Descrizione in italiano
NOTES CONCERNING ITALIAN MANUSCRIPTS (in Italian):
Cultura e lingua italiana come emergono dai manoscritti in lingua italiana presenti nella Biblioteca Jagellonica (alcune osservazioni generali)
(Roman Sosnowski)
Manoscritti romanzi della Biblioteca Jagellonica
La collezione dei manoscritti romanzi della Biblioteca Jagellonica, sebbene non costituisca un fondo separato, riflette l’importanza della cultura romanza (francese e italiana) nel processo formativo della cultura polacca. Il francese, in primo luogo, e l’italiano nel corso dei secoli sono state lingue di cultura in Europa. Sulla base di questa costatazione possiamo aspettarci due principali scenari: i cittadini polacchi usavano il francese e l’italiano nella loro produzione scritta e (secondo scenario) compravano all’estero (Francia e Italia, ma non solo) manoscritti che avevano una successiva circolazione sul territorio polacco, prevalentemente nell’ambito cortigiano e/o accademico. I manoscritti, risultati dei due scenari maggioritari descritti, spesso confluivano grazie a donazioni, lasciti ecc. nella più importante biblioteca polacca, cioè nella Biblioteca Jagellonica. L’insieme dei manoscritti romanzi che troviamo nella Biblioteca è una diretta testimonianza del forte, plurisecolare influsso della cultura romanza in Polonia, visibile a Cracovia a partire dal Medioevo. I futuri professori dell’Università Jagellonica, a completamento del percorso di studio, sceglievano spesso Bologna, Padova o Parigi rafforzando così i legami accademici tra la Polonia e i paesi romanzi. Non da meno sono i rapporti dinastici, prima tra i Jagelloni e l’Italia e, successivamente, tra i diversi re della Polonia e la Francia (p.es. Henri de Valois, Jan Sobieski, Stanisław Leszczyński).
Manoscritti italiani e la conoscenza della lingua italiana in Polonia dal XVI al XVIII secolo (alcune osservazioni)
La presenza dell’italiano nei fondi manoscritti della più importante biblioteca universitaria polacca, come emerge dalle ricerche, è abbastanza significativa sebbene non permetta di formulare giudizi univoci sulla presenza e sull’importanza della lingua italiana in Polonia. Per lo più i manoscritti italiani sono libri di provenienza italiana oppure scritti da abitanti della penisola appenninica che vivevano in Polonia. La loro circolazione era piuttosto limitata, spesso si trattava degli stessi ambienti italiani, con poche eccezioni di circolazione negli ambienti cortigiani e accademici. Tali manoscritti, grazie a donazioni, lasciti ecc. finivano poi nella più importante biblioteca polacca, cioè nella Biblioteca Jagellonica assieme ad altri libri e manoscritti reperiti da privati per i loro interessi scientifici e culturali. A ciò si sono aggiunti libri manoscritti di circolazione conventuale, arrivati in biblioteca solo di recente.
Sulla base dei manoscritti italiani presenti nella Biblioteca Jagellonica sarebbe difficile fare una sintesi efficae dei contatti italo-polacchi. Per quella come per delle analisi approfondite sull’argomento esistoni varie fonti: la letteratura scientifica sulla storia dei contatti italo-polacchi è vastissima e variegata. Nella riuscitissima sintesi della presenza degli italiani in Polonia nei secoli XVI e XVII Wojciech Tygielski[1] riannoda i vari fili dei contatti italo-polacchi in campi anche diversi tra di loro: storia politica ed economica, storia dei rapporti culturali, letteratura e influssi italiani, arte e architettura. Dove non arrivano le sue considerazioni e acutissime osservazioni, fornisce riferimenti bibliografici da cui partire per approfondire l’argomento. La storia di contatti più strettamente linguistici è stata negli ultimi anni tracciata nei libri di Stanisław Widłak[2], di Maria Borejszo[3], nei contributi di Elżbieta Jamrozik[4] e Luca Palmarini[5]. Sul versante italiano negli ultimi anni la bibliografia si è arricchita di studi di Rita Mazzei[6] e di vari contributi di polonisti italiani e italianisti polacchi, capaci di reinterpretare e approfondire ‘l’italianismo’ in chiave comparatistica (Andrea Ceccherelli, Piotr Salwa, Mirosław Lenart, Maria Maślanka-Soro, Alina Nowicka-Jeżowa[7], Luigi Marinelli[8]). I legami culturali e, soprattutto, letterari sono stati tracciati nell’ormai classico libro di Tadeusz Ulewicz Iter Romano-Italicum Polonorum[9] che copre il medioevo e il rinascimento e il più recente volume di Jadwiga Miszalska[10] che, con una quantità impressionante di esempi racconta le traduzioni di letteratura italiana fatte in Polonia fino alla fine del XVIII secolo. Senza citare le varie sintesi storiche precedenti, quelle parziali e quelle generali che per alcuni aspetti rimangono ancora un punto di riferimento per lo studio dei contatti italo-polacchi (cito solo alcuni nomi di storici: Jan Ptaśnik[11], Henryk Barycz[12], Danuta Quirini-Popławska[13], Karolina Targosz[14]).
Conoscenza dell’italiano in Polonia dal XVI al XVIII secolo
Mi sembra doveroso ritornare su una questione di prim’ordine che riguarda la conoscenza dell’italiano da parte delle élites polacche. Sarà senz’altro vero, sebbene scontato, affermare che l’abbondante presenza dell'italianità diretta in Polonia inizia in maniera forte nel Cinquecento sia a livello artistico (teatro, musica, arti plastiche), che linguistico. Nei secoli successivi tale presenza, date difficili vicende storico-politiche del paese, si indebolisce, anche a causa della pressione del francese. Nei numerosi studi sull’argomento, per via delle difficoltà insite, raramente è stato affrontato direttamente il discorso da un punto di vista numerico. La mancanza di dati ampi e, nello stesso momento, oggettivi, nonché la corretta impostazione metodologica che non permette di identificare la quantità con la qualità della presenza culturale fa sì che ogni tentativo in tal senso risulti velleitario.
Su tale tematica si possono fare diverse considerazioni. Almeno in uno degli aspetti ciò è legato alla presenza numerica degli italiani in Polonia. Su questo argomento torna Tygielski[15] che sottolinea l’importanza numerica dell’immigrazione italiana e, nello stesso momento, la sua conseguenza, cioè la mancanza di personaggi che in maniera incontrovertibile si distinguevano nella vasta comunità italiana.
Non potendo fare indagini dirette su quanti in Polonia nei vari secoli conoscessero l’italiano, mi devo affidare ai testimoni indiretti, i libri. Si tratta di una stima, frutto di estrapolazione operata a partire dai libri di una sola biblioteca sebbene rappresentativa (Biblioteca Jagellonica), tuttavia, non avendo a disposizione di meglio mi permetto di presentarla partendo dal presupposto che nei cinque secoli che possiamo chiamare l’epoca della stampa (dal 1500 al 2000) la presenza dei libri in una lingua nelle biblioteche all’estero è un buon indice approssimativo dell’intensità dei contatti culturali.
Ecco cosa produce la ricerca dei libri stampati con la divisione linguistica fino al XVIII secolo[16]:
Presenza dei libri in varie lingue nella Biblioteca Jagellonica (XVI-XVIII)
Latino |
18628 |
Polacco |
4188 |
Francese |
2100 |
Tedesco |
1947 |
Italiano |
1720 |
Greco |
(antico) 353 |
Inglese |
108 |
Spagnolo |
57 |
Altri |
… |
Su un totale di 29358 libri considerati come stampe antiche dal XVI al XVIII secolo, i libri in italiano sono 1720, un numero cospicuo e in linea con le aspettative, del resto perfettamente attese in riferimento al secolo XVI (i libri in italiano sono addirittura al secondo posto, dopo il latino e prima del polacco, sebbene il numero totale dei libri sia molto minore). Senza analizzare la possibile imprecisione dei dati fino al XVIII secolo (sappiamo che non tutto il materiale è coperto e correttamente classificato come è normale in grandi raccolte) che del resto è bilanciata e annullata da numeri importanti (quasi 30 mila), ci basta qui scoprire che l’italiano arriva dopo il latino, il polacco, il francese e il tedesco ma prima, p.es. di greco, inglese, spagnolo.
Per concludere queste considerazioni si offre un dato non numerico che rafforza la supposizione che l’italiano, nonostante l’offensiva del francese, rappresentasse ancora nel XVIII secolo una realtà che, almeno tra le élites, era ancora significativa. Si tratta di un interessante giudizio sulla conoscenza dell’italiano che veniva dato in relazione alla traduzione del poema Osman in italiano ordinata al conte Smecchia dal re Stanislao Augusto[17] (manoscritto 6301): “Traduzione italiana, eseguita dal conte Smecchia, doveva suscitare un certo interesse negli ambienti letterari. Non sono note traduzioni polacche di quel periodo; l’italiano era talmente conosciuto che non c’era bisogno di tradurla in polacco” [18].
Simili conclusioni possono essere tratte dal fatto che fra le traduzioni dal turco del dragomanno, traduttore ufficiale della corte di Varsavia nel XVIII secolo, Antonio Crutta, fatte per la corte e gli alti funzionari e gli aristocratici polacchi, figurano diverse traduzioni in italiano (la maggioranza è in francese). D’altro canto non possiamo ignorare alcuni fatti che ridimensionano l’influenza del volgare italiano e della letteratura in volgare sulla cultura polacca[19]. Mentre nella raccolta dei manoscritti della Biblioteca Jagellonica gli scritti in francese prodotti dai polacchi sono numerosi, ciò non succede per l’italiano.
Conclusioni (parziali)
I contatti italo-polacchi fino al XVIII secolo sono stati oggetti di studi e ricerche che hanno evidenziato numerosi legami di tipo politico, artistico, sociale e anche linguistico. Hanno anche prodotto sintesi di storia dei contatti letterari e delle influenze italiane, soprattutto in epoca barocca. Ciononostante, il programma di ricerca rimane ancora incompiuto. Oltre a nuove sintesi, basate su materiali nuovi e metodi moderni, servono ancora esplorazioni di archivi e approfondimenti su alcuni personaggi-chiave nei rapporti tra le due realtà, quella della Penisola appenninica e il reame di Polonia. Limitandoci solo a quanto risulti evidente dagli studi di questo volume, dopo più di 50 anni dal volume di Karolina Targosz, è auspicabile un approfondimento sulla figura di Girolamo Pinocci. A ciò si aggiunge la necessità di esplorare meglio, alla ricerca di tracce italiane, gli archivi e le biblioteche degli ordini religiosi e delle istituzioni ecclesiastiche. Il confluire delle biblioteche degli agostiniani e dei camaldolesi nella Biblioteca Jagellonica e le osservazioni sue di esse contenute in questo volume vanno nella direzione auspicata, ma sono un punto di partenza e non un punto di arrivo. E rimangono ancora da esplorare o approfondire altri ordini, altre istituzioni o altre vie di penetrazione dell’italianità in Polonia.
[1] Wojciech Tygielski, Włosi w Polsce XVI-XVII wieku. Utracona szansa na modernizację, Warszawa, Biblioteka «Więzi», 2005; anche in versione inglese Italians in early modern Poland: the lost opportunity for modernization?, Frankfurt am Main, Peter Lang 2015.
[2] Stanisław Widłak, Italia e Polonia. Popoli e lingue in contatto, Kraków, Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellońskiego, 2006 e 2010.
[3] Maria Borejszo, Zapożyczenia włoskie we współczesnej polszczyźnie, Poznań, Wydawnictwo UAM, 2007
[4] vari contributi su argomenti specifici tra cui: Elżbieta Jamrozik, “Come si insegnava l’uso dell’articolo nelle prime grammatiche di lingua italiana per polacchi.” Linguistica e Glottodidattica. Studi in Onore Di Katerin Katerinov. Perugia: Guerra, 2008. 237–255; Elżbieta Jamrozik, „Come si insegnava la pronuncia dell’italiano nel Seicento? La fonetica nella Grammatica Polono-Italica di Adam Styla (1675)”. Discorsi di lingua e letteratura italiana per Teresa Poggi Salani. Pisa: Pacini Editore, 2008. 131–152; Elżbieta Jamrozik, „Zarys historii nauczania języka włoskiego w Polsce”. Języki Obce w Szkole3 (2014) : 23–30; Elżbieta Jamrozik (2017). Gli italianismi in polacco: storia e realtà attuale. In M. Heinz (a cura di), Osservatorio degli italianismi nel mondo. Punti di partenza e nuovi orizzonti (pp. 89–110). Firenze: Accademia della Crusca.
[5] Luca Palmarini, La lessicografia bilingue italiano-polacca e polacco-italiana dal 1856 al 1946, Bern, Switzerland, Peter Lang, 2018.
[6] Rita Mazzei, La trama nascosta: storie di mercanti e altro (secoli XVI-XVII), Viterbo, Sette città, 2006e-book
[7] Mi riferisco qui in particolare al volume a cura di Mirosława Hanusiewicz-Lavallee, W przestrzeni południa, Kultura Pierwszej Rzeczpospolitej wobec narodów romańskich: estetyka, prądy i style, konteksty kulturowe, Warszawa, Wydawnictwo Uniwersytetu Warszawskiego 2016 che contiene i saggi degli autori elencati (Andrea Ceccherelli, Obraz kultury polskiej we włoskim piśmiennictwie XIV–XVI wieku; Piotr Salwa, Włoska literatura w języku rodzimym [volgare] w dawnej Polsce; Mirosław Lenart, Związki teatru polskiego i włoskiego w dobie wczesnonowożytnej; Maria Maślanka-Soro, Nowołacińska literatura włoska w Rzeczypospolitej XV–XVIII wieku; Alina Nowicka-Jeżowa, Idee i poetyka. Inspiracje włoskie w literaturze staropolskiej), ma anche ai loro contributi presentati in altri volumi e riviste p.es. il volume Stefano Redaelli, Barbara Rojek, Piotr Salwa (a cura di), Włosi i italianizm w Europie środkowej i wschodniej XV-XVIII w. = Italiani e italianismo in Europa centrale e orientale (sec. XV-XVIII), Wydawnictwo Naukowe Semper, 2008.
[8] Si potrebbero citare diversi suoi studi di cui la maggioranza è dedicata a temi letterari italo-polacchi. Qui ricordo il suo libro pubblicato in polacco che è una sintesi particolarmente felice della metodologia di ricerca italiana e polacca: Luigi Marinelli, Polski Adon: o poetyce i retoryce przekładu, Izabelin: Świat Literacki, cop. 1997.
[9] Tadeusz Ulewicz, Iter Romano-Italicum Polonorum, Kraków, Universitas 1999.
[10] Jadwiga Miszalska, Z ziemi włoskiej do Polski. Przekłady z literatury włoskiej w Polsce do końca XVIII wieku, Kraków, Collegium Columbinum 2015.
[11] Jan Ptaśnik, Kultura włoska wieków średnich w Polsce, Instytut wydawniczy «Biblioteka Polska», 1922; Jan Ptaśnik, Gli Italiani a Cracovia dal XVI secolo al XVIII, Roma, Forzani e C. Tipografi del Senato, 1909
[12] Henryk Barycz, Z dziejów polskich wędrówek naukowych za granicę, Wrocław, Ossolineum, 1969; Henryk Barycz, Archiwum nacji polskiej w Uniwersytecie Padewskim, Wrocław, 1971; Henryk Barycz, Polacy na studiach w Rzymie w epoce Odrodzenia 1440-1600, Kraków 1938.
[13] Danuta Quirini-Popławska, Działalność Włochów w Polsce w I połowie XVI wieku na dworze królewskim, w dyplomacji i hierarchii kościelnej, Wrocław, Ossolineum, 1973
[14] Karolina Targosz, Hieronim Pinocci. Studium z dziejów kultury naukowej w Polsce w XVII wieku, Ossolineum, 1967.
[15] Wojciech Tygielski, Włosi w Polsce XVI-XVII wieku. Utracona szansa na modernizację, cit., p. 297. e seguenti
[16] Ricerca sul catalogo elettronico della biblioteca effettuata il 3/02/2018, utilizzando i filtri: “Stare druki XV w.” “Stare druki XVI w.” „Stare druki XVII w.” „Stare druki XVIII w.”. Non tutti gli stampati di quel periodo sono inseriti nel catalogo elettronico, quindi bisogna prendere e interpretare questi dati con grande cautela.
[17] Lo stesso Stanislao Augusto Poniatowski, sebbene non fosse mai stato in Italia, conosceva la lingua.
[18] “Przekład włoski, dokonany dla króla przez hr. Smecchię, musiał wzbudzić w sferach literackich zainteresowanie. Nie są znane z tego okresu żadne tłumaczenia polskie; język włoski był tak znany, że nie zachodziła potrzeba spolszczenia przekładu”. Wacław Parkott, Rękopisy i przekłady Osmana w Polsce, in: Ivan Gundulić, Osman, Warszawa 1934, p. 455.
[19] Questo argomento è affrontato con diversi esempi e considerazioni da Piotr Salwa, Włoska literatura w języku rodzimym (volgare) w dawnej Polsce, in W przestrzeni Południa, a cura di Alina Nowicka-Jeżowa, W przestrzeni Południa, a cura di Mirosława Hanusiewicz-Lavallee (Kultura Pierwszej Rzeczypospolitej w dialogu z Europą. Hermeneutyka wartości), vol. 2, Warszawa, Wydawnictwo Uniwersytetu Warszawskiego, 2016, pp. 53–78.