Aiuta et favorisce ancora questa loro obedienza, la grandeza de confini di quello imperio, nel quale non concludendosi alcune particolari giurisdittioni, essendo come ho detto all’ultimo tutti schiavi. Però non possono quelli che comettono errore salvarsi così facilmente come negli nostri paesi fanno li delinquenti, et oltre la lontananza de confini si rende anco più difficile il fuggire, quanto che gli principi confinanti sono de religione et ancora assai nimici a turchi, li quali non aspettano i fuggitivi sicurtà alcuna. Per questa causa et non hanno luogo tra turchi gli homicidii et con tutto che tra essi ben spesso se ingiuriano et vengono gravemente alle mani, non si vagliano però dell’armi che hanno acanto, ma con le mani et con bastoni sfogano alhora i primi moti de suoi sdegni, ma passato quel puntto non ne tengono più conto alcuno. Questo mantiene tra popoli quiete ne succede tra loro queste asprissime inimicitie, che in nostri paesi vedono. Gode anco lo stato un altro non minor beneficio et sicurtà. Non lasciano che successivamente le famiglie de grandi restino al governo, perché non havendo alcuno né giurisdittione né seguitto per quel signore può essere quasi sicuro che dalli suoi mai nascerà sollevatione o ribellione alcuna, ne vi essendo persona atta a fare testa in simile occasione onde vi nascia che li Bascià et primo visir ancora che pretendendo esser stabilità la sentenza della sua morte sensa pensare al remedio di fugga a o de altra salute da se medesimo le pretentioni a loro dechiarate supplicio. [.]viene questo stato al presente un altro beneficio da questa destruttione che tuttavia ogni giorno facendo negli suoi regni, perché essendo hormai tanto inculto et dishabitato per tanto spatio di paese sarebbe di grandissimo impedimento a chi lo assaltasse con esercito terrestre, poiché quasi sarebbe impossibile il sostentarlo senza fare maggiore provisione di quella grandissima, che essi medesimi fanno quando gli esserciti loro caminano. Io mi sono allargato in demonstrare a Vestre Eccellentissime Signorie il governo di quello imperio, come sia tutto esposto in mano de schiavi nati christiani, parendomi di molta consideratione, a ciò che da questo comprendano quello che di beneficio {202v} et maleficio vi possono essi ricevere o per aggiongerli di più che con tutto che io habbia già detto et per qual modo di governo et obedienza che hanno il stato loro sia veramente sottoposto alle sollevationi, pur che disordinasse al quanto quel freno che hora lo mantienie forse tanto più facilmente caderebbe all’ultima ruina, il che potrebbe succedere per molti accidenti di morte naturale di quel signore o in altro modo lasciando uno o più heredi di minore età o per altra via che si potrebbeno introdurre, potendosi tenere per fermo che altra cosa indurabile quel grande imperio, alla total sua estirpatione, quanto la confusione in se medesimo, poiché non havendo molto di quel fondamento, che suole mantenere uno stato, come ho già detto, ma bene altre conditioni distrugerlo, si può giudicare che caderebbe assai facilmente, tanto più quanto che li principali Bascià ad altro non aspirano solo con invidia et rancore ritovar modo opprimersi l’uno l’altro perché oltra la natura, le invidia et ambitione che suole essere nelli principali ministri de un stato selli rapresenta hora a quelle maggiori occasioni di evitare le loro intrinsiche passioni, essendo 4 degli Bascià viseri congurati in matrimonio con figliuolle, sorelle et nepote del signore il che in altro tempo no s’eveduto, et havendo queste donne sempre comodità a loro piacere di parlare con S.Maiestà,essendo ad esse permesso l’andare liberamente nel seraglio girano il signore per la natura sua ben spesso dove più li piace in favore de loro mariti, cosa che mette in estremo pensiero Mahemet Bascià, il quale, essendo di natura timida, con tutto de sia de suprema autorità appresso il signore non ardisce però apena di far cosa, benché minima sensa notificarla a S.Maiestà temendo sopra modo gli emuli suoi, li quali con questi mezzi delle donne et altre conosce il Bascià doverli temere, potendosi trovare il signore talvolta in dispositione essendo tale che ne succedesse la ruina sua. Di quanto danno sia a quello imperio questo modo di procedere, ben lo può discernere da per se la Serenità Vestra, massime con quella esperienza che se veduta da poi che questo signore è venuto all’imperio, non occorrendo hora racontare quello che già particolarmente scrissi a questo Eccelentissimo Senato essere avenuto al mio tempo nella guerra di Giuran, et di Asdragura, et de questa ultima ancora con la Serenità Vestra nelle quali si è conosciuto chiaramente, quanti disordini siano successi per li odii che sono tra li Bascià et quanti machinationi habbiano essi fatte per levarsi {203r} l’uno l’altro li gradi, l’honore et la vita sì come si conobbe sur quella dishonorata privatione de Piali Bascià del capitanato del mare et anco al istesso nel viaggio di Cipro privandolo di Bascià visir, benché ne fusse poro dapoi in esse oltra di ciò l’’ordine già datto et mandato ad eseguire della morte di Mustassa Bascià et pur anco ricercato con singolare esempio di cosa tale non più seguita in quello imperio la privatione di Acmal Bascià et Caseim Bascià, visir l’uno et l’altro alla porta con terminatione di morte. Pur Acmal Bascià fu restituito nel grado et Caseim restò privo cose tutte, che dimonstranno chiaramente non solo li loro odii et rancori, ma la mutabil natura del signore combatutta et vinta dalle donne di questi Bascià. Parmi abastanza haver ragionato di quel governo, volendole per ultima cosa dire, che difficilmente se possa longamente reggere per tante imperfettioni sue già dette da me, però converrà fare mutabile mutatione, non potendo anco sostenerlo, quel fondamento sopra il quale hoggi se apsoggiano li giovanetti christiani, tolti volentemente da padri loro, poiché strugendoli turchi continuamente il paese come fanno, non potranno ricevere tanto per l’avenire che supplisca a questo suo bisogno talché ne guerra succede altro modo di governo.

Io ho trattato sin qui del stato, delle forze et governo di quello imperio, hora venirò a dirli in quale consideratione possano essere a quella porta gli altri potentati et la dispositione del’animo verso di loro, raggionamento solito da essere stimato dalla Serenità Vestra, come fondamento di molte cose importanti deliberationi, ma veramente non così facile poiché si può dire che questo in gran parte sia giudicato et discorso il che si rende più difficile nelle cose turchesce non essendo levata da essi quella raggione, sopra la quale sogliono fare gli huomini li loro fondamenti et pur dirò quella che ho potuto comprendere, et incomminciarò dal papa, benché di questo poco vi sia di raggionare, non vi essendo causa tra loro, ne de confinii, né de altro commercio non essendo appresso turchi il consideratione, né il stato, né le forze sue, ben capo della religgione, ma lo tengono che possa con l’autorità sua essere instromento di congiongere contra di loro molti altri principi con tutto ciò non è posto in consideratione. Però d’esso pontifice parmi poter fare di manco d’allargarmi, con altre parole de imperio ben conoscono esser le forze sue da per se molte debole, et essere così difficile unirle con quelle dei principi di Germania, essendo {203v} che non meno sono conosciute da turchi che da noi li dispareri di quelle provincie per la diversità tra di loro della religione et altri interessi, però così come per questo rispetto non temono di lui, così parebbe altrimenti quando hormai ponessero i christiani le perniciose loro diffensioni et attendesero a quella unione che apportarebbe somma sicortà et infinita gloria. Nel’opinione poi, che potesse havere quel signore di tentare alcuna impressa contra l’imperatore, parmi che si possa tenere che se non le sarà datta qualche occasione, non venirà seco a guerra aperta, sì per quelle raggioni che io ho già detto del stato, forze et opinione de turchi, come ancora per quelle altre del havere quel signore allargato tanto i termini così lontani dalli confini del suo imperio, et distrutti in modo gli suoi paesi che troppo se gli rende difficile assaltare lo inimico, poiché ogni minimo impedimiento che si gli fa incontra, sono necessitati a ritirarsi, come più volte se ne veduto occorrere à sultan Solimano, con poco utile e molto danno nelle guerre di Persia et Ungaria, et ultimamente a Zigelt dove vi lasciò la vita et ritornò alhora quello essercito con tanta giattura et danno che sino al presente se ne risentono. Unde si può credere che senza urgente occasione non venirà il turcho a guerra aperta con lo imperatore, ma contra di loro vi sarà sempre una susspetta et inquieta pace, nutrita da diversità della religgione et dalle emulationi del nome del’imperio, ma molto più de disordini che di continuo seguono alli confine, massime con la difficoltà de essi che pur tra loro sono ancora a piedi, le quali non senza artificio forse saranno sempre mantenute da turchi, essendo che da disturbi che nascono et ricevano essi utile, secondo la propria natura loro. Con tutto ciò la instabiltà di quella poca fede, la raggione che tengono nel suo governo, essendo solamente fondato alla loro mutabil volontà, non permette che se ne possa fare quel fondamento che con altri si potrebbe.

Del’amicitia che signore turcho ha col re christianissimo, non meno per la speranza di riceverne l’uno l’altro qualche reputatione appresso spanguoli, che per la lontananza dei stati loro sensa confini, ella s’è mantenuta, et non gli dà apperta la causa de alteratione. Ma da turchi non è fatta quella estimatione di quel che forse alcuni si persuadeno, essendo che ne anco nelle cose honeste non solamente non lo compiaceno, ma nelle giuste ancora con grandissimo torto lo offendono, sì per conto delli loro mercanti et altri trafichi, come nelle proprie cose {204r} apportinenti ad instanza degli hebrei Giovan Miches per un suo pretenso credito del re, fece il signore ritenere quelle navi francese, confiscando le robbe de tutti li mercanti. Et con tutto che il re dapoi ne facesse fare grande resintimento, non poté già mai ottenere né favore né giustitia alcuna. Onde scoperse il signore turcho l’animo suo più chiaramente, verso il re di Francia nel’ellettione del re di Polonia, poiché non volse mai favorire il fratello di Sua Maiestà nel modo che ne era ricercato, ne seppero anco li turchi fingere in modo questo loro pensiero, che non apportasse scopertamente mala sodisfattione a francesi et che non li desse occasione di dolersene verissimamente perché procurò il signore turcho, che polachi eligessero per lo re uno de essi medesimo, sicome Mahamet Bascià disse a me chiaramente che l’haveva aiutati con lo essempio del prudente governo di questa republica. È vero che entrando poi i turchi in estremo timore che la elettione venisse a cascare o sopra la casa d’Austria o nel Moscovito, alhora per minor male scrissero in racommendatione de monsignore d’Angiò, ma con maggiore mala sotifattione di francesi che se scritto non havessero, poiché oltra che le lettere erano assai frede, furono anco condicionate, essortandoli per primo a fare ellettione de un di loro medesimi, et ciò non succedendo, ricomandavano in tal caso il fratello del re christianissimo, et tratennero tanto questa espeditione, et forte con ordine al chiaus di tratenersi nel viaggio, che non giunse a tempo di farne officio alcuno, essendo che di già era seguita la ellettione nel fratello di Sua Maiestà Christiana, della quale elettione non ne fu anco a quella orta dimonstrata sotisfattione alcuna, con tutto che fussero levati da quel timore che quel regno non fusse caduto in mano de imperiali o del Moscovito, il che veramente sarebbe stato di grandissimo pregiudicio loro. Hora che francesi sono fatti confinanti al signore turcho, con tanta loro poca sodisfattione, et stante le occasioni che possono nascere della vivace natura di queste parti et della sueprbia et altereza del’altra, si può dubitare che fra quella amicitia vi possa occorrere qualche maggiore disparere che prima, et forse monsignore di Hax non sicurava di estinguerle, ma il conveniva lasciare ben stabilire il re di Polonia nel suo regno, li farà pro-{204v}-cedere più riservatamente. Del serenissimo re catholico, essendo suo perpetuo nimico, non fa bisognio parlare del’animo del’uno et del’altro, massime poiché il Signore Turcho deve esser maggiormente alterato per la presa de Tunisi et per il pericolo che gli soprasta a quella parte di maggior danno. Con tutto che turchi non monstranno de tenerne conto, però alla superbia et altereza loro, oltra il danno, deve premere l’honore et la reputatione assai abbatuta, essendo seguita quella perdita assai in tempo che il re catholico pareva più debole per gli grandi tomulti in Fiandra, per la separatione della lega della Serenità Vestra, et massimamente alhora che la Casa Ottomana haveva sopra il mar maggiore armata che mai per avanti uscisse da Constantinopoli, et quasi altretanto superiore a quella de spagnioli. Et pur ritornò essa armata in stretto, con tutto che non havesse contrasto alcuno, sensa anco tentare alcuna benché minima fattione, ma bene infamia di havere lasciato perdere un regno. Alle quali tutte cose aggiontevi la naturale inimicitia de turchi con spagnioli resta manifestissimo quale possa essere l’animo loro. Vero è che a quella Porta, doppo la conclusione della pace con Vestra Serenità, lo introdusse, come l’altre volte ancora, a raggionamento di tregua tra di loro, il che così come alhora non produsse altro effetto, così si può tenere che al presente anco con l’occasione della pressa de turchi punto pacificarla, se poco stanchi hormai li turchi da queste continue armate non designassero di riposare, poiché li bene conoscono che il re catholico difficilmente li potrebbe essere superiore d’armata, pur vedono questo tuttavia egli accresce le forze sue maritime con minore incommodità che lori non fanno, oltra che la impressa contra di lui che disegnano li turchi di fare, se lli vedono tutte ripiene de molte difficoltà, come bene sono anco conosciuto della Serenità Vestra sensa che io discorere altro.

Del regno di Polonia, essendo pervenuto nel fratello del re christianissimo, crederò che quello che ho detto di Sua Maiestà, con la consideratione che già ho fatta della sua elettione, debba anco servire a questo proposito. Di quel regno essendo unito al presente con li francesi et havendo per il vero forza assai potente di buona cavaleria, che tienie in quelle sue aperte campagnie, è molto stimato da turchi con tutto che anco essi per il medesimo rispetto possono daneggiare i polachi, per il che se intertengono destamente con quel signore, et tanto maggiormente, quanto havendo i turchi confinan- {205r}-ti, li quali con buona amicitia dependono della Casa Ottomana, temeno i polachi molto le incursioni loro, delle quali ne patiscono assai, poiché rubbano gran quantità degli animali e de huomini, onde a ciò che questi non succedi con l’ordine et favore de turchi, cercano mantenersi a questa Porta destramente, il che non è però freno al Moscovito, et poi appresso a turchi in maggiore estimatione per esser principe più potente, onde tratta le sue cose con gli ottomani galiardamente, confidandosi nella sua gente non meno bellicosa che è de gran numero, perciò che diccono havere 150 mila cavalli. Queste forze et la unione che ha col Persiano, sicome tartari l’hanno con li turchi, lo fa essere in maggiore consideratione, poiché la guerra con lui potrebbe anco mettere in modo quella di persiani, sì come al tempo mio si vedde chiaramente quando i turchi tentorno di fare un taglio al fiume Volga acciò entrasse nel fiume Tanai per aprire la navigatione alle armate loro nel Mare Caspio atte a daneggiare gravamente tutta la Persia, levandosi in questo modo quella incommodità che li suole apportare il luongisissimo viaggio di terra che convengono fare quando hanno da andare contra li Sophi, le quali con questa navigatione le reduceva in grandissima faciiltà di guereggiare con li persiani, l’arme de quali sono in altro modo temute da turchi, sì come hora dirò. Ma per concludore prima del Moscovito, le superanno che tra lui et il turcho hora non vi è pace né guerra, poiché in quella fattione che io ho già detto delli ottomani, tenterno di fare quel taglio, essendo essi stati discacciati do Moscoviti con l’armi, et fugati li turchi et molti restati morti che con picciola occasione potrebbeno ritornare all’armi. Ne voglio restare de dire che non porebbe salvo che giovare da tratenersi con qualche destro modo grato a quel principe, come io giudico che sicuramente si possa far, col mezzo de quale ancora si potrebbe havere sempre buona occasione de confidenza et amicitia col re di Persia. Ma tra tutti li potentate, così come esso persiano, benché sia incapace con li turchi, è il più odiato de tutti gli altri per la tanta importantissima guerra, sucessa tra quelli dui grandissimi imperii, così anco è in maggiore estimatione a quella Porta, non solo perché egli sia tenuto di maggiore forze et per li lungi confini che ha con li ottomani, et per la congrontione delle forze che può fare col Moscovito, ma per altra causa ancora molto più importante, lasciando da parte il racontare le difficoltà che hanno oggidì {205v} quelli dui imperii del guereggiare insieme per la grandissima instanza de luogi et per li infiniti deserti per li quali non si possono condurre esserciti, salvo che con grandissime provisioni. Venire a quelle avantagi che potrebbeno havere li persiani con gli ottomani, del quale essi tanto temeno. La Serenità Vestra sa quanta la forza ha la religgione nei popoli, così come in questi presenti tempi ce ha fatto conoscere con tanto danno della christianità, lei sa ancora che la leggie di Mahomet fu dapoi la sua morte interpretato da alcuni delli suoi discipoli, delle quali interpretatione sono nate più et diverse heresie, et la maggiore fu quella d’Ali et suoi seguaci, dalla quale hoggi dì sono li persiani chiamati da turchi per dispetto Cheselbus cioè capo rosso. L’opinione di quello Ali è tenuto non solamente da tutto l’Imperio persiano, benché tra loro vi sia qualche differenza, mi si può dire anco da tutte le provincie del’Imperio ottomano che sono benché questi per paura de turchi tengano detta opinione secretamente, li quali in procedere contra quelli che sono scoperti vi procedono temperatamente per il dubio che hanno di qualche tumult, et per ciò aggionto alle forze de persiani quello che da cosa tanto importante potesse succedere, essendo quelli popoli molto superstitiosi, stimati et perciò oltra le altre cause per questa maggiormente la guerra contra di loro, però io crederei che tornasse molto a proposito a principi christiani de ritrovare modo di havere continuamente bona intelligenza con li sophi, disponendo in modo di poterlo havere prontto quando occorresse, et non tardare a fare gli officii alhora, che è il tempo, et molti altri impedimenti non lasciano ricevere frutto alcuno per le molte difficoltà per introdurre prattiche tale per il che non possono havere buono fine. Qui potrei fare qualche altra consideratione per levare quelli rispetti che in caso tale alcuno potrebbe havere, ma la brevità del tempo et la prudenza di questo senato mi danno occasione di poterla per hora tacere, dicendoli firmamente che freno alcuno non può maggiore domare ogni insolente pensiero de turchi, quanto che essi conoscono esser bona intelligenza tra li principi christiani, tra il re di Persia. Potria, Serenissimo Principe, allargare simili considerationi sopra altre nationi, come tartari, greorgiani et altri nella Asia, reducendomi alli regni de Africa et deli alri confini di questo grandissimo imperio. Ma perché questo sarebbe raggionamento più tedioso che utile lo {206r} lasciarò da canto.

Per dar fine hormai a queste mio officio et mi ridurre solamente a dirli in quale consideratione se ritrovi a quella porta questo serenissimo dominio et in qualle modo si possa mantenere et accrescere in reputatione ancora. Non è dubio Eccelentissimi Signori che tra li altri mezzi con li quali si conservano li stati, due ne sono li principali: l’uno è le forze come vero fondamento, ma l’altre ch’è la reputatione ha tanta contrarietà in se, che ben spesso si vede che mancandola, restanno anco le forze anichilate e al’incontra, con il favore della reputatione prendono esse tanto augmento che li effetti suoi superanno le potentie maggiori. Questa reputatione si mantiene et accresce principalmente con il prudente negotio degnamente trattato, però a questo mio proposito sono tenuto dirli che se pur li turchi havevano in consideratione alcuna questo, dinanzi al rumpere della pace, et che quella circassero di mantenere alhora più appogiata sopra qualche loro utilità, che da reputatione o cognitione alcuna delle forze nostre, le quali potevano loro parere assai deboli, non havendo già molti anni corsi creduto cosa della quale essi si havessero potuto persuadere, chei noi fussimo per procedere seco virilmente, anzi aggiongendo a questo l’esser alhora fra tutti divulgato, noi non solamente non havere ardire de affrontarsi seco, ma di credere ad ogni suo volere. Questo l’era tanto confirmato dal modo di trattare i nostri negotii con tanto rispetto che a questo modo, dimonstrando noi di fare una estimatione maggiore del vero delle cose loro, con poca cognitione delle sue dobolezze, et al’incontro abassano più della verità le cose nostre, ardivano però con quel modo di negotio accresciuto della natural superbia di ottenere il regno de Cipro con una semplice richiesta. La qual cosa non si fu, per opinione mia, persuasa da altra occasione se non dal timoroso et basso nostro procedere, essendo veramente il negotio de turchi tale che come conoscono havere in piede sopra di qualche uno de ogni altra natione, lo vogliono superbamente calpestare, et alhora con mille indignità et danni se trattano le cose, sicome in altro modo seco procedendo, non meno con loro si può avantagiarsi che con altra sorte di persone. Et voglio pur dirle che nei mesi del mio bailato al Magnifico Bascià in una audienza che egli si volse ritirare da questo in un certo negotio mi haveva promesso, andò con alteratione introducendo et commemorando infinite parole di cose vechchie, non admetendo che io potessi mai risponderli trattando veramente le cose con molta {206v} indegnità, et io alhora, partendomi con segno di non poca alteratione, ne feci anco con Imbraimbei Dragomano grande resentimento che mi venne ad accompagnare. Questo mi gloriò talmente che dapoi mi richiamò il Bascià et con molte parole grate si iscusò, dandomi ogni sodisfattione, così in quello come in tutte le altre cose che io ho havute a trattare seco, che se io alhora non havesse proceduto in quel modo, havrebbe dapoi conosciuto la Serenità Vestra con quanto disavantagio et indegnità io haverei trattato li negotii suoi. Mi ricordo haverli scritto nei primi giorni che io arrivai a Constantinopoli che il negotio con li turchi era simile a chi giocava con una balla di vetro, che quando il compagno la manda con forza, non bisognia violentemente ribaterla nemeno lasarla cadere in terra, perché nel’uno et nel’altro modo si vene a romperla, et che però era necessario destramente prenderla et poi saperla rimandare, vivamente rispondere con furore alla superbia et ingoranza de turchi, come propriamente soffiare sopra il fuogo et sopportare poi con indignità l’arroganza loro, nutriendola con il negotio fiacho et debole, altro non era che accrescerne con le legne, ma con vivacità di cuore parlando degnamente se operava ottimamente. Io abondo in questa parte, poiché bene si conosce che questo aggrandisce un principe quella reputatione con la quale si trattano li negotii suoi, et per venire anco a qualche particolare del modo de negotiare con turchi, li dirò che certa cosa è che tra di loro medesimi è talmente posto in uso, et però tutta sua propria natura, ill donare, che niuno può ottenere cosa senza questo mezzo. Ma quanto al modo d’eseguire atione tali, questo è ben considerabile, non convenendo alli ministri della Serenità Vestra de usare quelli termii servili et abietti che fra di loro come schiavi usano, dovendo ad ognuno sensa frutto usar seco altri termini indegni per intertenerli, li quali non sono meno dannosi che vergognosi, ma facendosi doni con dignità ritrarne anco beneficio che così piace al Signore Iddio, che questi mezzi per tal fine se habbia da usare con quelle genti. Distinguerò adunque con due parole a chi et in qual modo si deve usare questa gratitudine. Sino a tre o quatro ministri a quella Porta per le mani deli quali occorre passare ben spesso per diversi negotii. Questi laudo siano intertenuti con qualche gentillezza estraordinaria, ma a tempo e con giudicio, nel resto quando agli altri, il tutto tengo indegna-{206bisr}-mente gettato, eccettuando però quando estraordinariamente occore qualche negotio di Vestra Serenità, che alhora si può secondo le occasioni governarsi. Però così come quando andai a Constantinopoli, cercai di levare alcune cose destamente, così dapoi servendome delle occasioni della guerra et riconciliatione della pace, ne levai altre ancora che apportavano, con poco infruttuosa spesa, con molta indegnità. Ma per non lasciare adietro quello che importa maggiormente, che il modo da tratenersi col Serenissimo Signore et Magnifico Bascià, et a questo proposito non voglio lasciare di referire quello che più et più volte mi ha detto et fatto dire esso Magnifico Bascià, la qual cosa non ho anco mancato di scriverlo alla Serenità Vestra, dolendosi assai Sua Maiestà che havendo fatto lo istesso officio, molte altre volte non siano mai stati uditi gli ricordi suoi, sforzandosi esso persuadermi che sarebbe cosa di molto beneficio a questa republica tenere con qualche gentilleza di poco importanza gratificare alle volte quel signore, et che basterebbe ogni piciola cosa, reducendosi a certi particolari quasi riduculi di due o tre veste, overo altre simili cossete. Queste parole replicatemi più volte con molto affetto, mi è parso debito mio referirle, poiché esso Bascià mi ha affirmato che con questo modo, tenendosi il signore grato, si conservarebbe maggiormente la buona amicitia, perché li darebbe occasione di non porger le orechchie a molte sinistre relationi, che alle volte sono fatte. Consideri di grande Vestra Serenità di dove dependono le importante attioni del mondo et sopra che havendo io havuta questa consideratione che si deve, ho giudicato servitio suo che la ne sia informata, potendo forse gli huomini non pienamente instrutti delle cose de turchi, difficilmente si discorreva che causa sì leggiera debba fare effetto alcuno, ma essendo uno quello che io gli ho detto che non si tratta cosa, per minima che ella sia tra di loro medesimi, che non vi concorrano li donativi, perché veramente questo s’è il proprio nutrimento de turchi, et che però il Bascià sia andato pensando, conoscendo la natura del signore di poterlo intertenere con questo modo grato et ben disposto, et che tanto maggiormente sia venuto in questa consideration, quanto che forse ne ha veduta quella esperienza in altri. Ne voglio restare de dire che in questo proposito che con tutto che Giovan Miches sia talmente odiato dal Bascià che spesse volte {206bisv} ha cercato di mandarlo in ruina, con diversi modi, ma ha però mai potu to farlo, intentendosi che più volte il signore l’ha escusato et difeso, il che per opinione de molti è succeduto, perché lui ben spesso si va gratificando il signore et altri di quelli principali agà del suo conseglio con alcuni presenti assai leggieri di varie cose da magnare, nel’appresentare delle quali prendono occasioni quelli agà di far officii grati con il signore, et con questo modo si mantiene contra la voluntà di Mahemet Bascià che l’odia destramente, dependendo lui da Piali et Mustaffa Bascià emuli et inimici di Mahemet Bascià. Et con tutto che questo essempio di Giovan Miches non sia considerabile rispetto alla Serenità Vostra, pur serve a farli conoscere che essendo il signore di natura atto ad essere grato con simile gratificatione da persone tali, et con la sotisfatione di Mahemet Bascia, può anco altro sperare di divertirlo con questa strada a molti humori. Ma quello che si deve considerare per ritrarne ogni maggiore beneficio e che sarebbe necessario havere persone nel seraglio che con amore servisse la Serenità Vostra et che con buona occasione et giudicio sapesse accompagnare il dono, con officii grati et amorevoli et in tal caso crederei che quello fusse di molto utile alla Serenità Vostra, perché conoscendo il Bascià et gli altri con buona dispositione il signore verso di lei, tutti gli negotii suoi passarebbono favoritamente. Vero è che la intelligenza che si havesse dentro il seraglio, sarebbe necessario che fusse in persone che depende essa dal Magnifico Bascià, ne pensi niuno di Vestre Eccelentissime Signore che attione tale dispiacesse a Sua Maiestà, così come forsi ad altri havrebbe fatto, poiché la natura del signore et la sua et altre conditioni del stato presente così ricercarano. Et si vede che esso medesimo Bascià ne fa instanza, oltra che il tutto si farebbe con il consiglio et parere suo. Questo poi mi ricordo di non ponerlo in oblivion, potendo parturire beneficio di somma utilità alla Serenità Vestra. Quanto poi a tenere gratificato il Magnifico Bascià, questo è cosa necessaria, ma il modo è bene considerabile, perché dandoli sensa occasione di servitio è come ponere la Serenità Vestra in obligo ordinario et l’aspettarne il bisogno, non è altro che promovere con indegnità che se lo facia nascere per ottenerne utilità compositione, il che quando di danno publico si a la Serenità Vestra, può da se medesima considerarlo. Dal primo di questi due partiti, non ne può reuscire altro danno che qualche più interesse della borsa, ma nel secondo non avanzando il danno {207r} primo si da occasione di accrescere ancora con molta indegnità tanto più li tranagli de turchi. Io ho voluto dire a questo luogo con longa diggressione tale cose per beneficio suo et officio ancora che ritornando al primo proposito della estimation, nella quale era la Serenità Vestra a quella porta sa comprendi, oltra le altre cose dette da me che trattando pel il più li suoi rapresentati compositioni di querela de tutte con molte insolenze turchesche vengono perciò a mettere con indegnità grande, per il che si tiene suffocata quella riputatione che di tanto splendore et beneficio a principi ne in questo vi è redemio più pronto quando con la buona dispositione del’animo del signore con la gratificazione del Bascià, usando alhora un degno modo da negotiare, dare occasione di troncare infinite querelle et hora è il proposito tempo di valersi anco con li termini tali, poiché è piacuto al Signore Iddio unificare con effetto tanto signalato il valore d’armi di questa eccelentissima republica appresso turchi et conseguentemente la sua estimation, per il che si deve permettere con possibil via di conservarla et augmentarla, nemeno con il prudente et con il vivo negotio. Di che in quello che ha saputo venire da me, sì inanzi come dapoi la guerra vi ho posto ogni studio et pensiero.

Dalla dispositione poi del’animo di quel signore verso questo eccelentissimo dominio et in qual via si degni di procedere seco, certo è che in questo l’uno può essere manifesto, quanto l’altro è pur nascosta. La divinità della relligione, la naturale commune ambicione de principi, la particolare superbia et insolenze turchesche, et può fare conoscere il loro cattivo animo, il quale tanto più è ultimamente cresciuto, quanto la gloria et riputatione ha aggionto questa republica et ha temuto a loro quel signalato danno che hanno ricevuto dalla rotta del’armata sua, onde maggiormente della superbia sono aiutati alla vendetta di tanta in famia, poiché non possono sopportare che tanto danno et quella estrema vergogna che più volte l’ha fatto l’armata di Vestra Serenità solo essempio di danno et vituperio alli ottomani, et tanto maggiormente quanto che giamai s’è uditta vittoria tanto grande. Dalle quali tutte cose et altre ancora, così come è facile giudicare l’animo loro, così si renderanno difficili che pericoloso sia l’assicurarsi che vi habbianno a conservare la pace ce o in tal modo siano da procedere perché noi prenderemo nel giudicio nostro la fede, il giuramento, et l’utile loro per fondamento di spe-{207v}-ranza ne potremo havere per esperienza fatta et sì sopra di questo non ci possiamo firmare, qual dubio maggiore si può havere delli loro pensieri, confesso che si può con raggione discorrere che si manteneranno la fede et la pace, perché essa li bonifica infinitamente l’imperio suo et l’assicura de ogni danno, da il dominio del mare l’aperta commoda occasio ne di aggrandire con diversi acquisti il stato suo, et illustra la gloria di quel signore in mantenere le parole sue. Queste vere raggioni furono ben conosciute da quel gran Sultano Mahemet et furono caggione di quella così lunga et buona pace tra noi, ma hora per esperienza veduta non poterne conoscere che queste raggioni siano per havere il debito luogo. Nemeno si debbono assicurare con il credere che il sospetto delle forze nostre, benché l’habbiano provocate non sensa loro ardentissimo danno et vergognia, tale solo per evitare la sua superbia ad ogni maggiore vendetta. A questo ne si aggionge per consideratione importante da essere bene riposta acanto al cuore delle Signorie Vestre Eccelentissime, che a turchi hoggi dì pare che se lli renda più difficile ogni altra impressa che quella con il stato della Serenità Vestra, con tutto che lei sia più alta ad unire molti principi contro di loro, che da essi siano più temute l’armi et massimamente le maritime di questa republica, et che la pace seco la leghi molto comoda. Poi in tutto queste considerationi si può contraponere che, alla poco raggionevole et molto superba natura loro, sia insopportabile in conoscere che questo stato che non è maggiore di quello degli altri suoi inimici principalmente sia quello che l’impedisce il progresso suo alla monarchia del mondo, essendo che come ho già detto hoggi dì, è ridutta la riputatione et forze delle armi nelle cose del mare, come queste due sole fanno contrasto et tanto più quanto che hora se le rende come impossibile a fare imprese de terra per la grandezza del’imperio et lontananza delli confini et sterilità de suoi paesi oltra le provisioni grandissime che sono sforzati di fare l’andare solamente et de ritorno con tutto che nel resto, le cose li succedessero con somma felicità, non possono ridursi a casa, salvo che con una tal ruina del’essercito loro, le quali tutte cose essendo hormai benissimo note a questo Eccelentissimo Senato, parmi poter fare di meno di venire a più distintti particolari. Quanto poi al’impresa di mare, non havendo quell signore confine, salvo che separati et lontani con altri principi, ne potendo vi condurre le sue forze di terra se non con grandissima incommodità {208r} et quasi certo pericolo, et persuadendosi che in ogni impressa che designasse di fare si contra il pontefice come contra il re catholico, ello sarebbe nel mezzo sturbato dalla Serenità Vestra. Per queste et altre raggioni che io lascio hora di dire, però crederò io che sarà non meno prudenti et necessarie risolutioni di quelli che cercano di conservare la pace con le galiarde et vive provisioni fatte oportunamente, tenneno per fermo che procedendo noi altrimente, essi non siano per perdere occasione di offenderci, et però è necessario rivolgere tutti li nostri pensieri et forze alla conservatione di questa libertà, la quale, così mantenendosi, è la più felice et più gloriosa che già mai sia stata, et tall’incontro, cadendo in mano de simile genti, che il Signore Iddio la guardi con la gratia sua, debbiano tenere sicuramente che niuna miseria et infelicità potrebbe essere maggiore che la nostra. Guardaci Iddio di tanta calamità, poiché tal pensiero fa così gravemente commouvere i cuori nostri. Questa republica naque apunto quando di già declinava lo Imperio romano, il quale con la forza dell’armi haveva prima unito a se tanti regni, ma per secondo uno naturale ordine di natura, quello cadendo intorno quelli a disunire puote dunque questo dominio mentre che duravano quelle divisioni, procedendo lentemente secondo che ricercava il bisogno de quei tempi haver commodità di ingrandire il stato suo, ma hoggi dì che si vene mutato questo ordine et tante provincie et regni, cadendo si vanno venendo all’obedienza de una sola monarchia, tanto a noi sospetta, et facendosi questo così grave pericolo ogni giorno maggiore, sì come da cento anni in qua con experienza, conoscemo quanto stato habbiamo perduto, deve perciò essere necessario così ricercandosi urgentissimo bisogno valersi delli più galiardi rimedii et di quelli che sogliono i più approbati media usare negli ultimi pericoli, privandosi anco di parte di quelle cose più care et più stimate da nostri per conservatione del restante. Ne ponemo di gratia tanta affettione da parte di queste nostre facoltà che tutte poi in un punto con somma infamia e con estrema miseria le perdiamo insieme con la vita et libertà, il potere sperare di potere mantenere la pace et l’assicurandosi della guerra da questo solo rimedio che bisogna preparare ad defendersi con forze et animo tale che se pur gli turchi designassero offenderci, come è più sicuro partito il dubitare, conoscendo che noi, con il favore d’Iddio, siamo prontti a proveder per defenderci. Questo solo et non {208v} altro partito può frenare ogni cattivo pensiero che havessero de offenderci, però con tutti li spiriti et forze nostre dovemo rivolgerci a questo singolare remedio.

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